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La Turchia saluta Berkin Elvan, ancora scontri e cortei

Molti aspetti della giornata di ieri in alcuni momenti riportavano la memoria al periodo di Gezi Park: le strade piene, le barricate ovunque, le persone affacciate alle finestre con pentole e mestoli, la sensazione di uno stato di mobilitazione condiviso e diffuso.[..]

Ma mentre quelle giornate di giugno, per quanto dure, erano anche piene di allegria, creatività, speranza, il 12 marzo è stato soprattutto un giorno di rabbia e dolore. Sono state decine e decine di migliaia in tutta la Turchia le persone che ieri hanno voluto salutare Berkin Elvan, la settima vittima di Gezi morta due giorni fa a 15 anni dopo 269 giorni di coma. A Istanbul, impressionante il corteo funebre che a stento si muove in mezzo a una folla gigantesca con bandiere, cartelli, foto del giovanissimo ragazzo, e che alterna slogan di affetto per lui e di protesta contro il premier Erdogan e la polizia; Katil var! “ Al’assassino! “ È l’epiteto che gli viene rivolto più spesso. La tensione sale molto nei momenti in cui il corteo o le sue code si trovano a passare vicino a cordoni di polizia schierati e zone transennate. Diverse sedi e centri elettorali dell’AK, il partito di Erdogan, vengono attaccati e distrutti.

Il silenzio è calato solamente dentro il cimitero, dove si sono accalcati uomini e donne di tutte le età che hanno seguito commossi la cerimonia, con preghiere, canti, slogan di lotta. Diversi familiari e amici di Berkin si sono sentiti male.

Nemmeno davanti al lutto cosi pesante, a una costernazione cosi profonda è cambiato l’atteggiamento del del governo. I punti sensibili erano fin dalle prime ore del giorno un tappeto di agenti in borghese ed in tenuta antisommossa, e i toma, i famigerati mezzi blindati muniti di cannoni idranti, posizionati e pronti ad intervenire. Nel pomeriggio, mentre la cerimonia funebre è ancora in corso, vengono attaccate le migliaia di persone che si sono concentrate in una zona intermedia per arrivare al cimitero, mai raggiunto. La notizia dei disordini riecheggia e carica ancora di più le altre migliaia di persone che dal Cimitero si dirigono verso piazza Taksim. E’ la guerra. Vengono scaricate per ore tonnellate di lacrimogeni e utilizzato getti di acqua pressurizzata addizionata di agenti chimici sulle persone, che si difendono con barricate, pietre, fuochi di artificio. Interi quartieri vengono devastati dagli scontri. A tarda notte ancora riecheggiano cori e Corso Istiklal, la via principale del centro di Taksim, è occupata dalla polizia.

Il bilancio è pesante: due morti, un poliziotto a Dersin, colpito da infarto provocato dai lacrimogeni, e un civile a Istanbul, in seguito a una colluttazione fra membri dell’AKP e del MHP, il partito ultranazionalista. Molti feriti e circa 150 arrestati. Il Premier Erdogan che nei giorni scorsi non ha speso una parola sulla morte del giovane Berkin, oggi tuona “me la pagherete”, addossando ai partiti dell’opposizione la responsabilità dei disordini, per aver trasformato i funerali in una manifestazione antigovernativa.

*Istanbul 13.03.2014

Leggi anche Turchia, un’altra giornata di lutto e rabbia, il reportage di Serena Tarabini sulla ore successive alla morte di Berkin Elvan

Il corteo funebre

Una delle sedi dell’Akp distrutte

Il momento della sepoltura di Berkin

Via Berkin Elvan

Scontri nelle strade

Barricate in fiamme