EUROPA
You gotta fight for your right to party! Il Fusion e le due destre tedesche
In un ex aeroporto sovietico non lontano da Berlino, si svolge dal 1997 il festival Fusion, “una settimana di ferie comuniste”. Quest’anno l’evento, completamente autogestito, ha scatenato un terremoto politico
Esistono molti dibattiti e molti fatti di cronaca che raccontano le tensioni che attraversano la società tedesca, al tramonto dell’era politica di Angela Merkel. Un po’ come nella sismologia, tutto rimanda a “linee di faglia” diverse, ma tutte egualmente sotteranee e profonde. E proprio come nella sismologia, queste “tensioni telluriche” esplodono ciclicamente in improvvisi e violenti terremoti; di solito troppo comodamente raccontati dai media e dalla politica come fatti isolati o episodici.
Una di queste linee di faglia tra “placche” sociali è quella che divide una governance ordoliberale sempre più vecchia e i settori sociali più giovani, al contempo i più cosmopoliti e i più precari dell’intera storia della Repubblica Federale Tedesca. Questa faglia ha prodotto una scossa di terremoto, esemplificativa del conflitto in campo: il “caso” dell’edizione 2019 del Fusion Festival. Per chi non conoscesse questo happening culturale forse è bene fare un breve riassunto, prima di riportare la cronaca dei fatti e i dibattiti che ne sono scaturiti.
Dal 1997 in un’area militare sovietica dismessa dal 1993, a Mueritz, nella regione orientale del Meclemburgo-Pomerania anteriore, si svolge un festival culturale simile al festival statunitense del “Burning Man” in Nevada. Nell’arco di quattro giorni, tra giugno e luglio, si alternano spettacoli, eventi culturali e performance musicali che abbracciano un po’ tutte le controculture tedesche. Dalla sua prima edizione del 1997 il festival ha visto crescere i partecipanti da tutta Europa fino a diventare uno dei più importanti eventi del continente. A differenza di altri eventi simili, però, il Fusion oltre la location ha altre due importanti peculiarità.
La prima è il concept. L’obiettivo del Fusion Festival è, secondo gli organizzatori, promuovere un’idea di “comunismo gioioso”. In una sorta di ZAD lontana dalla società, il Fusion prova a far vivere una società parallela libera da vincoli e controlli e basata sulla solidarietà e l’inclusione. Per questo non ci sono servizi d’ordine militarizzati e per questo si promuove la tolleranza reciproca e l’intero festival è improntato all’ecologia e all’evitare sponsorizzazioni commerciali e pubblicità.
La seconda peculiarità è che il festival è ancora, malgrado le quasi 80.000 persone paganti, totalmente autorganizzato e coinvolge nella sua realizzazione tutte o quasi le soggettività, i gruppi e i collettivi della “scena” radicale e antagonista tedesca: antinazionalisti, antifa, anarchici, autonomen, antimperialisti, sindacati di base ecc. Dal 1999 esiste un’associazione che racchiude le diverse anime degli organizzatori: la Kulturkosmos Mueritsee. Questa associazione reinveste gli incassi del Festival in diverse attività culturali, promosse dai collettivi e dalla sinistra radicale tedesca. Dal 2003 poi l’associazione ha comprato l’area di 2 ettari dove si svolge il Festival e nel dicembre 2018 ne ha regalato 2500 metri quadrati alla comunità locale, vincolando l’uso del terreno alla realizzazione di asili, centri culturali e servizi (il Land del Meclemburgo-Pomerania anteriore è uno dei più poveri della Germania; lì i processi di privatizzazione forzata post-riunificazione hanno colpito duro tagliando i servizi alle comunità).
