approfondimenti

ITALIA

La rete Ricerca e Università per la Palestina contro tagli e precarietà negli atenei

In occasione della giornata di protesta per difendere l’istruzione superiore, l’appello contro la militarizzazione degli atenei e le spese militari, che sottraggono risorse a educazione, sanità e infrastrutture

Mentre CRUI e sindaci e sindache dell’ANCI celebreranno la prima Giornata Nazionale delle Università con una serie di iniziative raccolte sotto il titolo Università Svelate, colleghi e colleghe che aderiscono agli Stati di Agitazione delle Università e alle assemblee precarie dei nostri atenei sveleranno cosa si cela dietro la facciata delle nostre università, uscendo dalle sedi istituzionali per aprirsi alle città. Sveleranno, per esempio che circa il 40% del lavoro che manda avanti le università italiane è lavoro precario, con un differenziale di diritti sul lavoro e stipendi che dipende più dal caso che da una reale differenziazione delle mansioni.

Sveleranno, inoltre, che il taglio di 1,2 miliardi di cui 500 milioni nel 2024 e 700 milioni nel triennio 2025/2027 secondo la legge di bilancio, comporterà il “licenziamento” di circa due terzi delle 30mila persone precarie dell’università nel giro di un anno.

Inoltre, i tagli al finanziamento delle università riducono progressivamente la libertà di ricerca, non tanto nella scelta dei temi, ma nella possibilità di lavorare senza dipendere da fondi esterni. I ricercatori sono costretti a cercare finanziamenti attraverso bandi che spesso limitano l’ambito della ricerca, come quelli destinati a progetti con applicazioni sia civili che militari, o esclusivamente militari.

Una deriva ancora più inquietante quando la si legge alla luce della recente corsa al riarmo e della contestuale restrizione di spazi e possibilità di contestazione.

Dal nostro punto di vista la progressiva militarizzazione delle Università e la sempre più stretta collaborazione tra queste ultime e l’industria bellica sono chiari sintomi dell’adesione a un modello nefasto di università che è quello promosso ed esportato dallo stato di apartheid israeliano nel quale, come dimostra il volume della collega Maya Wind Torri d’avorio e acciaio, le attività degli atenei sono completamente piegate alle esigenze dello Stato e del suo sistema oppressivo , e spesso si incaricano di svolgerne anche le funzioni di polizia politica (si veda per gli episodi che lo provano il capitolo finale del libro di Wind: L’accademia contro la Liberazione). Questo è quanto vorrebbe costringerci a fare l’articolo 31 del DDL Sicurezza che, modificando l’articolo 13 della legge n. 124 del 2007 rende obbligatoria la collaborazione degli atenei con i servizi segreti introducendo la possibilità che agli atenei sia chiesto di comunicare informazioni anche in deroga alle normative vigenti in materia di riservatezza.

Un’altra libertà che il progressivo definanziamento del Fondo di Finanziamento Ordinario ci nega è quella di attivarci perché i nostri atenei compiano la scelta etica di non collaborare con le università israeliane che sono in modi diversi complici dell’oppressione del popolo palestinese fino al suo recente inasprimento con i quindici mesi di bombardamenti indiscriminati sulla popolazione di Gaza.

Non è infatti un caso se il nostro gruppo nasce proprio da una mobilitazione contro il bando del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) che prevedeva la collaborazione dei nostri atenei alla ricerca su ottiche di precisione, sempre con la scusa del doppio uso civile/militare, ma che certamente avrebbe trovato applicazione in sistemi sorveglianza di ultima generazione, anche a uso bellico.

La progressiva precarizzazione della funzione docente e ricercatrice dei nostri atenei, oltre a essere ingiusta, ideologica e crudele nei confronti di chi vorrebbe contribuire ad arricchire e curare quel bene comune che è la conoscenza senza rinunciare ai propri progetti di vita e alla propria serenità di lavoratrice/lavoratore, è infatti anche uno strumento molto efficace di eliminazione del dissenso dai nostri atenei e centri di ricerca.

Per il personale precario meno garantito è sempre più rischioso esprimere opinioni e partecipare a mobilitazioni. Così, al furto di salario, serenità e futuro, si aggiunge anche il furto di libertà per chi sogna una vita dedicata alla ricerca.

Il fatto che gli atenei in quanto luoghi del libero pensiero siano sotto attacco a livello globale è dimostrato non solo dalla repressione dei movimenti studenteschi in Italia, ma anche dall’ultimo inquietante episodio che ha visto il sequestro e la detenzione dello studente della Columbia University di New York Mahmud Khalil, incarcerato per reati di opinione e per aver preso parte alle proteste contro il genocidio del popolo palestinese nella sua università. Una detenzione amministrativa identica a quella che l’occupazione israeliana usa nei confronti dei e delle palestinesi e a quella che manda le persone migranti nei nostri CPR.

Crediamo però che se dall’alto ci si vuole imporre il modello sionista, noi non possiamo che rispondere con quello palestinese della resistenza come affermazione della propria dignità. Per questo appoggiamo le proteste di questa giornata di mobilitazione e lanciamo la proposta di una mobilitazione generalizzata contro la guerra e il genocidio del popolo palestinese, contro la militarizzazione dei nostri atenei e della società tutta, contro le spese militari che sottraggono risorse a educazione, sanità e infrastrutture, impoveriscono i nostri atenei e rendono precarie le nostre esistenze.

Per un’università libera da ingerenze politiche e libera dal bisogno di doverle accettare.

Immagine di copertina di Luca Galantucci

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