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Capitale in azione: spazio, tempo, politiche

In “Operazioni del capitale” (manifestolibri 2021) Sandro Mezzadra e Brett Neilson indagano le forme politiche che si sviluppano a partire dalla riorganizzazione del capitale lungo le linee della logistica, dell’estrattivismo e della finanza. Martedì 20 aprile h. 19 presentazione online: con Sandro Mezzadra, ne discuteranno Michael Hardt, Alberto Toscano e Tania Rispoli

Il “nuovo “non è un miracolo, ammoniva Ernst Bloch. Ciò vale per la prassi rivoluzionaria, che è tale se non si esaurisce nella sola lotta pratica; anche «la banalità» – continua l’autore del Principio speranza – è controrivoluzione, essa «non versa sangue, però rovina il marxismo». L’evento singolare che rompe la linea delle cause, nel conflitto sociale come nel pensiero, non viene dal nulla e pretende verifica futura. Nuovo, nel senso di Bloch solo tratteggiato, è il secondo e imponente libro di Sandro Mezzadra e Brett Neilson, Operazioni del capitale. Capitalismo contemporaneo tra sfruttamento ed estrazione; finalmente edito in Italia da manifestolibri, nella bella traduzione di Tania Rispoli. Con i piedi ben piantati nel marxismo operaista, il volume propone concetti inediti, frutto di un’esperienza di confine tra accademia e militanza, distesa nello spazio globale.

Ed è in primo luogo lo spazio, a fare la differenza. A vent’anni dalla pubblicazione di Impero di Michael Hardt e Toni Negri, Mezzadra e Neilson ricostruiscono la genesi globale del modo di produzione capitalistico. L’accumulazione originaria, che già in Marx non escludeva colonialismo e tratta degli schiavi, acquisisce un carattere policentrico: con lo sguardo rivolto alle factories coloniali e alle compagnie commerciali, in particolare a quella inglese delle Indie Orientali, non solo il capitale ma anche lo Stato moderno risultano esito di un processo composito, che si riferisce a un territorio – geografico, politico e sociale – tutt’altro che omogeneo e ben perimetrato. L’insistenza marxiana sul «mercato mondiale», decisiva nei Grundrisse, viene rinnovata dagli autori attraverso un uso sapiente della critica post-coloniale. Se ibrido e plurale è lo spazio in cui si radicano capitale e sovranità, altrettanto molteplice è il tempo storico, con la compresenza e la mescolanza variabile di modernità e arcaico: è così che l’accumulazione originaria smette di essere un semplice «peccato originale», esplodendo secondo ritmi sincopati. A essere provincializzata è la «vecchia Europa», ma lo sono anche la grande industria e il lavoro salariato.

Spostando lo sguardo all’epoca nostra, segnata dalla globalizzazione neoliberale e dalla sua crisi, già nel loro precedente volume (Confini e frontiere, 2014) Mezzadra e Neilson si sono serviti del concetto di «moltiplicazione del lavoro», per dar conto della radicale eterogeneità dei modi dello sfruttamento. Nozione perspicua e, politicamente, tutt’altro che inoffensiva: come aprire l’operaismo al pluralismo irriducibile del lavoro vivo contemporaneo? Come pensare il lavoro, senza soffermarsi sulle linee del colore e del genere che lo attraversano?

Nell’ultima fatica, però, i due osano ancora, introducendo il concetto che dà il titolo al libro: con le operazioni del capitale, Mezzadra e Neilson innovano il marxismo indicando il rapporto inedito tra «capitale aggregato» (Gesamtkapital) e capitalisti, il primo e la politica, più in generale tra l’astrazione dei processi di valorizzazione e la materialità polemica degli stessi. Senz’altro il concetto fa propria la commistione tra «assiomatica» ed eterogeneità alla quale si riferiscono Deleuze e Guattari, già dagli anni Settanta, per descrivere la globalizzazione neoliberale allo stato nascente. Ma la tendenza intravista, ora, conquista carne e sangue. La descrizione dell’estrazione, della logistica e della finanza, esibisce l’articolazione dinamica – dal punto di vista spaziale quanto temporale – delle operazioni del capitale. Delle operazioni, poi, nel loro andamento irregolare e sempre aperto alla contingenza, si tratta di cogliere la «storia passata», non soltanto gli effetti. Così facendo, si conquista «un fermo immagine che mette in rilievo la combinazione tra attività sociali, codici tecnici e dispositivi che rendono possibile un’operazione» (p. 97). Nello stesso tempo, ogni operazione e la connessione tra operazioni multiple vengono afferrate come esiti parziali e cangianti di attriti e conflitti, essendo le condizioni di riproduzione del capitale, in primo luogo i soggetti produttivi, irriducibili al capitale stesso – e qui è appassionato il confronto con Luxemburg. Se è indubbia la forza, anche distruttiva, con la quale il capitale «tocca terra», la terra in questione non è liscia, impone piuttosto l’assemblaggio di forme economiche, politiche, giuridiche, nient’affatto omogenee.

Attraverso le operazioni del capitale, è con grande originalità che Mezzadra e Neilson affrontano altri concatenamenti inediti, nonché i rompicapi ultimi del marxismo operaista: quelli tra «violenza extraeconomica» e sfruttamento della forza-lavoro, tra produzione e riproduzione – con ampia attenzione al dibattito femminista e al Black Marxism –, tra «sussunzione formale» e «sussunzione reale». Nel farlo, censiscono le lotte, attuali e in potenza, che più si misurano con la metamorfosi del Gesamtkapital. Un censimento utile a chiarire la molteplicità delle forme del conflitto, ancora di più a delineare l’esigenza di un «dualismo di potere» che duri nel tempo, capace di inventare il nuovo.