EUROPA
Spagna, “le città non si vendono”. Migliaia in piazza
La massificazione del turismo, l’ingresso dei fondi di investimento nel mercato immobiliare, il sistema di trasporto pubblico o la mancanza di spazi verdi sono alcuni dei temi su cui si è manifestato in molte città spagnole.
Lo scorso 12 maggio, migliaia di persone sono scese in piazza in otto città della Spagna in una manifestazione congiunta sotto il lemma “Non Si Vende” per difendere il diritto alla città e protestare contro la speculazione, la massificazione del turismo e la mercificazione.
A Las Palmas, nelle isole Canarie, decine di persone hanno partecipato al corteo iniziato alle 11 in Plaza Saolo Torón, una delle zone più care della città. I manifestanti, vestiti in pigiama e portandosi dietro materassi e coperte, si sono diretti verso Plaza del Pilar cantando “Nel mio letto c’era un inglese, nel bagno una norvegese e in cucina un francese. Dove ca**o sta mia nonna?”, in chiaro riferimento alla massificazione del turismo che colpisce le Canarie e provoca un aumento del costo degli immobili.
Le prime città che hanno seguito l’appello della manifestazione Non Si Vende sono state Siviglia e Malaga. A Malaga, che ha ospitato la manifestazione con maggior seguito, 2500 persone hanno partecipato al corteo partito alle 12 dalla centralissima Plaza de la Constitución e che ha attraversato le strade della città.
Malaga “Non Si Vende” – El Salto Andalucía
La manifestazione, che si è svolta in un clima molto festoso, è stata caratterizzata dalla presenza di numerosi collettivi e movimenti territoriali di Malaga. Tra questi, “Ecologisti in Azione” [federazione di circa 300 gruppi ecologisti in tutta Spagna, attiva dal 1998 – ndt], la sezione locale della PAH [“Plataforma de Afectados por la Hipoteca”, Piattaforma delle Vittime dei Mutui”- rete sociale per il diritto all’abitare attiva in tutta la Spagna – ndt], “Animalisti in Azione” e il Coordinamento della ONG “Malaga Solidale”. Tra la ventina di gruppi presenti si è notata la presenza del neonato “Sindacato delle Inquiline e degli Inquilini di Malaga” e del collettivo “La Casa Invisible” [centro sociale occupato nel 2007 – ndt] che ha confermato il grande sostegno cittadino alla propria rivendicazione per ottenere la cessione diretta dell’immobile da parte dell’Ayuntamiento di Malaga.
La manifestazione contro la mercificazione di Malaga – El Salto Andalucía
I diversi collettivi presenti alla manifestazione hanno annunciato che continueranno ad organizzarsi per difendere il diritto alla città e a tal fine hanno indetto un’assemblea in Plaza de la Constitución per il prossimo 15 maggio in occasione dell’anniversario del movimento del 15M.
A Siviglia, invece, è stata realizzata un’azione comunicativa sotto “La Giralda” [nome della torre campanaria della cattedrale di Siviglia, una delle attrazioni principali della città – ndt]. “Lavoriamo da un anno per il diritto alla città, per il modello di città che vogliamo costruire e per il tipo di turismo che vogliamo nelle nostre città” ci spiega una delle partecipanti, aggiungendo che “Vogliamo continuare a vivere nei nostri quartieri e vogliamo che diventino luoghi in cui si possa vivere ed abitare invece che delle vetrine per i turisti come avviene adesso”.
Un membro dell’Assemblea contro la Turistificazione di Siviglia distribuisce volantini – El Salto Andalucía
Anche a Valencia e Mallorca i cortei “Non Si Vende” sono stati convocati alle 12. Per quanto riguarda Valencia, la manifestazione consisteva in una serie di attività che si sono svolte sul Pont de Les Flors [“Ponte dei Fiori” – ponte costruito da Calatrava e oggetto di numerose critiche per gli elevati costi di manutenzione delle decorazioni floreali presenti – ndt]. Decine di persone hanno partecipato fino alle 19 ai dibattiti, ai workshop e agli spettacoli musicali e teatrali per rivendicare il diritto alla città.
A La Coruña è iniziato tutto mezz’ora più tardi. Qui sono in gioco i più di 400.000 metri quadrati del porto antico nelle zone centrali della città. In seguito alla costruzione del Porto Esterno di Punta Langosteira, tutte le attività portuali sono state trasferite ad ovest della città, lasciando inutilizzate tre zone del porto antico: i moli di Bateria e Calvo Sotelo (500.000 metri quadrati) e quelli di San Diego (396.000 metri quadrati).
La “Commissione Aperta in Difesa dei Beni Comuni”, piattaforma cittadina che raggruppa vari collettivi e sindacati locali e che ha indetto la manifestazione, denuncia come le istituzioni controllate dal Partito Popolare (in questo caso la Giunta Regionale della Galizia e l’Autorità Portuale) abbiano preso accordi alle spalle dei cittadini e dello stesso Ayuntamiento (guidato da Marea Atlantica [coalizione cittadina che raggruppa vari partiti di centrosinistra – ndt]) per la vendita dei terreni del vecchio porto per poter costruire appartamenti, alberghi e centri commerciali sul litorale. A La Coruña si contano più di 200.000 appartamenti vuoti e un gran numero di centri commerciali, alcuni già chiusi e altri in cui sono sempre meno le attività commerciali che rimangono aperte.
