MONDO
“Amlo ha dichiarato guerra ai popoli originari”: la denuncia di un’attivista indigena dal Chiapas
Intervista a un’attivista chiapaneca sulla situazione nello stato del sud messicano e in tutto il paese a quasi un anno dall’insediamento del nuovo presidente Andres Manuel López Obrador.
A metà del mese di agosto il movimento zapatista ha di nuovo sorpreso il mondo intero. Dall’inizio della campagna elettorale del 2018 lo zapatismo ha attraversato un momento di evidente difficoltà a livello nazionale, vista l’emorragia di appoggio nella società civile che spera (o ha sperato) nella presidenza di Andres Manuel López Obrador- votato da oltre 30 milioni di messicani – e che non condivide le critiche forti che l’EZLN ha sempre rivolto al nuovo presidente. Proprio in questo momento, in cui si immaginava pertanto un ripiegamento interno volto a difendere quanto conquistato in questi anni in Chiapas in termini di autonomia, gli zapatisti hanno dimostrato al contrario la loro forza espansiva. Hanno infatti annunciato attraverso una serie di comunicati l’apertura di 7 nuovi caracol e 5 nuovi municipi nello stato chiapaneco espandendo così la zona di influenza regionale in modo notevole e convocando un appuntamento nazionale e internazionale per il mese di ottobre.
Ma quale è la situazione nel paese dopo quasi un anno dall’insediamento di AMLO? Pochi giorni prima dell’uscita dei comunicati dell’EZLN abbiamo incontrato a San Cristóbal Mariaestela Barco attivista a fianco degli zapatisti fin dagli anni ‘90 e coordinatrice della Associazione DESMI. Abbiamo cercato di capire assieme a lei quanto sta accedendo in Messico.
Puoi spiegarci il lavoro che svolgete in Chiapas con la vostra associazione?
Lavoriamo per quattro linee strategiche. 1. recuperare i sistemi agroalimentari tradizionali (come il sistema milpa, l’uso di semi locali e tradizionali, l’utilizzo di cafetales agroecologici) con un focus agroecologico, con l’obiettivo di fermare l’introduzione di pesticidi che si è diffusa nel paese a partire dalla cosiddetta “rivoluzione verde”. Inclusa in questa linea c’è pure il recupero della veterinaria con piante medicinali per facilitare forme di allevamento a dimensione familiare e diversificare l’alimentazione. 2. promozione di economia solidale. Sosteniamo il lavoro collettivo e gli scambi tra contadini, orientandoli verso alternative di commercio esistenti. 3. promozione di strumenti ecotecnici in termini agroecologici. Per esempio promuoviamo la sostituzione dei fuochi aperti tradizionali delle cucine nelle comunità, che oltre a inquinare sono terribili per la salute delle donne che vi cucinano. Li cambiamo con nuovi fuochi “chiusi”. Oppure sosteniamo forme di raccolta di acqua piovana, bagni compostabili, piccole serre e tutto quello che comporta l’agroecologia (compostaggi, equilibrio tra le piante, ecc.) 4. formazione permanente della squadra che senta questo non solo come un lavoro ma come un impegno di vita. La formazione costante è fondamentale in tal senso.
Il nostro lavoro più forte è con i municipi autonomi. Ora questo lavoro sta un po’ cambiando, perché i compagni zapatisti vogliono che si lavori in modo sempre più equilibrato ed equo tra i 5 caracoles senza squilibri interni. I budget ottenuti devono essere condivisi. L’anno scorso lavoravamo a Oventik e Roberto Barrios, da quest’anno il lavoro sarà diviso fra tutti i caracoles.
In generale il movimento zapatista è molto in allerta rispetto a quanto sta accadendo in questa cosiddetta “Quarta Trasformazione” [così è nominato il governo di AMLO] dello Stato messicano, che già qualcuno ha soprannominato la “Quarta dissimulazione” e denunciano l’aumento della repressione nei loro confronti.
Avete affrontato l’epoca delle riforme strutturali di Pena Nieto che hanno privatizzato e aperto le porte al capitale in moltissimi settori. Questa è una eredità pesante. Si notano segni di discontinuità con la presidenza attuale?
