TERRITORI
Venezia è la nostra anima
Riceviamo e pubblichiamo. Una città trasformata in bancomat, sconvolta da una grande e inutile opera, snaturata dal turismo di massa. Ma oltre multinazionali, Mose e grandi navi, c’è chi alza la testa. E chiama a mobilitarsi «per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia» il 23 e 24 settembre.
Foto di copertina di Federico Sutera
Venezia è un bancomat. La città che aveva saputo parlare all’umanità di equilibrio tra terra e mare, è stata trasformata nel bancomat di un conto corrente a perdere. Un conto dove le multinazionali del turismo prelevano quel che c’è da prelevare, senza mai pagare dazio investendo qualche soldo in attivo. Una Venezia tutta da mungere. Fin che dura.
La sentenza del processo dello scandalo Mose, letta giovedì 14 dalla Corte d’Assise, pur dimezzando le pene chieste dal pubblico ministero, ha comunque condannato l’ex ministro Altiero Matteoli a 4 anni di reclusione e al pagamento di 9 milioni e mezzo di euro, ed è la conferma che gli ambientalisti veneziani non si erano sbagliati: la Grande Opera che ha portato disequilibrio in un equilibrio millenario, trasformando la laguna dei dogi in un braccio di mare morto, è figlia della corruzione e soltanto per la corruzione è stata progettata.
A ben vedere, è proprio qui, nella laguna dei dogi, con questo sistema di paratie mobili chiamato Mose, che si sono arrugginite prima ancora di entrare in funzione, che è stato sperimentato, a partire dagli anni ’80, il sistema delle Grandi Opere. Un sistema scientificamente progettato per trasformare l’ambiente in merce, demolire le autonomie locali, svilire la democrazia e dirottare vagonate di finanziamenti pubblici alla corruzione del sistema politico e ad aziende in odor di mafia.
Già. Perché se riesci a devastare una città come Venezia sotto gli occhi del mondo, allora puoi fare tutto ciò che vuoi, in qualsiasi parte d’Italia!
Proprio qui, dove tutto è cominciato, sabato 23 e domenica 24 settembre si sono dati appuntamenti i movimenti di tutta Europa accogliendo l’appello dei No Grandi Navi veneziani a partecipare ad una «due giorni per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia».
Tante le associazioni, tanti gli spazi sociali, tanti i movimenti ambientalisti che confluiranno in laguna per partecipare all’assemblea generale ai magazzini del Sale e alla successiva festa all’aperto tra calli e campielli, con grandi tavolate comuni sistemate lungo la fondamenta. Proprio come si faceva una volta, prima che quasi metà della case di Venezia diventassero hotel di catene internazionali o B&B di proprietà di milanesi o di altri residenti in Terraferma che hanno fiutato il business del turismo.
Ci saranno No Tav dalla Valdisusa, No Muos siciliani, Stop Biocidio campani e No Tap dal Salento. Inoltre, parteciperanno i tedeschi del movimento contro Stuttgard 21, Ciutat per a qui l’habita Palma delle isole Baleari, i portoghesi di Academia Cidadã e il Comité Français Contre la Construction de l’Aéroporte de Notre Dame des Landes e tanti altri ancora. A questo link potete leggere la lista in continuo aggiornamento delle adesioni.
Foto di Valentina Belluno
Il giorno dopo, domenica, l’appuntamento sarà alle Zattere, di primo pomeriggio, per riprendersi la città «par tera e par mar» e riempire la fondamenta di gente e il canale di barche. Ci sarà anche uno zatterone gigante per gli interventi degli ospiti e per le esibizioni di gruppi musicali come i 99 Posse, Cisco dei Modena City Ramblers e altri ancora.