Nel pomeriggio le proteste sono continuate con gli appuntamenti di Madrid e Barcellona. Già mezz’ora prima dell’inizio della manifestazione di Madrid, convocata per le 19, più di cento persone si erano radunate in Plaza de Lavapiés per poi sfilare insieme fino a Plaza Canalejas, punto di inizio della manifestazione. Altre persone si sono aggiunte al corteo spontaneo e a poche decine di metri dall’arrivo erano 300 le persone che marciavano insieme al grido di “Lavapiés non si vende, Lavapiés si difende”, nonostante la manifestazione non fosse ancora iniziata. Lavapiés è una zona centrale di Madrid, tra le più colpite dall’aumento del numero di appartamenti per turisti.
Passando davanti al civico 35 di Calle Olmo, dove si trova un edificio acquistato da dei fondi di investimento speculativi, i manifestanti si sono fermati per scandire slogan contro la speculazione.
Centinaia di manifestanti a Lavapiés per la manifestazione Madrid Non Si Vende – El Salto Madrid
Alle 19, le persone radunate nella Plaza Canalejas di Madrid erano già arrivate al mezzo migliaio. Insieme all’Operazione Chamartín [progetto di riqualificazione della zona nord di Madrid, a ridosso della stazione ferroviaria Chamartín – ndt], l’edificio principale di questa piazza è diventato uno dei simboli della speculazione urbanistica, fin da quando fu acquistato e demolito, tranne la facciata, dalla ditta di costruzioni OHL (di proprietà dell’imprenditore Miguel Villar Mir, imputato nel “Caso Lezo” [indagine giudiziaria per corruzione all’interno del Governo della Comunità di Madrid in cui sono coinvolti dirigenti del Partito Popolare – ndt]) per costruire un hotel di lusso e un centro commerciale.
“Siamo scesi in piazza per rivendicare condizioni minime per poter vivere: reddito e casa ma non solo, perché non ci accontentiamo di condizioni minime, vogliamo una vita degna” ha dichiarato Veda de Lacalle, una delle persone che hanno lavorato per la costruzione della manifestazione Madrid Non Si Vende. “Lo affermavano le femministe più di 60 anni fa e crediamo che non possa esserci vita degna se non si pone al centro del dibattito la riproduzione della vita. Crediamo che il diritto alla città si concretizzi ponendo la sostenibilità della vita come asse portante”.
A differenza della manifestazione Madrid Non Si Vende dell’anno scorso, svoltasi subito dopo quella di Barcellona e terminata con l’occupazione dello stabile che da più di un anno ospita il centro sociale “La Ingobernable”, De Lacalle faceva notare come la massificazione del turismo, identificata come problema principale del centro di Madrid e come realtà molto più cinica in relazione all’estromissione degli abitanti dai quartieri, non riguarda ormai più solo Madrid ma tutte le città della Spagna.
La proliferazione degli appartamenti per turisti è uno dei problemi riscontrati, nonostante le ultime buone notizie: il governo della città ha annunciato di voler rendere illegale il 95% di questi appartamenti nel distretto Centro di Madrid. “Sono stati obbligati per il clamore suscitato”, dice De Lacalle “E’ stato grazie al lavoro che abbiamo svolto e per questo dobbiamo continuare a scendere in strada”.
“Sentiamo di avere il bisogno di spazi che permettano di parlare della politica reale della città e di quello che ci succede intorno” afferma Pablo García Bachiller della “Oficina de Urbanismo Social” [spazio aperto di lavoro e sperimentazione nel campo della riabilitazione materiale e sociale di edifici e spazi attivo su tutto il territorio nazionale – ndt], aggiungendo che “Quella a cui assistiamo è la fine decadente del progetto neoliberista della città, particolarmente aggressivo nei confronti delle persone più vulnerabili”.
Oltre alla giornata di manifestazioni e cortei del 15 maggio sono previste altre iniziative sul tema “Non Si Vende”. Una di queste si svolgerà a Granada. La protesta, che si terrà il 19 maggio alle 19:30 a Plaza del Carmen, è stata convocata da 40 organizzazioni tra cui la PAH e la APDHA [“Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía”, Associazione dell’Andalusia Per i Diritti Umani – ndt]. Tra i temi rivendicati ci sono l’applicazione della Ley de Dependencia [Legge per l’autonomia delle persone in situazioni di dipendenza, approvata dal governo Zapatero nel 2006 – ndt], il diritto ad un lavoro degno, i diritti delle donne ed un sistema ferroviario che non marginalizzi la città. A Pamplona, invece, la manifestazione si terrà il 20 di maggio.
Articolo pubblicato su El Salto
Traduzione di Michele Fazioli per DINAMOpress