Dal nostro punto di vista purtroppo c’è piena continuità. Amlo vuole riscattare PEMEX [l’azienda petrolifera ancora in gran parte proprietà dello Stato] e ottenere l’autonomia energetica del Messico. Questo vuol dire investimenti nello sfruttamento del sottosuolo e dell’ambiente. Questo progetto va contro la volontà dei popoli originari che non vogliono avere il proprio terreno invaso da miniere, raffinerie, megaprogetti eolici. Con questa idea AMLO dimostra di voler far guerra ai popoli originari.
Quanto accaduto a febbraio nello stato di Morelos è esemplificativo. Esiste un cosiddetto “Progetto Integrale Morelos” che include più elementi distruttivi per l’ambiente e per le comunità, un gasdotto, una centrale geotermica e molto altro. Durante la campagna elettorale Amlo disse che non sarebbe stato approvato. Da presidente ha invece fatto marcia indietro, ha convocato un referendum farsa sulla questione, ha approvato il progetto e durante l’incontro pubblico ha segnalato il compagno Samir che lottava contro il progetto e che poi è stato assassinato. Ci sono 10 compagni del Consiglio Nazionale Indigeno ammazzati dall’inizio di quest’anno per difendere la terra dall’estrattivismo, ma se ascolti Amlo, chi non lo sostiene è di destra, è del PRI.
Sta preparando delle leggi specifiche contro la protesta sociale come la “Ley de Garrote” nello stato di Tabasco che sostanzialmente, dietro una retorica anticorruzione, proibisce qualunque manifestazione che si opponga ai progetti di espansione delle raffinerie. Ironia della sorte, Amlo è di Tabasco e una delle lotte con cui ha iniziato a fare politica era proprio quella contro i pozzi petroliferi del suo stato
Poi c’è il Tren Maya [progetto di treno che dovrebbe collegare Palenque con la Riviera Maya attraversando terreni comunitari indigeni ricchi di biodiversità.] L’Istituto Nazionale di Antropologia e la UNAM hanno fatto studi importanti sull’impatto ambientale di questo treno. Amlo dice che si farà perché non importano le conseguenze ambientali, se poi ne beneficia il turismo. In realtà beneficiaria finale è la logistica delle merci tra i due oceani perché si collegherà ai progetti di connessione attraverso l’Istmo di Tehuantepec [la zona più stretta del Messico utilizzata per il trasporto di merci tra i due oceani] nello stato di Oaxaca. Ci sarà una lotta molto forte da parte di chi ha capito che non si può continuare a danneggiare in questo modo la natura.
Si può dire che il progetto politico di Amlo è beneficiare il capitale nazionale più di quello internazionale?
L’attacco alle comunità è da entrambi, anche se nella sua retorica dice di favorire il capitalismo messicano. Il capitale che investe nel Tren Maya è anche di multinazionali. Di sicuro è riuscito a costruirsi una facciata di progressista dietro a cui invece si nasconde un attacco duro a chiunque lo critichi e si nasconde una idea di sviluppo devastatrice e violenta. Amlo è la continuità di un progetto capitalista neoliberale. Anche se per decreto ha detto che non esiste il neoliberalismo, tutto quello che fa ne è parte.
Porta avanti questa retorica della lotta alla corruzione ma è qualcosa di molto parziale e propagandistico. Ha creato progetti assistenzialisti e artificiali come il “Sembrando Vida” che crea dipendenza senza cambiare la situazione di povertà della popolazione. Il programma offre 5.000 pesos al mese a chi semina alberi nella propria terra. Devi avere però almeno 2 ettari e mezzo di terreno non coltivato. Così molti si sono messi a disboscare pezzi di foresta per avere i due ettari con cui chiedere il finanziamento, squilibrando l’ecosistema in cui vivono. La corruzione che vuole combattere, Amlo la fomenta tra la popolazione. Inoltre i beneficiari del programma non sono i poveri ma chi ha già una quantità significativa di terra.
