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Contagio come metafora

“Metafora” significa etimologicamente “trasferimento” e indica una “trasmissione” che produce alterazione. Si potrebbe addirittura sostenere che il contagio sia pura metafora: il contatto trasmette soltanto, senza causare o produrre ciò che trasmette. Perché vi sia contagio, quindi, bisogna “credere” che il contatto trasmetta qualcosa di intangibile e invisibile

In piena pandemia, Nottetempo ha opportunamente ripubblicato in un solo volume Malattia come metafora e L’Aids e le sue metafore di Susan Sontag. Sontag critica l’utilizzo di metafore – soprattutto quelle di matrice bellica – che spesso accompagna le malattie, finendo per spostare sul piano sociale l’ambito della malattia e la percezione di chi ne fa diretta esperienza. È del tutto evidente come ancora oggi la sua critica sia attuale.

E tuttavia, una cosa è la metaforizzazione della malattia, altra cosa è il ricorso alla metafora come elemento costitutivo dello stesso discorso scientifico. Se la malattia è tutt’altro che metaforica e – come denuncia Sontag – la metafora che l’accompagna rappresenta piuttosto uno stigma sociale, sarebbe invece da riscontrare una valenza metaforica nel “contagio”, per come esso rientra all’interno del discorso scientifico (medico e non solo).

Stando all’etimologia del termine “contagio”, il suo uso metaforico sembra quanto mai derivato. Contagio, infatti, deriva dal latino cum-tangere, che indica un “toccare reciproco”, “toccarsi l’un l’altro”: un “con-tatto”.

Il contagio passa dunque attraverso la concretezza del contatto; eppure, se gli effetti del contagio possono essere assolutamente concreti (la malattia), e pertanto possono portare al divieto del contatto, la causa del contagio – l’“agente patogeno” – ha ben poco di tangibile: è anzi intangibile, ai limiti dell’inconsistenza. Ciò vale senz’altro per l’epidemia di Covid-19, ma altrettanto vale per altri contesti dove si utilizza il lessico epidemiologico, come è il caso del contagio nelle crisi finanziarie.

Approfondiamo ulteriormente la dimensione metaforica del contagio. “Metafora” significa etimologicamente “trasferimento” e indica per l’esattezza una “trasmissione” che produce alterazione. Si potrebbe addirittura sostenere che il contagio sia pura metafora: il contatto trasmette soltanto, senza causare o produrre ciò che trasmette. Perché vi sia contagio, quindi, bisogna “credere” che il contatto trasmetta qualcosa di intangibile e invisibile, che nel trasmettersi altera la condizione naturale di chi risulta contagiato.

È pertanto l’alterazione che ne consegue a manifestare come contagioso il contatto, ma è solo credendo nel contagio che si evita il contatto.

A proposito di contagio, in questi tempi di pandemia è stato spesso e da più parti evocato il “Noli me tangere”, pronunciato da Gesù a Maria Maddalena quando lei lo riconobbe dopo la resurrezione (Giovanni 20, 17). Trovo particolarmente efficace la rappresentazione realistica che ne ha fornito Tiziano (Noli me tangere). “Noli me tangere” può significare tanto “non mi toccare”, quanto “non mi trattenere”, a seconda delle interpretazioni. Comunque sia, Gesù si ritrae al contatto avanzato da Maria Maddalena. Il “toccare” si presenta pertanto come contrario all’atto di fede: bisogna credere e aver fiducia, senza toccare.

A riprova di ciò, un altro episodio tratto ancora dal Vangelo di Giovanni: anche Tommaso vuole toccare Gesù e le sue piaghe per credere nella sua resurrezione. Tommaso chiede la “prova” per credere, precorrendo l’approccio della scienza sperimentale. Gesù gli risponde: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno!» (Giovanni 20, 29). A differenza della rappresentazione barocca di Caravaggio (Incredulità di san Tommaso), Tommaso si limita a vedere per credere – ed è così che anche il vedere viene precluso all’atto di fede. La fede diventa pertanto la trasmissione al contempo di una intangibilità e di una invisibilità.

Passo ora all’utilizzo del termine contagio nell’ambito delle crisi economiche. Nell’Ottocento il lessico economico è permeato da metafore mediche. Innanzitutto, il termine “crisi” che, è utile ricordarlo, all’epoca è ancora un termine dal significato principalmente medico. Non c’è allora da sorprendersi se, nel Manifesto comunista, Marx ed Engels paragonino le crisi commerciali a un’epidemia.

