INCHIESTE
Castelluccio di Norcia. Il terremoto, i fiori e il cemento
A Castelluccio di Norcia si costruisce un centro commerciale (ma guai a chiamarlo così) mentre il borgo distrutto dal terremoto è ridotto in macerie. Pubblichiamo un’inchiesta che unisce i puntini tra ricostruzione, speculazione, spopolamento delle aree interne e un modello di sviluppo basato solo su turismo, commercio e “valorizzazione” del territorio.
Castelluccio di Norcia è un borgo di pietra che si trova sul lato ovest del monte Vettore, 1.350 metri sopra il livello del mare. Ai suoi piedi si apre una piana che d’estate fiorisce e si colora di viola, arancione, rosso, giallo accesso. In migliaia vanno a vederla, ed è impossibile non restare incantati dalla meraviglia.
Alle 7 e 40 del mattino di domenica 30 ottobre 2016, una scossa di terremoto da 6.5 gradi sulla scala Richter ha abbattuto Castelluccio. I suoi abitanti vennero portati via con gli elicotteri nel pomeriggio.
Quasi due anni dopo, la situazione è pressoché identica ad allora: le case sventrate, le crepe profonde nei muri, le macerie accatastate male negli angoli. La ricostruzione, qui come nel resto del cratere, non è mai cominciata davvero. Per dare un’idea di quello che sta accadendo basta dire una cifra: solo il 7% dei cantieri necessari è stato aperto fin qui. C’è chi chiama tutto questo «strategia dell’abbandono». La storia, però, riguarda solo in parte questa faccenda, e ruota fondamentalmente intorno a una sola domanda: perché le case non vengono ricostruite mentre un centro commerciale passa dalla sua fase progettuale al taglio del nastro nel giro di pochi mesi?
Il deltaplano
Cominciamo dalla questione semantica: «centro commerciale». Non tutti sono d’accordo sul fatto che quello che stanno costruendo sotto a Castelluccio lo sia. Non è d’accordo, ad esempio, la governatrice dell’Umbria Catiuscia Marini, che ha bollato questo termine come «fake news» e ha sottolineato che sarebbe più corretto parlare di «villaggio alimentare», anzi di «struttura per negozi e servizi». Non è d’accordo nemmeno il sindaco di Norcia Nicola Alemanno, che ha minacciato (per ora solo quello) querele verso chiunque usasse quelle due parole insieme: centro e commerciale. Comunque si voglia definire la cosa, stiamo parlando di un’area di 11.000 metri quadrati, di cui 6.500 coperti, destinata ad ospitare una ventina di esercizi, tra ristoranti, bar e strutture di servizio. Il progetto prevede tre blocchi sistemati a mo’ di freccia, la cui forma finale potrebbe ricordare quella di un deltaplano. Da qui il nome con cui questo centro commerciale (o struttura per negozi o villaggio alimentare) è noto ai più: deltaplano, appunto.
E questo è il cosa.
Per capire invece il chi di questa storia, vale la pena leggere il curriculum di alcuni dei personaggi coinvolti. Non che c’entri qualcosa, ma sono elementi utili per farsi un’idea di con chi si ha a che fare. Il sindaco di Norcia Nicola Alemanno ha ricevuto negli scorsi mesi due avvisi di garanzia per due centri polivalenti realizzati nel suo comune, l’accusa è di aver violato la normativa edilizia per la realizzazione dei centri in assenza di permessi. Il coordinatore dell’Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Umbria Alfiero Moretti è stato indagato nel 2015 per turbativa d’asta nelle gare per la gestione di alcuni auditorium. Il direttore dell’ente parco Carlo Bifulco nel 2007 venne arrestato per una storia di truffe su false demolizioni e costruzioni abusive.
Il progetto
L’idea del deltaplano uscì fuori per la prima volta nel luglio del 2017. Tra squilli di trombe e rulli di tamburi, la Regione Umbria presentò questo progetto dal valore di 2.5 milioni di euro, finanziato per lo più dalla stessa Regione, dalla protezione civile e dalla Nestlè (che poi si è fatta da parte). Alle prime obiezioni sull’impatto ambientale che potrebbe avere una struttura simile nel mezzo di una zona più unica che rara, peraltro inserita in un parco nazionale e soggetta alle effettivamente molto restrittive leggi italiane sulla tutela paesaggistica, le risposte sono nette: non verrà usato cemento, il tetto sarà pitturato di verde in modo da risultare in armonia con ciò che c’è intorno e, soprattutto, il deltaplano sarà amovibile. In che senso? Nel senso che, a ricostruzione ultimata, il fabbricato sparirà nel nulla. A cercare tra i documenti qualche spiegazione in più sul punto, non si trova niente. Né nelle determine dei dirigenti, né negli elaborati del progetto. Non c’è una data nemmeno ipotetica di smontaggio, non ci sono né sono previsti fondi per farlo. In sostanza, il centro commerciale di Castelluccio è «temporaneo» soltanto nelle dichiarazioni di chi lo vuole costruire.
Nelle sue «Note per un’urbanistica a suon di scosse» (uscite sul portale tesserae.eu), la ricercatrice Laura Colini centra il punto: «La clausola che permette la realizzabilità del progetto è la temporaneità». Perché? Perché l’area di Castelluccio è tutelata sul versante paesaggistico da diverse leggi e la questione è stata scavalcata soltanto dalla determina dirigenziale numero 1098 del 5 febbraio 2018, in cui la Regione dà il suo beneplacito alla realizzazione di «strutture temporanee per la delocalizzazione delle attività produttive per la ristorazione a Castelluccio di Norcia». È per questo che anche l’ente parco ha detto di sì e ha dato parere positivo alla sua Valutazione d’incidenza ambientale.
