La rivolta in Brasile, una sfida “mondiale”
Cinque indizi: le sfide future, i perchè e i precedenti della rivolta – tratto da marcha.org.ar
Non si tratta più solo di San Paolo. Questo lunedì migliaia di brasiliani sono scesi in piazza nelle principali città del paese. Si tratta delle più grandi manifestazioni nel paese dopo le lotte per le elezioni dirette del 1980. Brasilia, Belém, Salvador, Curitiba, Belo Horizonte, Vitoria, Porto Alegre, Rio de Janeiro e San Paolo. In queste ultime sono scesi in piazza in centomila secondo gli organizzatori. Dai primi anni ottanta che non si vedevano così tante persone scendere in piazza in Brasile. Le mobilitazioni sono iniziate meno di un mese fa a causa dell’aumento del biglietto degli autobus e si sono poi sviluppate in diverse città brasiliane.
Dopo ogni manifestazione, vi sono state pesanti risposte repressive ma al tempo stesso numeri sempre maggiori in piazza. All’aumento dei biglietti si è unita la rabbia per l’inizio della Confederations Cup, quindi le proteste fuori dagli stadi. Ma guardando con maggiore attenzione alla situazione notiamo come già da alcuni mesi i brasiliani stanno mettendo in luce come l’attuale modello politico-economico non risolve i problemi sociali: ricostruiamo qui alcuni indizi utili alla comprensione dei fatti.
In una scena del film “Queimada” di Gillo Pontecorvo, l’agente inglese William Walker, impersonato da Marlon Brando, dice “A volte le contraddizioni di un intero secolo appaiono in un solo decennio”. Parafrasando possiamo dire che in Brasile le contraddizioni degli ultimi 15 anni si stanno rivelando nell’ultima settimana.
Precedenti
L’anno scorso gli indigeni hanno mostrato la loro insoddisfazione con azioni radicali. Alcuni confrontandosi con la questioni delle grandi opere, come il complesso idroelettrico di Belo Monte nella zona nord del paese oppure con l’espansione deldel settore agroalimentare, aspetti che colpiscono pesantemente i loro territori.
Contro le previsioni di chi individuava in queste lotte gli interessi particolari di una piccola parte del popolo brasiliano, i lavoratori di Belo Monte hanno accolto l’occupazione indigena contro la costruzione della centrale idroelettrica. Quegli stessi lavoratori avevano scioperato poco prima per l’aumento dei salari e per richiedere migliori condizioni di lavoro. Anche senza parole d’ordine comuni e apparentemente legati ad interessi corporativi non corrispondenti, i lavoratori di Belo Monte hanno riconosciuto gli indigeni come fratelli. Questo è stato il primo indizio.
Negli stati del Mato Grosso do Sul, Mato Grosso, Río Grande do Sul y Paraná, durante l’ultimo mese, gli indigeni hanno affrontato con blocchi stradali e occupazioni di terre l’arretramento delle politiche di riconoscimento e delimitazione dei loro territori che il governo ha portato avanti su pressioni dell’industria agroalimentare. Hanno affrontato la repressione poliziesca e le azioni dei pistoleros (gruppi paramilitari al servizio dei padroni ndr) che hanno causato la morte di due indigeni del Mato Grosso del Sud: un terena e un guaraní-kaiowá. In questo stato il movimento dei lavoratori rurali senza terra, le comunità rurali di discendenti di schiavi e altri movimenti contadini si sono mobilitati al fianco degli indigeni per tre giorni, organizzati come Povos della Terra, rivendicando terra per vivere e lavorare. Questo è stato il secondo indizio.
La ribellione contro l’aumento dei biglietti
L’aumento delle tariffe dei biglietti nella maggior parte delle città ha dato vita ad un movimento giovanile per il “biglietto gratuito”. Durante i primi mesi dell’anno ci sono state mobilitazioni di massa che in alcuni casi hanno avuto successo impedendo l’aumento dei costi del biglietto in città quali Porto Alegre e Goiania. Quel che rimase fece da lezione: la lotta paga. Ma è stato durante la scorsa settimana che le mobilitazioni contro l’aumento dei costi del trasporto urbano sono diventate effettivamente una questione politica nazionale.
In occasione della prima mobilitazione una forte repressione ha colpito i giovani che hanno rilanciato con una seconda mobilitazione ancor più numerosa,di fronte alla quale lo Stato ha raddoppiato l’impegno repressivo e le mobilitazioni sono cresciute ancor di più, estendendosi a tutto il paese: nonostante la propaganda dei media mainstream i sondaggi rendono chiaro l’appoggio della maggior parte della popolazione nei confronti delle proteste. A nulla sono servite le campagne contro il “vandalismo”. Questo è il terzo indizio.
Nell’ultima manifestazione a Belo Horizonte non c’è stata repressione poliziesca perché la comandante della polizia si è rifiutata di applicare l’ordine giudiziario che imponeva la repressione. Ha preferito appellarsi alla Costituzione del paese che permette la libertà di manifestare ritenendo questa legge di valore superiore rispetto alla richiesta repressiva. Questo è il quarto indizio, anche se questo fatto può essere anche legato a questioni elettorali.
Il Brasile dei Mondiali.
Se i recenti scioperi dei maestri sono stati repressi duramente e il salario dei docenti è stato ulteriormente compresso meno di un mese fa nello Stato del Cearà, emerge in maniera chiara il contrasto tra queste politiche e i “generosi” investimenti statali per le infrastrutture legate alla Confederations Cup e ai Mondiali di calcio. Queste opere, assieme al saccheggio di sempre maggiori aree per operazioni di speculazione immobiliare legata a questi eventi, hanno provocato sgomberi di migliaia di famiglie.
Questi grandi investimenti statali non solo hanno favorito solamente le grandi imprese di costruzioni ma hanno anche creato un contesto favorevole allo sviluppo di speculazioni, vferi e propri affari per queste stesse imprese. L’avvertimento di una “sospensione” dei diritti democratici durante il campionato mondiale non ha fermato le lotte. Gli abitanti dei quartieri toccati dalla speculazione, sia rispetto alle proprie condizioni di vita che rispetto all’orientamento degli investimenti statali volti a favorire il turismo, si sono mobilitati durante le partite di calcio della Confederations Cup, secondo diversi livelli di organizzazione nelle città di Brasilia, San Paolo e Rio de Janeiro. Questo è il quinto indizio.
Indizi di cosa? Dell’esaurimento di una fase calante delle lotte sociali in Brasile. Del rifiuto attivo del modello “neosviluppista” da parte delle classi popolari. Indizi non solo della necessità ma anche della possibilità di una nuova articolazione delle lotte contro l’espansione capitalistica. Una nuova alleanza che sappia mettere in questione la riconfigurazione dei rapporti tra le le classi operata dal capitale in espansione. Indizi di una azione diretta continua che proprio a causa della sua persistenza e dello scontro che mette in atto mira ad espandersi e continuare a lottare per ottenere con le lotte conquiste reali. Per questo è così importante fermare l’aumento del biglietto.
Non solo perché i prezzi dei biglietti li subiscono le classi popolari, anche se proprio i precari son quelli più vulnerabili e maggiormente colpiti dall’aumento. Ma soprattutto perché questa lotta è una possibilità di mutuo riconoscimento e complicità tra le classi popolari per immaginare lotte a venire, con parole d’ordine comuni e per costruire un progetto di paese incentrato sui diritti e non sul profitto del grande capitale.