Cambiare si può (?)
Riflessioni attorno alla lista arancione.
“Quando scegli, comunque sbagli”. Cercando una battuta amara, un mio amico di sempre ha trovato la chiave del significato profondo della parola “scelta”. L’ha resa inservibile per chi si gioca il futuro in scommesse, quiz televisivi. “Azzardo” può bastare. L’ha strappata a chi con pigrizia prende sempre la strada piú indolore o sale sul carro del vincitore. Il riferimento implicito ai sostenitori del bipolarismo e bipartitismo è voluto. Scegli solo se paghi un prezzo, se sparigli, se provi a selezionare opzioni, non solo a inserirti in caselle designate da altri. Magari smuovi solo in parte, avrai rimorsi, ma mai rimpianti. Incontrerai gli errori. È la scelta, bellezza.
Lo sa chi ha partecipato al percorso di #cambiaresipuò. È stata una scelta: innestare un percorso politico nuovo lasciando subito alle spalle i mali del berlusconismo e del sistema della rappresentanza in crisi: primazia delle burocrazie di partito sui movimenti, personalismo sul collettivo, partecipazione ai tavoli tra pochi. Agire sul metodo prima ancora che sul merito.
Ed è successo qualcosa di importante. Ha infranto lo spazio del possibile l’idea di un’alternativa al centro-sinistra. Il moto vendoliano o sotto la gonna del Pd o nel residuo è stato infranto. Ed è avvenuto perché migliaia di persone si sono messe a discutere su come fare. Il metodo appunto. De Magistris, Ingroia e le persone comuni parlano 10 minuti. Mai successo.
Come Bertinotti (che lo ha provato sulla sua pelle), sono convinto che il metodo, al tempo di internet e della vittoria del grande movimento orizzontale dell’acqua, non sia un orpello del merito, ma la sua condizione di realizzabilità. Il metodo aperto e coinvolgente provoca il merito maturo e coerente. Senza, il merito è propaganda e soprattutto è evanescente. Per il merito che sostiene, Vendola dovrebbe fare cadere il governo (Bersani o Monti? scommetto il secondo) alla prima legge di bilancio. Il metodo è la carta di intenti. Cosa prevarrà?
Il limite di #cambiaresipuò è stato nella pretesa ambiziosa di una lista nazionale.
Il prezzo alto della sfida ha chiesto la ricerca di leader visibili e conosciuti, peraltro molto applauditi e acclamati nelle assemblee. Ha chiesto soldi e strutture, appannaggio specifico dei partiti, che hanno presentato il conto.
La precipitazione dei tempi ha fatto il resto. Nel mese di dicembre l’incontro tra le sensibilità di movimento e il discorso legalitario sembrava ancora mantenere un equilibrio: De Magistris chiedeva di candidare un pregiudicato e le assemblee di #cambiaresipuò ricordavano l’importanza delle lotte sociali illegali. Le ultime uscite di Ingroia al riguardo sono incommentabili.
È la prova del contrario, che cioè dopo le elezioni amministrative i cambiamenti potranno venire soprattutto dalle città, dove il coinvolgimento è piú semplice, la capacità di reagire alle vecchie logiche più immediata. Possiamo armarci meglio. Per questo credo a Sandro Medici sindaco.
Non un capo polo, ma un garante della partecipazione di tutti. Non tavoli, ma spazi pubblici continui per programmi e candidature. Per arrivare al ballottaggio. E poi, dopo le elezioni, un parlamento della società che pratica autogoverno. Un metodo così produrrebbe i contenuti che servono.
La rispetto, ma non ho partecipato alla consultazione di #cambiaresipuò. Comunque avrei sbagliato.