ITALIA
“Anticorpi Bolognesi”. Mutualismo dal basso durante la pandemia
“Anticorpi bolognesi” è un reportage realizzato dal fotografo Giulio Di Meo in cui si intrecciano i racconti di diverse esperienze nate durante il lockdown come risposta all’emergenza Covid-19. In questo capitolo, l’attività delle “Staffette alimentari partigiane”.
Più passavano i giorni di quarantena, più iniziavano ad aumentare le azioni di solidarietà. Ma ci sono persone diverse dagli anziani Giuseppe e Sofia, persone che non possono ricevere la spesa a domicilio, per un motivo tanto semplice quanto brutale: una casa non ce l’hanno. Sono gli oltre duemila senza tetto che vivono sotto i portici di Bologna, che non possono rispettare la regola del #restiamoacasa e che, durante i mesi del lockdown, hanno avuto più bisogno del solito, non solo per poter mangiare ma anche per proteggersi, tutelando la propria salute contro la Covid-19. Bologna, però, anche in questo caso ha fatto comunità. Questa volta ci hanno pensato i collettivi YaBasta, Làbas e TPO, avviando la campagna Staffette alimentari Partigiane.
Dai primi giorni di aprile, ogni sabato per due mesi, gli attivisti si impegnano a consegnare un sacchetto con prodotti alimentari e sanitari ai senza fissa dimora di Bologna. Ogni sacchetto vale circa 15 euro e non contiene solo cibo e prodotti sanitari, ma anche un libro, un bene più che essenziale per combattere la solitudine.
Per garantire il servizio i collettivi hanno lanciato una campagna di crowdfunding che in un solo mese ha raccolto oltre 21.000 euro. Questo perché le Staffette, partite con un solo obiettivo, hanno dato via ad altri progetti e ora danno supporto anche ad altre persone in difficoltà. In poco tempo le biciclette dei volontari sono arrivate a sfrecciare almeno tre volte alla settimana lungo le strade della città, e consegnano la spesa anche ai detenuti del carcere Dozza, che ora sono agli arresti domiciliari per una maggiore sicurezza e tutela della loro salute, ma che, vista la loro condizione detentiva, sono impossibilitati a uscire.
Il terzo episodio delle Staffette partigiane alimentari è “Il mio rifugio è un libro” e si rivolge ai bambini e alle bambine più in difficoltà, gli stessi che normalmente sono seguiti dai doposcuola di comunità organizzati da Tpo e Labas. «Ci sono case dove si sta in tanti e i libri sono pochi, case di recente arrivo o dove i libri arrivavano con la scuola e le biblioteche. Case che ora sono senza libri – spiegano i volontari – chiediamo che queste bambine e bambini possano avere con se’ un libro perché con un libro si può viaggiare, si parte per destinazioni sconosciute e ci si tiene Compagnia».
I libri che vengono distribuiti sono acquistati dal catalogo di una delle case editrici indipendenti che hanno aderito all’iniziativa (Camelozampa, Edizioni Libre, Momo edizioni, Orecchio Acerbo Editore, Pulce Edizioni, Sinnos Editrice e Uovonero) e che, per contribuire all’operazione, hanno scontato del 50 per cento i volumi. Dentro ai loro speciali sacchetti i bimbi trovano anche materiale per scrivere e disegnare.
Il progetto “Anticorpi bolognesi” non si limita alla narrazione di ciò che si è dato in questi mesi all’interno del territorio bolognese. Le attività solidali e di mutuo soccorso continuano e hanno bisogno di essere alimentate.
Proprio per questo, è stato attivato un crowdfunding sulla piattaforma produzionidalbasso.com, con l’obiettivo di sostenere sia le attività progettuali di Witness Journal, sia le campagne delle “Staffette alimentari partigiane” e di “Don’t Panic”.
Inoltre, il 25% dei finanziamenti raccolti attraverso il crowdfunding sarà utilizzato per realizzare il libro degli “Anticorpi bolognesi”, la cui vendita andrà a finanziare ulteriormente queste due campagne.
(foto di Giulio Di Meo, testo di Sara Forni)