MONDO
Rilanciare l’autogestione nella crisi: le sfide dell’incontro internazionale Economia dei Lavoratori
Intervista con l’antropologo Andrés Ruggeri in occasione del settimo Incontro internazionale Economia dei lavoratori e delle lavoratrici cominciato ieri in Brasile: le esperienze di autogestione del lavoro nella crisi, l’offensiva delle destre neoliberali, le pratiche di resistenza.
Dopo gli incontri internazionali in Argentina, Brasile e Venezuela, e gli incontri regionali in Messico, Uruguay, Francia, Grecia ed Italia, torna a riunirsi la rete per la costruzione di una economia autogestita dai lavoratori e dalle lavoratrici che esiste da ormai dodici anni. Nato da una iniziativa del programma di ricerca Facultad Abierta con le imprese recuperate argentine, questo spazio di incontro, discussione ed elaborazione in comune tra ricercatori, lavoratori e lavoratrici dell’autogestione, studenti, attivisti, sindacalisti, è cresciuto negli anni aprendo nuove connessioni con università, movimenti sociali, sindacati e cooperative provenienti da diversi paesi del mondo, in particolare America Latina ed Europa, ma anche Canada, Stati Uniti, Sud Africa, Cina, India, Bangladesh.
Pochi giorni prima dell’inizio dell’Incontro Internazionale presso la Escuela Nacional Florestan Fernandes, Guararema, a San Paolo, ho intervistato Andrés Ruggeri, antropologo e direttore del programma di ricerca Facultad Abierta della UBA, autore di numerosi saggi, libri ed articoli sul tema.
Direttore della Rivista Autogestion, Andrés si occupa da diversi anni di imprese recuperate, autogestione e movimenti dei lavoratori, in particolare in Argentina, ma anche in America Latina e nel mondo. E’ uno dei promotori dell’Incontro Internazionale, che si tiene proprio in questi giorni in Brasile nel pieno di una fase politica particolarmente difficile per l’America Latina. I governi di destra in Argentina, Brasile ed altri paesi sudamericani stanno promuovendo una avanzata neoliberale nell’ambito di una offensiva contro i lavoratori e le lavoratrici a livello globale come parte di una riconfigurazione delle forme di accumulazione e sfruttamento.
Qual è la tua analisi della fase politica ed economica che la regione sta attraversando mentre sta cominciando il settimo Incontro Internazionale?
La situazione è abbastanza simile a quella che ci trovavamo a vivere quando abbiamo organizzato il sesto incontro due anni fa in Argentina. Però allora, nonostante Macri governasse già da due anni, non si era arrivati alla situazione di crisi totale in cui ci troviamo adesso.
Oggi siamo di fronte ad una crisi causata dalle politiche neoliberali che non dobbiamo leggere come conseguenza di una cattiva gestione da parte del governo, ma come vero e proprio risultato voluto dal governo. E questa situazione si è aggravata a livello regionale con il governo di Bolsonaro in Brasile: infatti proprio il paese dove ci troviamo adesso per l’incontro Internazionale è un paese governato da un fascista evangelico che segue alla lettera le indicazioni di Trump e destabilizza la politica regionale, tentando di chiudere il cerchio attorno a Cuba e Venezuela. Credo che una novità del suo discorso rispetto ad altri fascisti che troviamo nei governi di destra in vari paesi dell’America Latina e in Europa sia il rinnovato discorso contro le sinistre, che è un discorso molto pericoloso.
In generale, ci troviamo in una situazione sociale ed economica disastrosa nella regione che sta portando a gravissime tensioni e problemi, è in atto un attacco molto forte e permanente contro il lavoro e la classe lavoratrice, un tentativo di distruggere tutte le forme di organizzazione, ma al tempo stesso cresce la resistenza, crescono le forme di autogestione dell’economia.
Per questo è importante sostenere la rete che organizza questo Incontro che stiamo portando avanti con tutte le difficoltà economiche, organizzative, logistiche, nonostante l’assenza di risorse; per questo è molto importante oggi mantenere e rafforzare questo spazio di organizzazione nel contesto di instabilità e di pericolo in cui ci troviamo in America Latina in particolare.
Qual’è la situazione delle imprese recuperate e delle cooperative nell’attuale contesto argentino e in generale in America Latina? Quali sono le principali lotte che queste esperienze di autogestione portano avanti, le misure che stanno affrontando e le alleanze sociali e politiche che emergono dalle lotte?
Parlerò soprattutto delle imprese recuperate in Argentina, anche se qualcosa dirò su Brasile e Uruguay le cui esperienze conosco meglio. In Argentina la situazione è molto grave, oltre all’ostilità permanente del governo Macri contro tutte le forme di autogestione dell’economia, la situazione generale del paese a livello economico è arrivata a situaziioni estreme, vicino all’esaurimento delle stesse possibilità di resistenza, nel senso di potersi mantenere lavorando e producendo in autogestione.
Dallo scorso anno in Argentina stiamo vivendo una crisi molto dura, molte imprese recuperate non producono più perché i costi dollarizzati dell’economia sono aumentati a dimisura, perché non riescono a pagare i servizi, perché il mercato e il consumo sono crollati in conseguenza della cadura del potere d’acquisto delle persone, c’è una inflazione impressionante.
Tutto questo sta accadendo perché l’economia argentina si trova in uno stato disastroso, e ovviamente questa situazione colpisce le imprese recuperate e tutte le differenti varianti di economia popolare, la fame colpisce i settori più poveri della società, davvero la crisi è molto dura.
