ROMA
Trastevere: la resistenza del San Calisto, ultima casa degli abitanti del Rione – Disneyland
Trastevere è diventato un b&b e un ristorante a cielo aperto e i pochi abitanti rimasti se ne vanno. È un circolo vizioso. Meno abitanti, più turisti, più movida. E la movida viene accollata a chi resiste, al Bar San Calisto.
Sabato notte una Panda bianca ha sparato musica a tutto volume in piazza San Calisto. Per questo lo storico bar che affaccia sulla piazza è stato chiuso per tre giorni per ordine del Questore. Episodi come quello della Panda bianca sono all’ordine del giorno a Trastevere, rione popolare diventato divertimentificio della Capitale. Il Bar San Calisto e la vicina Pizzeria da Ivo sono alcuni dei pochi esercizi che hanno resistito al ricambio continuo di attività commerciali degli ultimi anni. Accanto al San Calisto, lo storico ristorante Paris ha da poco chiuso i battenti proprio a causa della movida notturna ed è stato trasformato nell’ennesimo ristorante turistico del rione. Sopra lo storico bar, dove una Peroni costa ancora 1 euro e 50, le case sono tutte su Airbnb.
Ai tavolini all’aperto del bar San Calisto ci trovi la gente del quartiere a tutte le ore del giorno, se trovi posto finisci nel vortice di conversazione che si sviluppa da un tavolino all’altro, dove non vedi quasi mai un telefono cellulare. Temistocle, uno dei trasteverini storici del rione, ci racconta del grande spopolamento del rione mentre gioca a carte con gli altri «dinosauri» del rione, come li chiama lui. Ci raccontano di quella volta che gli fecero la multa per occupazione di suolo pubblico, perché giocavano a carte in strada. Poco più in là, i tavolini dei ristoranti turistici ostruiscono il passaggio pedonale verso piazza Sant’Egidio, dove fiumi di turisti fanno la fila attratti dalle esposizioni di cibo sulle tovaglie a quadretti dei nuovi ristoranti.
Trastevere è il rione dei turisti, ma è anche «rifugio dei pentiti di Roma nord», mi racconta un trasteverino. «Radical chic che giocano a fare i trasteverini. Si comprano attici, fanno i finti di sinistra e poi fanno chiudere attività storiche che hanno l’unica colpa di lavorare lì sotto da quarant’anni». La chiusura del San Calisto non è il primo episodio del genere; poco tempo fa era toccato a un altro ristorante nei paraggi.
Non è da meno la «colonizzazione della John Cabot: oggi con tre studentati nel rione e una palazzina per gli alloggi l’Università ha creato un rione nel rione. Gente che non impara una parola d’italiano durante i corsi e che si frequenta solo tra loro». I prezzi stracciati degli alloggi su Airbnb hanno trasformato un turismo sano in qualcos’altro: «turisti che vengono qui, lasciano soldi solo ai minimarket e spesso adottano usi e costumi nostri, provando il brivido di gettare le cose a terra, deturpare porte e mura e molto altro».
Se i panni stesi, sinonimo di povertà e degrado, erano stati il pretesto per distruggere i quartieri popolari nel centro di Roma nel secondo dopoguerra, quelli stesi in vicolo del Cedro rappresentano oggi un’attrazione pittoresca per i turisti di passaggio, «che quando non ce stanno secondo me l’amministrazione telefona: Guardate che arrivano…» – racconta un trasteverino intervistato da Federico Scarpelli.
Se le case conviene affittarle ai turisti, la movida poi però dà fastidio. Che il problema della vivibilità del rione-Disneyland sia accollato proprio all’ultimo baluardo di vera socialità trasteverina «sembra quasi calcolato», mi dice un trasteverino. I panni stesi vanno bene perché attirano i turisti, quelli che difficilmente trovi al San Calisto, ritrovo degli ultimi abitanti di Trastevere.