ITALIA
Decreti sicurezza, un colpo al cerchio e uno alla botte
È da tempo in atto un processo di erosione dei nostri diritti costituzionali, per cui le ondate emotive successive a episodi di cronaca come quello terribile assassinio di Willy Monteiro Duarte vengono sfruttate per limitare passo dopo passo la nostra libertà
Il decreto legge reso pubblico ieri sui giornali ha attirato l’attenzione di tutti e tutte noi. Percepito e rilanciato dai mass media come segnale di svolta e cambiamento rispetto alla precedente alleanza giallo verde, contiene al suo interno un paio di articoli che rispecchiano però l’anima più giustizialista e controllante dell’attuale governo.
È necessario un piccolo preambolo.
Come sappiamo, a seguito della commissione di un reato, il nostro ordinamento prevede la possibilità di applicazione di specifiche misure cautelari. Alcune delle quali coercitive e altre interdittive. Fra quelle coercitive è previsto il divieto di espatrio, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, il divieto o l’obbligo di dimora, gli arresti domiciliari e la custodia cautelare.
Per l’applicazione di tali misure il codice di procedura penale prevede stringenti requisiti e la sussistenza di specifiche esigenze di natura cautelari. La necessità di ciò deriva dall’incidenza che dette misure possono avere sulla vita di ciascuno di noi, sulla limitazione della libertà che comportano e, soprattutto, dal fatto che esse sono adottate in assenza di un provvedimento definitivo, che sancisca la colpevolezza del destinatario delle misure stesse.
Abbiamo visto però come, negli anni, sempre più spesso si sia adottato lo stratagemma “amministrativo” delle misure di prevenzione per aggirare le garanzie date dal sistema penale. Già dalla prima introduzione nel nostro ordinamento dei c.d. Daspo in ambito sportivo, molte polemiche sono state sollevate in relazione al fatto che venisse demandato all’autorità amministrativa un potere di limitazione della libertà personale che non le spetterebbe.
Purtroppo però, la normativa che si è andata susseguendo nel corso degli anni sta lentamente minando uno dei capisaldi della nostro sistema, la presunzione di non colpevolezza, andando a incidere in diversi campi di applicazione. Si pensi, fra le altre, alla normativa che prevede il mancato rinnovo del permesso di soggiorno se si è condannati anche solo in primo grado per una serie di reati.
O il divieto di recarsi alle manifestazioni sportive per soggetti che «sulla base di elementi di fatto, risulta (ssero, ndr) aver tenuto, anche all’estero, una condotta, singola o di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione». Elementi di fatto, neanche imputati.
Bene, effettivamente in ambito amministrativo non si parla mai di imputati o colpevoli, si parla di soggetti interessati. E infatti, l’articolo 9 del nuovo decreto legge parla di «persone».
Persone alle quali potrebbe essere interdetto l’accesso «all’interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, ovvero in uno dei pubblici esercizi di cui all’articolo 5 della legge 13 25 agosto 1991, n. 287», nonché «pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento» solo perché denunciate.
Quindi non condannate in via definitiva, non in appello, non in primo grado. No, denunciate.
Prescindendo quindi da qualsiasi analisi della vicenda. Questo processo di erosione dei nostri diritti costituzionali procede ormai da tempo e chi si occupa di scrivere le leggi è ben attento a sfruttare l’onda emotiva del momento per limitare passo dopo passo la nostra libertà.
Oggi è stato sulla scia del terribile assassinio di Willy Monteiro Duarte. Domani potrebbe essere qualsiasi cosa. Ben attenti a giustificare l’ennesimo atto repressivo sulla scorta della necessità, dell’emergenza e, soprattutto, del bene supremo: la sicurezza.
Immagine di copertine di FHH da Pixabay