MONDO

Perù, indulto all’ex dittatore Fujimori: esplodono proteste popolari

La notizia dell’indulto all’ex presidente condannato per crimini di lesa umanità ha scatenato una enorme mobilitazione popolare in Perù. Quali sfide per le lotte sociali in questa nuova fase?

Alberto Fujimori è stato presidente del Perú dal 28 luglio del 1990 fino al 21 novembre del 2000. Nel 1992, dopo due anni di governo, con un autogolpe ha eliminato tutta l’opposizione politica nelle istituzioni, ha sciolto il Congresso della Repubblica, ha perseguitato gli oppositori politici e ha accumulato illegalmente 600 milioni di dollari di fortuna personale (dati della ONG Transparency International), di cui solamente 160 sono stati restituiti allo Stato nel 2009. Dopo un decennio di governo è stato arrestato nel 2005 in Cile e poi condannato a 25 anni di carcere nel 2009 per crimini di lesa umanità e corruzione, per sequestro, assassinio e responsabilità nel massacro di Barrio Altos (15 persone uccise dall’esercito nel 1991) e La Cantuta (strage di un professore e nove studenti condotta a termine del 1992 da uno squadrone dell’esercito comandato dal presidente stesso). È stato liberato ieri grazie all’indulto, dopo soli dieci anni, per motivi “umanitari”. Dopo la notizia del provvedimento firmato dal Presidente de Perú, Pedro Pablo Kuczynski, migliaia di persone hanno protestato nelle piazze di tutto il paese. I familiari delle vittime del terrorismo statale, invece, hanno denunciato la violazione del principio di imparzialità che sta dietro la decisione del presidente di concedere questo beneficio. Tale scelta si inserisce in un accordo politico con l’ultradestra a fronte degli scandali legati alla corruzione dell’attuale presidente, che sempre ieri ha rischiato di essere destituito ed è stato salvato proprio dai voti del fujimorismo. L’attuale presidente è in carica dallo scorso anno, quando ha vinto il ballottaggio contro la candidata fujimorista Keiko Fujimori, figlia dell’ex-dittatore, che aveva ottenuto quasi il 40% al primo turno (contro il 22% dell’attuale presidente e il 18% della candidata di sinistra). Appena annunciato l’indulto la notte del 24 dicembre decine di migliaia di peruviani in tutto il paese sono scesi in piazza. Il 25 dicembre la mobilitazione si è svolta in diversi luoghi: al palazzo del governo, al Ministero della Giustizia, alla casa del presidente e anche alla Clinica Centenario dove si trova Fujimori in terapia intensiva. Diversi collettivi e organizzazioni hanno annunciato una nuova mobilitazione per il 28 dicembre alle cinque del pomeriggio (ora locale) convocandola con lo slogan “Manifestazione nazionale Mai più Fujimori”. Per approfondire la situazione, pubblichiamo le riflessioni di Victor Miguel a poche ore dai fatti, tradotte da DINAMOpress.

Represión policial en marcha contra el indulto

#25D #FujimoriNuncaMás #IndultoEsInsulto #MediosLibresPE #RepresiónMiles de personas llegaron al centro de Lima en rechazo del indulto ilegal al ex dictador Alberto Fujimori, quien tiene una sentencia de 25 años por delitos de lesa humanidad. Luego de superar el cerco policial diversos grupos tomaron plazas, calles y avenidas del centro histórico. Medida que fue reprimida por efectivos policías que no dudaron en hacer uso de la fuerza para contener la rabia e indignación de los y las manifestantes. Se espera una nueva movilización para el día Jueves 28 de diciembre, para exigir el respeto a la justicia, la memoria y dignidad de nuestro pueblo !*Cobertura colectiva por medios libres (Lima, Perú)

Pubblicato da Radio Bomba su Martedì 26 dicembre 2017

Non importa chi lo ha fatto e come. L’indulto a Alberto Fujimori concesso da Pedro Pablo Kuczynski (PPK) chiude il ciclo della governamentalità democratica post-dittatura in Perù e, come segnala il compagno Albel Gilvonio, “apre nuovi percorsi di organizzazione, mobilitazione e scontro con il sistema attuale, al di là delle vie istituzionali”. Non importa “chi” sia stato, perchè sappiamo che il PPK continua a operare nello Stato secondo la stessa razionalità di governo fondata da Fujimori nel 1990 sul sangue delle vittime innocenti, le desapariciones di dirigenti sociali e giornalisti, le sterilizzazione forzata delle donne contadine e così via, tutte azioni che hanno permesso la costruzione di un sistema basato sull’impunità, il clientelismo e la corruzione. Proprio per la responsabilità in questi atti l’ex presidente Fujimori fino a poche ore fa stava scontando una pena carceraria la cui fine era prevista nel 2032. Non importa “chi” sia stato perché ci troviamo di fronte ad una questione che chiama in causa la memoria storica, di fronte alla quale le sinistre, i movimenti sociali e i cittadini non hanno bisogno alcuno di avanguardie, di contese né programmi di governo predefiniti. Siamo davanti ad una esigenza ed al tempo stesso di una opportunità che ci hanno imposto, e l’unico programma possibile adesso è la piazza e la mobilitazione, laddove vi è una nuova etica e nuove relazioni da tessere. Non più ricatti imposti da quelli che da sempre ci governano. Non più una “cattiva destra” e una “destra buona”. Non esiste più la “minaccia” di vedere Fujimori in libertà. Non ci sono più scuse per divisioni. Oggi la strategia e la tattica convergono (o si dissolvono) nell’unico proposito di non lasciare passare l’infame patto natalizio del PPK.

La critica e la piazza. Il piano e l’azione. Che tipo di democrazia ci ha portati fin qui? Che significato ha il radicamento popolare del fujimorismo e come si è legittimato negli ultimi anni sul piano elettorale? Che significa il cambiamento da una governabilità basata sul Terrorismo di Stato ad un fujimorismo senza Fujimori? Che succede con le irruzioni che mettono in discussione per alcuni momenti l’ordine neoliberale e i modi in cui lo Stato sussume quelli che cercano di riformarlo? Come possiamo comprendere da differenti prospettive di sinistra queste moltitudini che non si sono mai trovate in armonia con questo modello e non hanno mai rinunciato all’antagonismo di piazza? Di quali classi di lotte e alleanze abbiamo bisogno per ottenere la vita che vogliamo?

Si tratta di domande urgenti a cui non possiamo rispondere senza un incontro concreto con le moltitudini in lotta. Ancora una moltitudine che faccia naufragare il modo di operare dello Stato, come accaduto nel luglio del 2000 con la “Marcha de los Cuatro Suyos” (ispirata dai quattro punti cardinali dell’Impero Inca) che provocò la fine del fujimorismo, al di là dei personalismi e delle leadership che hanno assunto in seguito la rappresentanza politica. La storia non si ripeterà, ma i fatti recenti insistono sulla necessità di recuperare la disobbedienza plebea nelle piazze. Non ci sarà pace duratura senza giustizia che si rispetti. Per le vittime dei Barrios Altos e della Cantuta. Noi non possiamo dimenticare.

Foto: Musuk Nolte para Ojo Público

Articolo pubblicato in spagnolo su: LoboSuelto

Traduzione di DINAMOpress