Leggiamo il brano del Manifesto: «Nelle crisi divampa un’epidemia sociale che a ogni epoca precedente sarebbe apparsa come un controsenso (Widersinn) – l’epidemia della sovrapproduzione.

La società si trova d’improvviso ricondotta a uno stato di momentanea barbarie; una carestia, una generale guerra di sterminio sembrano averle tagliato tutti i mezzi di sussistenza» (Marx ed Engels, Manifesto comunista, a cura di C17, Ponte alle Grazie, Milano 2018, pp. 20-21).

È come se Marx ed Engels dicessero: c’è da non crederci, è assurdo, è un “controsenso” (Widersinn); è qualcosa che sfugge alla comprensione che le crisi economiche si propaghino e si trasmettano nella società come epidemie. La società è precipitata nella devastazione e nella catastrofe senza che si sia stati in grado di percepirne – toccare e vedere – il motivo. La società è alterata da un contagio che trasmette qualcosa di inverosimile e insensato fino ad allora.

Con Marx ed Engels siamo nel 1848, prima che Robert Koch, sulla scorta della scoperta di Pasteur nel 1857, comprendesse che le epidemie sono causate da microrganismi. Ed è sempre prima di tale scoperta che in economia si afferma la metafora del contagio.

Nel discorso economico del tempo, due sono le tipologie di contagio – non in contraddizione tra loro – che è possibile riscontrare. Nella prima, il contagio è causato da un “agente patogeno”: lo speculatore, che rompe i rapporti di fiducia (il “credito”) che regolano il mercato e pertanto ne altera la dinamica, mirando a guadagni maggiori di quelli “naturalmente” assecondati dal mercato, finendo per coinvolgere a catena altri nel proprio “destino” di fallimento.

Lo speculatore agisce come colui che “tocca”, che presume di conoscere e padroneggiare il disegno del mercato, tradendo così il presupposto della fiducia: «Nella dipendenza reciproca create da credito e dalla fiducia, ciascun commerciante coinvolge gli altri nel proprio destino; il contagio della bancarotta si diffonde, e nel trambusto generale anche le più grandi imprese commerciali possono essere rovesciate» (D. Buchanan, 1814).

La seconda tipologia di contagio lo concepisce invece come qualcosa di pestilente che avvelena un determinato ambiente, qualcosa che è “nell’aria”, “invisibile”: «Come l’invisibile pestilenza avvelena l’aria vitale, le banche di risparmio avvelenano l’atmosfera del commercio legittimo» (W.B. Greene, 1850).

In entrambi i casi – che ci sia un agente patogeno identificabile (lo speculatore) o che ci siano una serie di concause (politiche, istituzionali, sociali) che intervengono a inquinare l’ambiente del mercato, a corromperne il laissez-faire – il contagio ha a che fare con il tradimento della fiducia, del credito; ha a che fare con la volontà di intervenire, ovvero “vedere” e “toccare con mano” ciò che deve restare “invisibile”, “intatto” e “inalterato”. Perché la fiducia nella “mano invisibile” di Adam Smith si dimostri ben riposta, essa deve rimanere tale: “invisibile”.

Per concludere, in generale, il contagio è quel contatto che tradisce la fede, il credito, la fiducia in qualcosa di invisibile e intangibile – sia che tale fiducia riguardi l’esistenza del virus sia che riguardi la dinamica del mercato. Per rimanere alla Covid-19, al di là dei complottisti e delle frange fanatiche dei negazionisti, credo che diverse posizioni negazionistiche siano riconducibili paradossalmente all’approccio scientifico – valido per certi aspetti fino alla modernità – del “toccare e vedere” per credere, negando così proprio alla scienza la loro fiducia.

Non si tratta ora di stabilire se la scienza o il mercato siano le religioni del nostro tempo – si potrebbe però quantomeno ammettere che la religione non ha più la prerogativa esclusiva sull’invisibile e sull’intangibile.

Si tratta piuttosto di riconoscere il valore della fiducia e della credenza all’interno della costruzione del discorso scientifico ed economico, avendo inoltre ben presente come la politica stessa vi sia coinvolta.

Sostenere che la trasmissione del contagio è metaforica non significa affatto sminuirne le implicazioni; al contrario, significa comprendere un’epidemia in tutta la sua complessità, considerando la metaforicità del contagio insieme all’infezione che ne è la causa, alla malattia che ne è l’effetto e alla crisi che ne rappresenta la reazione immunitaria.

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