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Ostia! L’epica minore della città periferia
Un libro, un territorio, tante storie. Nella Roma da cui si vede il mare.
Pasolini, il lungomare e la rotonda, l’Idroscalo e le case popolari, il trenino Roma-Lido. La musica reggae e il surf, la lotta per la casa di ieri e quella di oggi, l’ex Colonia Vittoria Emanuele, pirati e ravers. L’Amore Tossico e il mare, più confine, finis terrae, che traiettoria o sogno esotico. Ostia, città a sé, con un suo centro e la sua periferia, ultimo scampolo di Roma. Divisa, più che unita, da un trenino dove la terra di nessuno viene riempita da quartieri dormitorio.
Tutto questo si trova in un romanzo di periferia, costruito dalle voci raccolte da Territorio Narrante (‘Ostia! Romanzo di una periferia’, edizioni Red Star Press) in un libro che costruisce un’epica minore di strade, piazze e lotte, tra avventure picaresche e proletarie, e il racconto che passa in un attimo dalla prima persona singolare al noi, trasformandosi in una polifonia corale, di storia in storia di voce in voce. Un racconto a tratti melanconico e struggente, come si predispone l’animo di fronte al mare e al ritmo delle onde.
Quattro voci per tutte. Michela Mioni, che narra il muretto di ‘Amore Tossico’, la dipendenza dall’eroina e l’avventura con Claudio Caligari. Tina Ragucci, che narra Piazza (piazza Gasparri, a Ostia Nuova) e di come è arrivata qua da baraccata per decidere di non andarsene più. Emanuel Bevilacqua che narra come la sua famiglia abbia popolato il cinema di Pasolini, sottoproletari catapultati sul grande schermo. Alcuni Ostia Rioterz con le incredibili e irresistibili avventure di un underground leggendario e fecondo.
Territorio Narrante è un collettivo di giovani attivisti del litorale romano, orfani di esperienze precedenti, che si sono ritrovati e hanno messo insieme le parole per raccontare il territorio dove vivono. Perché senza parole in cui riconoscersi, senza racconto non c’è comunità solidale, non c’è futuro immaginabile. E il silenzio viene riempito dal rumore del rancore, da piccole identità per patrie minuscole, dove ad ogni angolo e crocicchio c’è un nuovo ‘noi’ contro ‘gli altri’.
E immaginare un futuro da queste parti, tra la criminalità organizzata che cresce nell’abbandono delle istituzioni e la mancanza di un progetto per il litorale romano non è semplice. Scoloriti render e masterplan di Waterfront, tra casinò, hotel di lusso e isole artificiali, qui sono rimasti gli abitanti del mare di Roma. Soli. Spenti i riflettori e gli interessi di avvoltoi e speculatori, in un cono d’ombra, si tira avanti in un limbo: dai colli della capitale il mare non si vede.