In teoria il deltaplano, prima o poi, volerà via.
Quando? Non si sa.
Con quali soldi? Non si sa nemmeno.
C’è un piano di smaltimento? No.
Conclude allora Colini: «Forse tra cinquant’anni, quando le strutture portanti tanto all’avanguardia oggi saranno obsolete, allora si penserà alla dismissione, ma intanto la piana sarà sempre più urbanizzata, pezzo dopo pezzo, dalle strade, dalle auto e dalla turistizzazione insostenibile che occuperà anche questo pezzo di paradiso».
Sull’impatto paesaggistico, la spiegazione la dà l’architetto Francesco Cellini – nei comunicati stampa sempre definito «ambientalista» – durante la presentazione del progetto che lui stesso ha firmato: «Sarà coperto da un piccolo strato di terra che non sarà prato inglese, ma erbaccia incolta, del posto, non dico lenticchie però diciamo che il prato viene da sé».
La promessa che non ci sarebbe stato cemento, infine, semplicemente non aveva senso: il cemento c’è eccome, è stata la prima cosa che hanno fatto. Una colata rettangolare sulla collina in mezzo alla piana. Era stato detto il contrario, ma d’altra parte qualcuno ha mai visto un centro commerciale costruito senza usare il cemento?
Chi, a questo punto, prova a sostenere che la faccenda non sia poi così chiara viene bollato come latore di bufale, nemico del popolo di Castelluccio, ideologico e a costante rischio di querela.
Il cantiere
Il 9 aprile del 2018 apre ufficialmente il cantiere. L’importo dei lavori indicati sul cartello fuori dalle reti è di molto minore rispetto alle previsioni iniziali, anche perché il progetto nel frattempo è stato in qualche modo ridimensionato: 1.263.318,52 euro da sommare a 43.183,20 di costi per la sicurezza. Sono tutti d’accordo: la Regione, la protezione civile, il Comune di Norcia, persino l’ente parco, che, per dire, in passato ha fatto le barricate contro la realizzazione di un parcheggio per automobili e camper, struttura molto meno impattante del deltaplano e tutto sommato necessaria, se si considera che chi va a vedere la fioritura di solito si trova a dover lasciare il proprio mezzo in mezzo ai campi.
Il deltaplano piace: i commercianti vedono la luce, i ristoratori pregustano già la nuova sistemazione con vista su un luogo unico al mondo, parole ancora dell’architetto Cellini: «Tutti i ristoranti avranno l’affaccio sulla piana». Non vi va bene? La risposta è sempre la stessa: siete nemici dei terremotati di Castelluccio. E non fa niente se soltanto in otto ci vivono tutto l’anno e se i commercianti di cui sopra vengono per lo più dai paesi vicini.
I terremotati vengono agitati come bandiere, ma nessuno li ascolta davvero. O meglio, la volontà popolare viene evocata soltanto quando c’è da costruire un centro commerciale, non quando vengono richieste altre casette provvisorie (sempre a Castelluccio: la Comunanza agraria lamenta che non tutte le richieste sono state esaudite) o si domanda se e quando ripartirà la ricostruzione, quella vera, quella che riguarda le case.
La strategia dell’abbandono
E qui torna la strategia dell’abbandono: l’area dell’Appennino a cavallo tra le Marche, il Lazio, l’Abruzzo e l’Umbria è in pesante crisi da molto prima dei terremoti del 2016. Parliamo di poche decine di migliaia di persone coinvolte (tantissime, ma comunque meno di un municipio di Roma, ad esempio), gente che elettoralmente pesa zero. Parliamo di un terremoto che si chiama genericamente «del Centro Italia», cioè in pratica non ha nome. Un terremoto che ha distrutto paesi fatti di residenze per le vacanze, seconde case, case dei nonni. Che ha ucciso, ferito o lasciato senza tetto né legge un popolo piuttosto vecchio e per lo più composto da contadini e pastori che parlano a stento l’italiano e che non sono utili nemmeno per le dichiarazioni alle tivvù. Non ci hanno manco fatto una canzone per questo terremoto.
E Castelluccio è solo un esempio: il terremoto è uno strumento utile per riscrivere la storia e ridisegnare la geografia di questi luoghi, che gli abitanti siano d’accordo o meno. Il nuovo modello di sviluppo, condiviso da tutti e tre i governi che fin qui hanno gestito la situazione, vede nel turismo la panacea di tutti i mali e nel commercio il settore trainante della futura economia appenninica: i profitti prima delle persone, che intanto continuano ad invecchiare e muoiono. Le statistiche parlano di clamorosi aumenti di malattie e di suicidi nel cratere. Ma non fa niente, presto sorgerà un bel centro commerciale.
Quando? Il cantiere dovrebbe chiudere in autunno, poi si tratterà solo di organizzare la cerimonia per il taglio del nastro.
Salvo sorprese, perché il prossimo 16 novembre a Roma, il commissario per la liquidazione degli usi civici Antonio Perinelli ha convocato la Regione Umbria, il Comune di Norcia e il WWF (che sulla storia del deltaplano aveva inoltrato un esposto) per «accertare se i terreni abbiamo o meno natura demaniale civica, adottandosi ogni consequenziale provvedimento anche in ordine al sequestro degli stessi». In sostanza, si cercherà di capire se, alla fine della fiera, la realizzazione della struttura è effettivamente conforme alla legge. Cosa che sin qui nessuno è stato in grado di affermare con certezza.