A confermare la forte continuità tra la “scena” antagonista tedesca e i partecipanti al Festival due episodi su tutti, preambolo della polemica odierna. Nel 2017 il Festival non si tenne, ufficialmente per una “pausa artistica”, ma fu chiaro la ragione reale fosse per impiegare le energie militanti e invitare tutte e tutti alle giornate di protesta del G20 di Amburgo, segnate da scontri violentissimi. In secondo luogo, già nel 2013 i Servizi di Sicurezza tedeschi avevano segnalato la presenza di «personaggi potenzialmente pericolosi» tra gli organizzatori del festival. E proprio nello stesso anno le autorità locali iniziarono a imporre misure di sicurezza, obblighi amministrativi e piani di fuga e organizzazione di anno in anno sempre più stringenti.
E così arriviamo al terremoto recente.
A soli due mesi dall’edizione 2019 il Ministro degli Interni del Land ospitante, Lorenz Caffier della CDU, ha dichiarato che il Festival non avrebbe avuto luogo a causa di «gravi mancanze di misure di prevenzione e sicurezza da parte degli organizzatori». La notizia, un fulmine a ciel sereno, si ingrossò diventando una valanga in grado di investire rapidamente l’opinione pubblica tedesca. Le gravi “negligenze” da parte degli organizzatori erano, stando al politico democristiano, legate al rifiuto di permettere alla Polizei di montare, caso unico nella storia dei festival tedeschi, una caserma mobile accanto al sito e di permettere l’accesso alla Polizei per schedare e perquisire i partecipanti. Gli organizzatori (che hanno subito risposto «se accettassimo le condizioni sarebbe l’inizio della fine del Fusion») ma anche gli operatori culturali, media importanti (i periodici “Der Spiegel “e “Die Zeit” su tutti), partiti di sinistra ma anche politici delle comunità locali, persino esponenti della stessa CDU, si sono da subito posti in modo pesantemente critico con la scelta del Ministro del Land.
Nel mese che ha preceduto le Elezioni Europee c’è stata anche una petizione online con decine di migliaia di sottoscrittori contro la CDU e il governo del Land; questo mentre infuriava sui media il dibattito sui concetti di “sicurezza” (al Fusion non è mai accaduto nulla di simile alla tragedia della Love Parade di Duisburg nel 2010 con oltre 20 morti e 500 feriti), sull’uso di sostanze (in Germania, per paradosso, non è reato consumare droghe, lo può essere la detenzione anche per uso personale) e sulla libertà di espressione (anche in uno spazio privato come è l’area del Festival). Diversi intellettuali e giornalisti conservatori hanno preso le difese degli organizzatori che a loro volta non hanno ceduto di un millimetro rispetto alle assurde pretese da parte del governo del Land. E sebbene di settimana in settimana la CDU fosse scesa a più miti consigli e avesse relativizzato le dichiarazioni, solo a pochi giorni dalle elezioni europee, un dossier, pubblicato da “Die Zeit”, ha fatto esplodere lo scandalo e “verosimilmente” ha chiuso la vicenda in favore del Fusion Festival.
Nell’inchiesta, particolarmente scottante, il giornale di area liberale ha svelato l’esistenza di un dossier interno alla Polizei, redatto mesi prima. In questo documento si pianificavano «interventi eccezionali» da parte della polizia (con addirittura l’uso di reparti dell’esercito). Negli studi richiamati dal quotidiano, la ragione di un piano eccezionale di polizia era di «prevenire possibili conflitti», senza specificare ulteriormente. Nel documento si parlava di circa 1000 agenti antisommossa e un centinaio di poliziotti in borghese da infiltrare all’interno del Festival. E si richiedeva la disponibilità di mezzi pesanti e idranti anti-riot. I “piani di sicurezza” per il Fusion così si sono mostrati per quello che erano: un’aggressione finalizzata a produrre un’escalation che avrebbe motivato il divieto per possibili prossime edizioni. Ma non è tutto.
Infatti, che la polizia del Brandeburgo stesse preparando un intervento emerge anche da una tesi di laurea scritta presso l’Accademia di Polizia di Güstrow fra il gennaio e l’aprile 2019, che aveva come tema proprio la “sicurezza” del festival. Relatore del lavoro era Ulf-Theodor Claassen, docente dell’accademia ed ex esponente del partito razzista e sovranista, Alternative für Deutschland, dal quale è uscito dopo aver fallito la corsa alla segreteria regionale. Claassen è un noto estremista di destra, in passato già condannato e sospeso dalla polizia per reati di violenza aggravata (aveva spruzzato spray urticante a dei giovani che lo contestavano tirando coriandoli).
