NELLE STORIE

Quattro novembre: nessuna vittoria, nulla da festeggiare

Sedici milioni di morti, ventuno milioni di feriti. Questo è stata la prima guerra mondiale. Una sconfitta per tutti, che non dovrebbe lasciar spazio ad alcuna festa nazionale, né celebrazione

Una follia nata dagli interessi di governi e monarchi, che, oggi come ieri, venivano nascosti dietro gli slogan della «difesa della patria e dei confini».

Una follia alimentata dai discorsi nazionalisti, che hanno portato milioni di proletari a scontrarsi gli uni contro gli altri, invece che a puntare i fucili contro i loro oppressori. 

A chi ancora grida «guerra, patria e confini», rispondiamo «diserzione, solidarietà, libertà».

A chi oggi suona l’inno nazionale, facciamo sentire una canzone contro la guerra.

 

O Gorizia tu sei maledetta

La mattina del cinque d’agosto
si muovevan le truppe italiane
per Gorizia, le terre lontane
e dolente ognun si partì

Sotto l’acqua che cadeva al rovescio 
grandinavan le palle nemiche
su quei monti, colline e gran valli
si moriva dicendo così:

O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu

O vigliacchi che voi ve ne state
con le mogli sui letto di lana
schernitori di noi carne umana
questa guerra ci insegna a punir

Voi chiamate il campo d’onore
questa terra di là dei confini
Qui si muore gridando assassini
maledetti sarete un dì

Cara moglie che tu non mi senti
raccomando ai compagni vicini
di tenermi da conto i bambini
che io muoio col suo nome nel cuor

Traditori signori ufficiali
Che la guerra l’avete voluta
Scannatori di carne venduta
E rovina della gioventù

O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu