DIRITTI
Assistenti all’autonomia e bambini disabili, i dimenticati del Cura Italia
Le ultime disposizioni del governo per contrastare l’emergenza coronavirus si dimenticano in ambito scolastico dei diritti degli studenti con disabilità e degli assistenti educativi culturali. La didattica a distanza dovrebbe essere accessibile a tutti e rischia invece di essere un ostacolo per molti.
Finalmente la montagna ha partorito il famoso topolino. Con magniloquente umiltà è stato chiamato Decreto “Cura Italia”. E già così, forse, ci sarebbe di che avere paura. In breve, il decreto conferma la situazione delle scuole, che rimangono chiuse dal 5 marzo, e poi fa propri tutti i proclami sulle meraviglie e le potenzialità della didattica a distanza.
Però qualcuno, a un certo punto, si ricorda di un piccolo esercito di lavoratori fantasma: i 54.000 assistenti all’autonomia e comunicazione dei 270.000 bambini con disabilità che frequentano le scuole di tutta Italia. E se ne ricorda, la ministra Azzolina, “stabilendo” che l’emergenza sanitaria non riguarda né i lavoratori AEC né i bambini di cui si occupano, perché devono andare direttamente a casa loro. Ignorando che sono figure dell’inclusione, che si occupano di autonomia, comunicazione e socializzazione nel contesto classe e che solo in questo contesto il loro intervento ha un senso compiuto. A ruota la segue l’assessore alla Persona, Scuola e Comunità Solidale del Comune di Roma, Veronica Mammì.
Pur tuttavia, i lavoratori le spiegano le loro ragioni il 9 marzo e lei ci ripensa. Problema risolto? Affatto. Dopo due settimane di attesa esce il tanto sospirato “Cura Italia”, in cui di bambini con disabilità a scuola non si fa nessuna menzione. Non si fa ad esempio menzione del fatto che molte zone d’Italia non sono servite da una connessione Internet adeguata e sufficiente per la didattica a distanza, che secondo la Ministra Azzolina “non è il migliore dei mondi possibili” ma a volte, non è proprio nulla; perché a volte magari non c’è neanche un pc o le capacità tecnologica di usare le piattaforme di video conferenza.
E soprattutto, c’è una legge dello Stato (L.4/04 e D.Lgs. 106/18) che stabilisce che le tecnologie multimediali debbano essere accessibili a persone con disabilità. Possibile sia così difficile capire che un bambino ipoudente non possa usarle? E, allo stesso modo, possa essere troppo complesso per un bambino con autismo interfacciarsi con un video? Allo stesso modo, nel Decreto in esame, non appare mai la menzione agli assistenti all’autonomia.
Si mischiano le cose, operatori dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali tutti insieme, citazioni da leggi (d.Lgs. 65/17, che riguarda i soli operatori della scuola dell’infanzia) che confondono le acque anziché schiarirle. Le scuole si attrezzano per fare quello che possono e devono e questi lavoratori sono esclusi, mai nominati nel Decreto, ignorati dal contesto in cui normalmente lavorano, confusi dalle Cooperative che rispondono ormai quasi a caso.
Per l’ennesima volta, invisibili.
Nell’art. 48 comma due si dice che si autorizzeranno gli Enti Locali a sbloccare i finanziamenti già stanziati per pagare gli operatori. Si, ma quali? E poco sotto, si aggiunge che il pagamento avverrà “…subordinatamente alla verifica dello svolgimento dei servizi”. Quale verifica hanno pensato gli estensori del Decreto? Al momento non è dato saperlo.
E l’esercito di operatori e bambini, ancora, aspetta.