Stiamo arrivando al limite, e c’è la speranza che il cambio di governo alle prossime elezioni migliori la situazione, io credo che migliorerà la situazione ma non finirà la crisi con il cambio di governo, per lo meno non rapidamente perché siamo di fronte ad una crisi strutturale che è stata creata dalle politiche di Macri. Una novità interessante è che in questa situazione non tutte ma la maggioranza di queste esperienze si stanno organizzando in un forum federale che sta discutendo proposte economiche per trovare vie d’uscita da questa situazione, una agenda da presentare al prossimo governo, ma non una richiesta quanto piuttosto un programma, provando all’inizio a farla implementare come politica pubblica ma anche trasformarlo in un programma di lotta. Questo è importante, si tratta di una questione decisiva, perché significa che le cooperative si uniscono con quel mondo rappresentato dalle economie popolari.
Se teniamo in conto anche gli altri altri paesi, la situazione è leggermente differente seppure presenta diverse similitudini in Brasile e in Uruguay in particolare.
In Brasile i compagni ci raccontano che le imprese recuperate stanno attraversando un periodo di crisi pesante, ed a differenza dell’Argentina non esiste un movimento attivo di fabbriche recuperate, e la stessa economia solidale che era fortemente sostenuta da politiche pubbliche sotto i governi di Lula e Dilma si trova oggi sotto attacco. Già Temer aveva di fatto smembrato la SENAES, la Segreteria Pubblica Nazionale dell’Economia Solidale, e con Bolsonaro ovviamente di tutto ciò non è rimasto nulla. I movimenti sono sotto attacco, minacce ed aggressioni accadono spesso in particolare contro il movimento Sem Terra, agiti non direttamente dal governo ma da quei settori che si sentono appoggiati da un governo come quello di Bolsonato che fomenta discorsi basati sulla violenza contro ogni forma di organizzazione popolare. Anche in Uruguay ci saranno le elezioni quest’anno, e la destra sta portando avanti una grande offensiva in particolare contro il Fondes, il Fondo di finanziamento per l’economia cooperativa che era stato fondato dal governo di Pepe Mujica, la situazione è molto complicata ma meno che negli altri paesi.
Quel che credo sia importante in questo incontro internazionale è discutere di tutto questo in maniera approfondita e pensare a cosa possiamo fare a livello regionale, per rafforzare le nostre reti e sostenere le rispettive esperienze di autogestione, andare avanti con la creazione di una rete articolata di economia dei lavoratori e delle lavoratrici, intanto a livello latinoamericano e poi cercare di rafforzare le articolazioni con gli altri continenti.
L’Incontro esiste da oltre dieci anni e sta costruendo connessioni transnazionali tra lavoratori, ricercatori, lavoratori, cooperativisti e sindacalisti, principalmente ma non solamente dall’America Latina, anche in America del nord, in Europa e últimamente si sono aperte relazioni con esperienze dal Sudafrica e dall’Asia. Quali sono secondo le te sfide specifiche che questa rete sta affrontando? E quali sono le sfide che le lotte per l’autogestione dell’economia affrontano in questa fase della crisi globale e dell’avanzata neoliberale ed autoritaria?
Credo che l’Incontro Internazionale stia andando avanti e crescendo nei limiti del possibile, tenendo conto dei limiti esistenti, come per esempio la grande differenza tra le esperienze, il fatto che pensare l’economia e l’organizzazione del lavoro a partire dall’autogestione non sia un aspetto centrale dei movimenti dei lavoratori, in alcuni posti più che in altri, in alcuni paesi manca una capacità di articolazione sufficiente, le esperienze sono spesso frammentate. In questi dodici anni abbiamo consolidato uno spazio, con relazioni politiche e forme di articolazioni forti, ovviamente è più semplice organizzarsi tra chi è più vicino o vive situazioni simili, anche con i paesi europei la connessione è più semplice, oltre che ovviamente tra di noi nel Mercosur, mentre con altri paesi e continenti è più difficile.
Complessivamente, credo che il ruolo di questo Incontro Internazionale sia innanzitutto mostrare che esiste una rete internazionale che discute e prova ad organizzarsi a partire da questi temi, che prova a consolidare queste relazioni, per far si che tutto questo lavoro di tanti anni diventi permanente, non si disperda. Credo che la sfida, in particolare durante questo incontro, sia quella di trovare il modo di stabilizzare e rendere pemanente questa rete, al di là di un incontro ogni due anni e degli incontri regionali; bisogna anche far sì che questa rete non dipenda da certe organizzazioni o addirittura da ceerte persone, ma piuttosto che riesca ad andare avanti da sé.
La sfida è diventare una piccola “internazionale dell’autogestione”, che porti avanti l’idea che la via di uscita reale dalla crisi del capitalismo globale, provocata dalle politiche neoliberali razziste e discriminatorie che l’avanzata della destra e dell’ultradestra porta con sé, sia la presa in mano dell’economia da parte dei lavoratori attraverso differenti forme storicamente determinate di praticare l’autogestione.
Se riusciamo a far si che diversi movimenti popolari e sociali in diversi paesi e continenti tengano in conto questa pratica e questi processi nella loro agenda, nei programmi e nei dibattiti allora credo che questo Incontro Internazionale Economia dei lavoratori e delle lavoratrici abbia compiuto un ruolo importante rispetto al rinnovamento del pensiero e della pratica rivoluzionaria nei nostri paesi e a livello mondiale. E quindi speriamo di poter continuare ad andare avanti con la costruzione dell’autogestione.
Foto di copertina a cura di Facultad Abierta.