«Sarà una grande festa per tutti i veneziani e per coloro che hanno cuore Venezia – commenta Tommaso Cacciari, portavoce del Laboratorio Morion e del comitato No Grandi Navi -. In questi cinque anni e mezzo di lotta per allontanare questi condomini galleggianti che inquinano come un cementificio anche quando sono ormeggiati, sono saltate fuori le soluzioni più assurde e ridicole. C’è chi voleva scavare il canal Contorta per far passare le navi lontano da San Marco, chi le Tresse, chi voleva fare un altro porto a San Leonardo o a Marghera, e anche chi ha proposto di scavare (testualmente!) una ‘autostrada per grandi navi dietro la Giudecca’ con tanto di autogrill in mezzo! Manca solo la proposta di sostituire il ponte della Libertà con un ponte levatoio per portare le Grandi Navi a Murano e abbiamo completato la lista delle fesserie. La verità è che non sanno dove sbattere la testa e prendono tempo perché da un lato non osano opporsi alle multinazionali crocieristiche, ma dall’altro non possono ignorare che tutte queste ‘soluzioni’ sarebbero il colpo finale per quel fragile equilibrio idrogeologico che ancora mantiene in vita quello che rimane della nostra laguna».
Non solo una battaglia per l’ambiente, quella dei No Grandi Navi, anche se ognuno di questi mostri del mare inquina come quindicimila auto e, ad agosto, sotto il ponte di Rialto si respirava Pm10 come in un tunnel autostradale. E non è neppure solo una battaglia per Venezia, anche se è a Venezia che si gioca la partita.
«In questa città, dove le strade sono fatte d’acqua, battersi per la salvaguardia dell’ecosistema lagunare significa automaticamente battersi per il diritto alla città, per la difesa del suo spazio pubblico, per evitare la distruzione di uno stile di vita unico che è prezioso patrimonio comune» – si legge nell’appello dei No Grandi Navi – «In questo strano luogo, ambiente e città sono la stessa cosa e non è possibile difenderli senza fare i conti con il grande tema della democrazia. Oggi noi abbiamo contro il sindaco, l’autorità portuale, il governo e naturalmente le multinazionali delle crociere. Tutti sordi al grido della città e delle decine di migliaia di persone che in tutto il mondo si indignano».
Già. Perché le condizioni in cui versa l’antica Serenissima sono più conosciute all’estero che in Italia. Avete letto qualche giornale statunitense, inglese o tedesco, questa estate? Oppure vi è capitato di vedere qualche trasmissione mandata in onda dalle televisioni inglesi, svizzere o francesi? Non certo nei media italiani, ma in quelli esteri sono usciti negli ultimi mesi dettagliati reportage che denunciavano le condizioni in cui è precipitata l’ex Serenissima. Solo a titolo d’esempio, ricordo il «Vai a Venezia? Non dimenticarti la maschera a gas» (Heading to Venice? Don’t forget your pollution mask) del Guardian. Oppure «Venezia invasa dai turisti. A rischio di diventare vla Disneyland del mare» (Venice, Invaded by Tourists, Risks Becoming ‘Disneyland on the Sea’) del The New York Times.
Un coro di voci indignate cui il sindaco Gigio Brugnaro – vi sarà, ahimè, capitato di assistere a qualche sua performance contro gli islamici o la “teoria del gender”, in qualche canale Tv, e vi sarete fatti una idea del personaggio – ha risposto che lui vuole fare Venezia «bella come Dubai» e che, per il resto, è tutta una cospirazione dei giornalisti del New York Time. Come se al New York Time, col presidente che si trovano in casa, non avessero altro da fare che cospirare contro Venezia!
Ma anche l’attuale giunta non è altro che una perfetta rappresentazione del degrado in cui è precipitata la città, fragile vittima di un capitalismo predatorio che mercifica arte, ambiente, storia, tradizioni, e la stessa vita.
Per questo, sabato e domenica, i veneziani riempiranno canali e fondamente, e si riapproprieranno della loro città, «par tera e par mar». Perché «el cor no se vende». Non si vende l’anima. E Venezia è la nostra anima.