In questa tesi di laurea triennale sulle misure di sicurezza del Fusion comparivano fra l’altro in bella vista nomi e cognomi degli organizzatori, in aperta violazione delle normative sulla privacy. I dati sensibili di molte persone sono stati dunque messi a disposizione di un noto e violento estremista, mettendo evidentemente a repentaglio l’incolumità di militanti politici di sinistra. Si confermava, dunque, la pericolosa e inquietante commistione esistente fra la destra radicale e xenofoba e le forze dell’ordine, già emersa in altre occasioni negli ultimi anni.
Il caso ha suscitato non pochi imbarazzi. Subito dopo lo scandalo sollevato da “Die Zeit”, il Ministro e i comandi di polizia del Land hanno fatto marcia indietro su tutto o quasi e hanno frettolosamente dichiarato in una nota ufficiale che !viste le risposte in termini di sicurezza degli organizzatori, una nostra presenza sul terreno non è più necessaria».
La parola fine della vicenda è arrivata mercoledì 29 maggio, quando l’ufficio tecnico che aveva chiesto oltre 30 diversi cambiamenti ha rilasciato il via libera per lo svolgimento del Festival.
Questi i fatti. E i fatti rimandano in modo evidente innanzitutto al conflitto tra CDU (ma anche SPD) e un’intera generazione che, dal Friday for Future ai canali Youtube, alla solidarietà con i rifugiati, rivendica sempre di più un’idea altra di società, anche elettoralmente come le elezioni hanno poi dimostrato. Secondo i primi dati delle Europee solo un elettore under 33 su dieci ha votato per il partito di Angela Merkel; le stesse rilevazioni hanno certificato che quasi un giovane elettore su due in Germania ha votato per i Verdi o per la Sinistra. Ma il dibattito intorno al Fusion Festival richiama anche alla torsione autoritaria di una governance ordoliberale allo sbando che, in piena crisi di legittimità e consenso, non disdegna di corteggiare la destra di Alternative für Deutschland. E se le “ultime volontà” della Cancelliera sembrano ribadire un’incompatibilità con la destra xenofoba e populista, alcuni governi locali e apparati di sicurezza dello Stato federale non sembrano condividere questa scelta strategica di principio.
Un’altra linea di “faglia” sociale che la questione ha riportato all’attenzione è quella che ancora oggi, a 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, corre tra i ricchi e produttivi Länder della Germania Ovest e le poverissime regioni dell’ex-DDR. Le elezioni europee hanno fotografato questa differenza e, mentre AfD ha perso consenso ovunque in Germania, è diventato primo partito in ben due dei cinque Länder ex-DDR: Brandeburgo e Sassonia. Proprio nel Land del Fusion, dove storicamente è molto forte la presenza di gruppi neonazisti, la formazione xenofoba, pur non vincendo, tallona proprio la CDU al governo. La risposta delle forze politiche “storiche” a tutto questo appare da ogni punto di vista non solo inadeguata ma persino pericolosamente benaltrista.
Se poi consideriamo, come detto, che negli ultimi tre anni sempre più spesso emergano connivenze pericolose tra comandi della Bundeswehr, forze di polizia locali e servizi e ambienti di estrema destra il quadro diventa ancora più cupo e preoccupante.
Tuttavia, esattamente come la vicenda raccontata dimostra, una generazione sempre più consapevole ha deciso di non cedere a compromessi con le pulsioni più mortifere della società tedesca. Proprio per questo probabilmente le contraddizioni mai risolte esploderanno all’indomani dell’addio di Angela Merkel alla politica. E se, da una parte, l’esito di questa polarizzazione sociale sempre più esasperata e radicale non può che essere conflittuale, l’esito di questo scontro, come in sedicesimi dimostra la questione del Fusion Festival, è tutt’altro che scontato.