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Uomini antisessisti non si nasce ma si diventa
Come si può pensare o ripensare il contributo del genere maschile alla lotta contro il sessismo e il patriarcato? Il libro di Lorenzo Gasparrini “Diventare Uomini – Relazioni maschili senza oppressioni” (ed. Settenne) prova a farlo, suggerendo di partire da sé stessi e dal confronto con gli stereotipi più radicati
Anche se il movimento femminista in Italia negli ultimi tre anni ha fatto notevoli passi in avanti in termini di capacità di elaborazione politica, di mobilitazione allargata, di capacità di influenza nei confronti del mainstream, è innegabile che da parte “maschile” non solo non ci sia stata una simile capacità di attivazione, e che la stessa partecipazione alla rete Non Una di Meno sia stata abbastanza marginale, se si eccettuano ovviamente i grandi cortei di massa per il 25 novembre o l’8 marzo.
Eppure è evidente a tutte e a tutti, per lo meno tra persone con spirito critico e capacità di analisi, che il problema si chiama patriarcato e sessismo. Tuttavia, sembra quasi che il compito di liberarsi da un sistema di oppressione e violenza millenario debba spettare esclusivamente alla parte oppressa e non all’oppressore.
Tante sono le ragioni che potrebbero aver prodotto questa situazione. Tra le molte, il fatto che alcune persone di sinistra si sentano forse “assolte” dalla colpa di essere appartenere al “genere maschile”, perché per loro è stato sufficiente leggere, capire e imparare dalle compagne con cui hanno condiviso anni di politica assieme.
Eppure è strano: pensate se la lotta al capitalismo la dovessero fare da soli i “proletari”, o se la lotta antirazzista dovessero portarla avanti i soli migranti, sarebbe assurdo e inaccettabile… e invece con il patriarcato e il sessismo sembra che questo sia normale.
Lorenzo Gasparrini nel suo Diventare Uomini: Relazioni maschili senza oppressioni (ed. Settenove) parte proprio dall’assunto opposto. La lotta al patriarcato e al sessismo deve essere condotta anche dagli uomini in quanto agenti in causa e in quanto parte dell’oppressione. Il suo non è un libro che colpevolizza nessuno, ma neppure assolve, perché analizza fino a che punto gli uomini siano attori inconsapevoli di una cultura profondamente patriarcale e sessista, che tipizza ruoli, dinamiche di potere e stereotipi, e che costruisce le basi sulle quali può sostenersi e riprodursi la violenza di genere. In virtù di questa analisi, Gasparrini non colpevolizza ma invece responsabilizza fortemente tutto il genere maschile e lo invita a diventare parte più attiva della lotta contro il sessismo.
Nell’introduzione si legge, infatti: «Quello che cercherò di raccontare qui sarà il modo in cui tutto questo avviene, e il modo in cui iniziare a pensare di opporsi, da uomo etero. Sì, in quanto “uomo etero”, perché i vantaggi sociali che il patriarcato mi conferisce per il solo appartenere a questo genere sono pagati a caro prezzo, non solo dagli altri generi, ma anche dal mio che si vede confinato in un mondo di virilità, mascolinità, machismo, maschilismo, prepotenze e razzismi vari e che mi pone sempre obiettivi irraggiungibili. Il tutto mentre mi istupidisce raccontandomi che tutto ciò è innato, immutabile, perché è, con la più ipocrita delle parole, naturale».
Gasparrini ripercorre le modalità attraverso le quali la vita di un uomo viene perimetrata, dall’infanzia fino all’età adulta, dalle situazioni private (i ruoli nella famiglia di nascita e nella relazione patriarcale per antonomasia, cioè il matrimonio) fino ad arrivare alla società più allargata e alla rappresentazione di sé attraverso i media.
«Molti uomini cominciano ad imparare le regole di quel sistema patriarcale quando gli mettono un grembiule azzurro e non rosa, quando gli spiegano che ci sono le cose da maschio e le cose da femmine, quando ascoltano e quindi usano un linguaggio sessista pensando che siano solo parole, quando devono dimostrare a tutti di essere “veri uomini” – e così per tutta la vita. Poi diventano padri e non comprendono che la paternità è una grandissima occasione per scardinare quel sistema che prevede solo due possibilità eterosessuali e confina tutte le altre all’anormalità, allo schifo, alla mostruosità, alla discriminazione; continuano a trasmettere quelle costrizioni che hanno insegnato loro […] Non è solo questione di pannolini, di pappe da preparare oppure di tempo da sacrificare. Si tratta di trasformarsi per il bene dei propri figli e figlie. Trasformarsi perché non si nasce antisessisti, quindi bisogna giocare in contropiede.»
Gasparrini in questo viaggio tra età e contesti differenti analizza i modelli imposti e le conseguenze vissute, tracciando spesso paralleli estremamente interessanti tra l’autoalimentazione del patriarcato nella società e il capitalismo, che si configurano come sistemi di oppressione alleati e connessi.
Il libro si legge con rapidità grazie alla scrittura scorrevole, densa di contenuti ma al tempo stesso fruibile perché ricca di riferimenti alla vita privata, propria dell’autore o di molti potenziali lettori. Il confronto con il pensiero femminista si sviluppa in ogni pagina in modo lineare e puntuale.
Le strade per il cambiamento da parte maschile sono aperte e praticabili. Alla fine del libro, l’autore ne menziona alcune già esistenti (il network italiano più conosciuto da questo punto di vista è Maschile Plurale) e propone che altre vengano create, perché il bisogno è quanto mai evidente. Il libro è per molti versi un invito all’azione, e l’analisi, a tratti severa, del nostro “essere uomini” è percorsa da un filo rosso di possibilità di cambiamento e di scardinamento delle strutture sociali e culturali che generano il sessismo. Per questo, il libro di Gasparroni è anche pieno di ottimismo e volontà di trasformare la realtà in cui viviamo.
Bisognerebbe, sottolinea l’autore, come genere maschile, prendere a riferimento alcuni cardini della cultura femminista, cioè il “personale che è politico” e il “partire da sé stessi” e sapersi analizzare e specchiare per far iniziare da lì il cambiamento.
Per quanto le generalizzazioni possano sempre risultare limitanti, è evidente che entrare in contatto profondo con sé stessi è una pratica politica che spaventa molti uomini, proprio perché, come ricorda Gasparrini, fin da piccoli ci è stato insegnato che “un vero uomo non piange.” Se un vero uomo deve quindi soprassedere alla propria sfera emotiva, prima di diventare adulto ha già smesso di parlarne.
Il libro, infine, è soprattutto uno stimolo per molti uomini a riflettere su quanto limitante possa essere escludere la sfera emotiva dalla propria vita privata. “Diventare Uomini” è perciò un invito, affinché, a partire dalla riscoperta della propria emotività e della propria interiorità, del “proprio sé”, gli uomini diventino parte più attiva di una lotta al sessismo e al patriarcato quanto mai necessaria e urgente.
*La foto di copertina è di Daniele Napolitano