ROMA

A Colle Fiorito, come in altri Piani di Zona, la truffa la pagano i truffati

Oltre a subire il danno causato dalla truffa dei Piani di Zona i cittadini si trovano anche a doverne rispondere come se fossero loro ad averlo provocato. Una situazione che rischia di fargli perdere la casa che hanno pagato quasi interamente, perché i giudici fallimentari si rifiutano di applicare la norma inserita nella Legge di Bilancio, che avrebbe dovuto metterli al sicuro

A Roma sono stati realizzati tra il 1969 e il 1989, oltre 100 quartieri di edilizia agevolata nei Piani di Zona istituiti con la legge n.167 del 1962. Per costruire gli alloggi sono stati assegnati terreni ed erogati finanziamenti pubblici dalla Regione Lazio e dal Comune alle cooperative, che si impegnavano firmando una convenzione a cederli a un prezzo che non doveva superare i limiti di legge e a realizzare tutti i servizi necessari a rendere abitabili le case. Il fine della legge era la realizzazione di alloggi destinati a quella fascia di popolazione che non poteva accedere ai prezzi del libero mercato, ma priva dei requisiti per avere il diritto all’edilizia popolare.

Le cose non sono andate così. Gli obblighi di legge spesso non sono stati rispettati. In molti casi gli acquirenti hanno pagato prezzi fino al 30% superiori a quelli dovuti perché le cooperative non hanno mai fornito la documentazione obbligatoria con cui si sarebbero dovuto fare i calcoli finali. Le opere di urbanizzazione, quando realizzate, sono in genere molto inferiori a quanto stabilito e fatto credere agli acquirenti. In certi Piani di Zona non sono stati finiti neanche i servizi indispensabili, come l’illuminazione stradale. I criteri per l’assegnazione degli alloggi agli aventi diritto sono stati ignorati.

La truffa dei Piani di Zona è venuta alla luce alcuni anni fa grazie all’azione di ASIA Usb. Sono iniziati molti processi contro i responsabili delle cooperative e dei costruttori.

Sono venute alla luce anche le responsabilità di alcuni tecnici dell’amministrazione comunale, ma nonostante tutto questo non sono stati messi al sicuro i truffati, che rischiano di perdere i soldi che hanno versato e la casa che abitano. I Tribunali fallimentari infatti, incuranti del fatto che gli alloggi siano stati costruiti con finanziamenti pubblici, per coprire i debiti delle società fallite e proteggere le banche creditrici continuano a procedere con le aste degli immobili pignorati.

Riportiamo un caso che si è verificato nel Piano di Zona B48 Colle Fiorito approvato dal Consiglio Comunale nel 2003. Ci racconta dettagliatamente quanto è successo tante e tante altre volte. Colle Fiorito è situato fra via della Storta e via Boccea in Via Federico Filippini all’esterno del raccordo anulare, diviso in due blocchi insediativi su un’area con notevole pendio. Il progetto prevedeva l’insediamento di 1.300 abitanti e la costruzione di più di 100mila metri cubi.

Foto da WikiCommons

È qui che un cittadino decide di andare ad abitare. Nel 2009 attraverso un’agenzia immobiliare, alla quale paga una commissione, viene messo in contatto con la Società Cooperativa edilizia “Una Casa Insieme”. Non è il solo ad aver avuto la possibilità di accedere alla cooperativa attraverso quell’agenzia immobiliare, nonostante la convenzione stipulata dalla cooperativa con l’amministrazione facesse esplicito divieto di ricorrere a questa pratica. Avendo i requisiti necessari per accedere all’edilizia agevolata entra a far parte dei soci della cooperativa e firma un preliminare di locazione con patto di futura vendita al prezzo di €147.197,80.

Inizia la costruzione e con l’avanzamento dei lavori vengono richieste e puntualmente pagate dal socio della cooperativa somme di danaro, fino a raggiungere più di 112mila euro. Per la restante somma di 35mila euro viene richiesto dalla cooperativa di assumere l’impegno di un mutuo. Fin qui sembra tutto regolare, ma pochi mesi dopo l’ignaro cittadino, come altri 19 assegnatari, accetta di firmare una fidejussione personale a Monte dei Paschi come garanzia al mutuo originario di 2.100.000 euro stipulato dalla cooperativa “Una Casa Insieme” con la banca.

Nel 2011 vengono consegnate le chiavi dell’appartamento ultimato e arrivano regolarmente le rate del mutuo da pagare.

Quattro anni dopo la cooperativa sull’orlo del fallimento trasferisce al Consorzio Praeneste2 l’operazione immobiliare e tutti i suoi soci. Il Consorzio viene ad assumere così tutti gli obblighi e i vincoli fin qui a carico della cooperativa, con l’autorizzazione della Regione Lazio che voltura il finanziamento al consorzio stesso. Quando però il commissario incaricato della liquidazione della cooperativa fallita si accorge che della palazzina non c’è più traccia chiede la revoca degli atti che ne hanno trasferito la proprietà al Consorzio. Inizia così per 20 nuclei familiari l’incubo reale di perdere la casa e tutti i soldi fin qui spesi.

I soci percepito il pericolo chiedono al commissario liquidatore che siano assegnati gli alloggi a chi li ha pagati e li abita o almeno che i soci siano riconosciuti come creditori da risarcire per il danno subito. C’è però Monte dei Paschi che reclama il rientro del denaro erogato attraverso il mutuo e per questo incarica una società di recupero crediti, che ottiene dal giudice il pignoramento dell’intera palazzina.