E’ vero che è un governo austero, ma non mette nessun corrotto in carcere. Non ha frenato né la delinquenza né il crimine organizzato. Anziché smobilitare le truppe che dal 2007 militarizzano il paese in ogni stato, ha creato la Guardia Nazionale che non riesce a fermare la violenza, anzi. La Guardia Nazionale raccoglie ex-poliziotti, ex-militari e giovani senza lavoro. Arrestano migranti, girano per la selva, ma non lottano contro il crimine.
In tutta questa politica poi c’è nascosto un attacco consistente al movimento zapatista, sia attraverso progetti specifici come il Tren Maya sia con questa visione di sviluppo. Si attacca il movimento zapatista perché è antisistemico e per questo fa più paura. Si oppone a tutti questi piani sviluppisti che vuole portare avanti AMLO.
Siamo poi tutti consapevoli che. se continuerà per 6 anni a lavorare in questo modo. creerà le condizioni per un ritorno della destra al potere, come accaduto in altri paesi in America Latina. Se ora in questo governo hai questo tipo di lavoro, poi arriverò la destra. Noi associazioni che lavoriamo con municipi autonomi siamo sotto mira.
Rispetto alla questione migratoria neppure si vedono cenni di discontinuità?
Amlo di fondo sta facendo il lavoro sporco degli Stati Uniti subendo i loro ricatti di innalzamento dei dazi doganali. Il “muro” che a Trump importa in questo momento è quello che divide il Messico dal Guatemala. La Guardia Nazionale sta monitorando quel muro per non far passare migranti centroamericani. Questo sta facendo il gioco di Trump che non a caso ha detto che con Amlo sulla questione migratoria si può dialogare.
Quest’anno poi c’è stato il caso eclatante delle carovane di migranti che sono partite dall’Honduras per raggiungere gli Stati Uniti. L’obiettivo era riuscire a viaggiare assieme per ridurre il rischio di aggressioni, ma l’idea ha ricevuto un consenso così ampio che poi è pure scappata di mano agli organizzatori ed essere in tanti da essere elemento di forza è diventato un elemento di fragilità fino a diventare insostenibile. In Messico c’è stato molto appoggio alle prime due carovane, con grandi azioni di solidarietà, poi è diminuito. In ogni caso, rispetto alla frontiera con il Guatemala, si possono pure cercare soluzioni militari ma è una frontiera ampia e coperta dalla selva, la gente continua a passare.
Si è cercato in questo primo anno di governo di fare luce sulla violenza politica e sociale che ha attraversato il Messico dal 2007 a oggi, con la cifra paurosa di 30.000 desaparecidos?
Amlo ha costruito una commissione per la verità, ma solo su Ayotzinapa, e comunque non ha concluso ancora nulla. Il problema è che la violenza nella società messicana continua. Un professore dell’UNAM l’ha spiegata in modo molto esplicito recentemente. Quello che si cerca è lo spopolamento dei territori rurali per urbanizzare le persone, proletarizzarle e renderle più sfruttabili. Questo accade perché il capitalismo ha costantemente bisogno di materie prime per rigenerarsi e ha bisogno di beni che sono trattenuti nelle zone rurali. Per riuscire a impossessarsene, visto il continuo conflitto con i popoli originari, deve svuotare le campagne della popolazione autoctona, con migrazioni verso le città e verso gli Stati Uniti. La violenza sociale e politica è un fattore determinante nella migrazione dalle campagne. Tutto questo accade in Honduras in modo chiaro e quasi cristallino, ma il Messico si sta avvicinando a quel modello. Qui a San Cristóbal la questione del traffico di droga sta diventando sempre più centrale. La comunità di Magdalena de La Paz è stata aggredita violentemente dalla comunità vicina di Santa Marta, controllata da narcos. Questo sta provocando morti, persone costrette a migrare forzatamente, feriti, e lo stato non interviene. Il governo non li ferma perché non vuole farlo, fa comodo al suo disegno politico.
Nel frattempo a Città del Messico Amlo si dipinge come un governo austero, che risparmia e lotta contro la corruzione, forte dei 30 milioni di voti che ha avuto. Qui in Chiapas continua la violenza e l’insicurezza e gli ospedali sono sempre con scarse medicine.
Foto di copertina da: Desinformemonos.