DIRITTI

Centinaia in assemblea “Il 15 febbraio chiudiamo Ponte Galeria”

“Chiudiamo Ponte Galeria, mai più Cie”. Questa è stato lo slogan che si è alzato ieri a gran voce dall’assemblea riunitasi ieri al Nuovo Cinema Palazzo di San Lorenzo. La Roma meticcia delle occupazioni di casa, delle scuole di italiano, degli sportelli di supporto legale e delle numerose associazioni[..] che da anni si battono per i diritti dei migranti hanno animato l’assemblea verso il 15 febbraio, giorno in cui si manifesterà sotto il Cie di Ponte galeria, chiedendone la definitiva chiusura.

L’assemblea è stata aperta da Guido dello spazio ospitante, che ha sottolineato come dopo decenni di politica giustizialista, sia giunto il momento di aprire in Italia una battaglia per il garantismo, una lotta per un nuovo codice penale che sappia denunciare le condizioni nelle carceri italiane ma si impegni anche a cambiare alcune leggi che ledono le libertà di molti individui, dalla legge Bossi-Fini sull’immigrazione alla Fini-Giovanardi sulle droghe.

L’assemblea è stata ricca di interventi, tante sono state le realtà di movimento intervenute: i movimenti per il diritto all’abitare, Esc_Infomigrante, Yo Migro, Scup, Degage, Anomalia Sapienza. La discussione è stata ampia e partecipata e ha coinvolto anche numerose realtà dell’associazionismo come LasciateCIE entrare e l’Arci Roma. A partire dalle varie esperienze e dai diversi approcci, tutti i discorsi hanno trovato un punto in comune: la necessità di chiudere Ponte Galeria e l’irriformabilità dei Cie. I centri di detenzione per migranti non possono essere luoghi migliorabili, o resi umani da possibili cambiamenti. Come hanno dimostrato decine di inchieste e denunce, le condizioni all’interno di questi centri violano palesemente i diritti fondamentali delle persone: la chiusura è un atto necessario e non più rimandabile.

Tra i vari interventi ha assunto centralità il tema “Fortezza Europa” che blindato i confini esterni, rendendo estrememente difficile ai migranti arrivare nei paesi del vecchio continente. Regolamenti liberiticidi, come quello denominato Dublino, impediscono la libera circolazione dei migranti nello spazio Schengen. Un’attivista tedesca del Refugee Strike ha raccontato le lotte dei rifugiati e dei richiedenti asilo di Amburgo e Berlino, giunti in Germania attraversando Lampedusa e che adesso il governo vorrebbe espellere verso l’Italia; un caso che sottolinea come la lotta contro i confini e per la libertà di movimento si deve necessariamente estendere su un terreno transnazionale ed europeo. Dal Cara di Castel Nuovo di Porto in collegamento telefonico un “ospite” ha raccontato le condizioni di vita nel centro, anche a seguito dell’alluvione che ha completamente allagato il centro. Salvatore Fachile dell’ASGI (Associazionie studi giuridici sull’immigrazione) con un prezioso intervento ha spiegato perché quella approvata in parlamento non è l’abolizione di clandestinità e l’ipocrisia del potenziamento dello Sprar.

Quella di ieri è stata un’assemblea ricca e plurale, in cui realtà molto diverse tra loro si sono ritrovate intorno a una comune rivendicazione: la necessità di chiudere Ponte Galeria e l’irriformabilità dei CIE. Un momento prezioso per avviare una campagna che non si concluda il giorno del corteo, ma ponga le basi per andare avanti fino alla chiusura di Ponte Galeria e di tutti i CIE ancora in funzione: solo 5 su 13. Gli altri sono stati chiusi dalle rivolte dei migranti reclusi, che li hanno resi inagibili e ingovernabili.

La lotta contro i CIE deve essere intesa come un punto di partenza per la trasformazione radicale dell’intero impianto legislativo che governa le migratori producendo morti nel Mediterraneo, sfruttamento e subalternità nello spazio europeo. Una lotta che riguarda tutti quanti e che può essere affrontata soltanto da un movimento realmente meticcio, come il serpentone che ha invaso Roma lo scorso 18 dicembre mentre a Piazza del Popolo qualche forcone e neofascista sventolava il tricolore. Un movimento che deve spazzare via ogni ipocrisia istituzionale o umanitaria sui confini e sui lager di Stato chiamati CIE.

Le foto dell’assemblea sono di Giuseppe Matese