Lo scandalo dei Piani di Zona non riguarda solo Colle Fiorito e costituisce un problema da affrontare, tanto che nella Legge di Bilancio approvata a dicembre 2020 viene approvato l’emendamento proposto da Stefano Fassina che tutela gli inquilini dei Piani di Zona vittime della truffa di cooperative o ditte costruttrici, lasciati nelle mani dei Tribunali fallimentari, dei pignoramenti, delle vendite all’asta, nonostante abbiano pagato gli alloggi. La legge prevede che vengano dichiarate nulle tutte le «procedure esecutive aventi a oggetto immobili realizzati in regime di edilizia residenziale pubblica convenzionata e agevolata che sono stati finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche», anche nel caso l’esecuzione sia già iniziata.

In molti casi questo non avviene e il giudice va avanti con il procedimento esecutivo.

È quello che sta succedendo al nostro abitante di Colle Fiorito. Nonostante la Regione abbia avviato la procedura di revoca del finanziamento nell’agosto dello scorso anno alla cooperativa e al consorzio e il Comune si sia dichiarato pronto alla revoca della concessione del suolo pubblico per tutelare l’immobile e gli assegnatari, il giudice ha disposto che «il custode richieda a eventuali conduttori degli immobili pignorati i canoni di locazione e intimi lo sfratto per quelli morosi».

«Ma non ci è mai stato fatto un contratto di locazione – racconta Denis – nel mio caso ho pagato la somma di 121.135 euro a fronte del costo dell’appartamento di 147.197 euro. Dopo la liquidazione della Cooperativa la banca non ci ha più inviato i bollettini da pagare, nonostante la nostra dichiarata volontà di continuare a pagare» e continua: «nel frattempo ho perso il lavoro e mi si chiede di pagare un affitto, quando in verità avrei finito quasi di pagare la casa, ma con il rischio concreto che venga sfrattato in quanto il giudice richiede il pagamento dei canoni di locazione che presuppongono dei contratti di locazione mai avuti». Resta così in attesa che nella prossima udienza, fissata per ottobre, il giudice metta all’asta gli appartamenti.

Foto da WikiCommons

Eppure la norma inserita nella legge di Bilancio prevede che il creditore comunichi la procedura esecutiva al comune di competenza e alla Regione che ha erogato i finanziamenti, per permettere loro di intervenire e tutelare la finalità sociale degli immobili. Di fronte a esecuzioni già avviate, il giudice deve sospendere il procedimento esecutivo. Non lo fa in molti casi ed è per questo che Stefano Fassina ha presentato un’interpellanza parlamentare ai ministeri della Giustizia e delle Infrastrutture al quale ha risposto il sottosegretario alla giustizia Francesco Paolo Sisto.

La sua risposta è stata del tutto insoddisfacente.

Quando a chiedere il pignoramento è una banca, il giudice deve verificare il contratto del mutuo stipulato e che l’istituto di credito sia inserito nell’elenco delle banche convenzionate presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: senza queste condizioni non è possibile procedere. Sono stati considerati validi i cavilli burocratici sulla modalità con cui si è comunicata la procedura esecutiva alle amministrazioni interessate e sul convenzionamento delle banche, ma cosa ancora più grave il sottosegretario ha affermato che la norma faceva riferimento a «mutui stipulati successivamente all’entrata in vigore della legge di bilancio 2021», lasciando di fatto fuori dalla norma tutte le procedure in atto.

Non si fermano dunque gli sgomberi e la vendita all’asta di alloggi che sono stati in larga parte già pagati da chi li abita, riconoscendo come prioritari i crediti delle banche e tutelando chi si è appropriato dei finanziamenti pubblici per speculare. Il sindacato ASIA Usb, che da anni segue queste vertenze denuncia «questo grave comportamento che mira a coprire la gestione speculativa e privatistica di un patrimonio nato per affrontare il disagio abitativo delle famiglie con redditi medio bassi, lasciato colpevolmente in mano a finte cooperative e ditte costruttrici che hanno truffato decine di migliaia di inquilini».

Foto di Carlo Armanni da Flickr

Angelo Fascetti di Asia Usb ci racconta che non tutti i Tribunali si comportano così «il Tribunale di Catanzaro ha emanato una circolare il 14 marzo di quest’anno su come procedere per le procedure pendenti e ha stabilito che il Curatore, il Commissario Giudiziale e il gestore della crisi provvedano con urgenza e il via prioritaria a verificare se la procedura abbia a oggetto immobili realizzati in regime di edilizia convenzionata o agevolata finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche e in quel caso si provveda all’immediata sospensione dell’attività di liquidazione e a richiedere al Giudice la sospensione della procedura. La stessa cosa ha stabilito il Tribunale di Terni il 24 aprile. A Roma si continua invece a far finta di niente».

Adesso per Denis e per chi vive la sua condizione è una lotta contro il tempo: «Ottobre è dietro l’angolo», ci dice e «la banca richiede una somma pari al mutuo rimanente che i soci non hanno più avuto modo di poter pagare, anche avendone l’intenzione. Instaurando una procedura di pignoramento la somma dovuta sta lievitando!».

Foto di copertina da WikiCommons