DIRITTI
Obiettori fuori dagli ospedali, subito!
Stamattina ci siamo svegliate con una notizia raccapricciante: il 28 ottobre del 2010 presso l’Ospedale Pertini di Roma una giovane donna ha abortito, da sola nel bagno dell’ospedale. I medici e gli infermieri di turno si sono rifiutati di assisterla perché tutti obiettori.
Valentina, dopo aver appreso al quinto mese della grave malattia del feto che portava in grembo, ha scelto di interrompere la gravidanza. Dopo lunghe e penose ricerche è finalmente riuscita a trovare un medico, l’unico non obiettore, che le garantisse il ricovero per l’aborto terapeutico. Dopo 15 ore di travaglio (il parto è indotto nell’aborto terapeutico), in seguito al cambio di turno del corpo medico, ha avuto inizio il suo incubo – e quello di molte altre donne – nel labirinto dell’obiezione di coscienza.
Se l’articolo 9 della legge 194/78 garantisce per il personale sanitario la possibilità dell’obiezione di coscienza, “non lo esonera dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento” così come impone a ospedali e cliniche autorizzate di “assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza”.
Si tratta evidentemente di abusi perpetrati ai danni delle donne utilizzando strumentalmente motivazioni moralistiche, ideologiche e religiose che non dovrebbero avere cittadinanza tra medici e paramedici di ospedali pubblici.
Il motivo ideologico dell’obiezione di coscienza muta forma e diventa volontà punitiva e persecutoria quando diventa pratica diffusa e organizzata, quando l’obbligo di soccorso e assistenza può tranquillamente essere omesso a fronte della propria scelta ideologica, vera o di comodo che sia.
Il sabotaggio sistematico della legge 194, l’ambiguità e incompletezza della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, denunciano un pericoloso e odioso atteggiamento violento e misogino legittimato dallo Stato sui corpi delle donne.
Dopo l’allarme lanciato dai medici non obiettori sull’impossibilità, in tendenza, di praticare l’IVG negli ospedali italiani, e dopo aver registrato l’aumento degli aborti clandestini, non abbiamo bisogno di altri casi come quello di Valentina per imporre un deciso cambio di passo. Vogliamo rispetto! Esigiamo rispetto!
Valentina è una donna coraggiosa, con la sua denuncia difende tutte noi. Tutte noi dobbiamo difendere lei facendo in modo che tutto questo non accada mai più, che la nostra vita sia sempre e solo nelle nostre mani.
Dopo essere tornate in piazza a rivendicare libertà di scelta e autoderminazione lo scorso 8 marzo e nelle azioni dei giorni precedenti, dichiariamo guerra all’obiezione di coscienza nei reparti di ginecologia degli ospedali pubblici e torneremo da domani in piazza a gridare #IODECIDO !
Foto di Giuseppe Matese, scattata al corteo romano dell’8 marzo 2014