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MONDO

«Vengan zurdos»: repressione e fascismo poliziesco in Argentina

La protesta dei pensionati e delle pensionate va avanti da mesi: mercoledì scorso i tifosi di decine di squadre di calcio si sono uniti alle proteste. Durissima repressione della polizia a Buenos Aires, 114 manifestanti arrestati (poi liberati), decine di feriti di cui due gravi. Un’analisi della situazione politica

C’è chi sostiene che il governo Milei mostri segni di debolezza, mentre altri sostengono che vincerà sicuramente le elezioni intermedie di ottobre. Se si rafforzano il pericolo è imminente, se si dovessero sentire indeboliti possono diventare mortalmente pericolosi… Quando succede qualcosa del genere vuol dire che siamo di fronte a una espressione del fascismo, o almeno di un fascismo nascente.

Quello che abbiamo vissuto mercoledì scorso è il passaggio da un fascismo discorsivo a un fascismo poliziesco. Dall’altoparlante di un camion idrante della polizia federale si sentiva chiaramente: «Vengan zurdos» [In italiano sarebbe: «Venite avanti zecche», termine utilizzato dall’ultima dittatura militare e dalle destre argentina contro la militanza sociale, sindacale e di sinistra, ndt].

I significanti dell’ultima dittatura argentina vengono ripetuti già da diverso tempo, superando i limiti di ciò che è tollerabile e diventando ogni volta più performativi nelle reti sociali e sui mezzi di comunicazione. Le forze di sicurezza in Argentina riproducono molti dei comportamenti della dittatura, di fatto vi è una lunga lista di persone assassinate e desaparecide durante la democrazia.

La polizia che le persone “perbene” e timorose reclamano e che i governi demogoghi utilizzano è compartecipe dell’organizzazione del grande crimine e in ogni quartiere popolare è nota la sua complicità con il narcotraffico. C’è un fatto incontestabile: tutti gli abitanti di un quartiere sanno chi sono gli spacciatori, la polizia può essere l’unica a non saperlo?

Il governo non ha a disposizione nuove maschere, la sua scommessa basata sul proporsi come un’alterità rispetto alla casta politica si è consumata in meno di un anno e mezzo di governo. Adesso è la parte più putrida della politica, sono i senatori e deputati che nessuno conosce, i governatori feudali, i dirigenti che si vendono al miglior offerente e un potere giudiziario corrotto quelli che proteggono Milei. Mai prima in Argentina l’antipolitica aveva portato a una soluzione più di palazzo, dalla cupola del Congresso fino ai bassifondi.

Il presidente è un truffatore alla luce del giorno, su sorella è accusata di aver ricevuto tangenti, il direttore dell’agenzia delle entrate è un evasore su grande scala, il Ministro della Giustizia fa invidia a qualsiasi delinquente comune per il suo curriculum (dalla morte di una amante alla difesa dei corrotti degli anni novanta, fino al patrocinio offerto dal suo studio legale a narcotrafficanti e stupratori) e la lista continua, coinvolge tutto il gabinetto e tutti quei legislatori che rispondono presente ogni volta che il governo lo chiede.  

Quelli che si definiscono “apolitici” oggi giocano con il fascismo. Quelli che considerano che quanto accade oggi non sia poi così grave sono da adesso nemici. Coloro i quali non mettono a disposizione tutto il possibile per frenare questo governo e propiziarne la fine, sono dei traditori. Non è una questione di gusto o di scelta individuale, oggi la storia ci mette di fronte a queste scelte.

Magari avremmo preferito una democrazia liberale un po’ più furba, una socialdemocrazia edulcorata o, come abbiamo avuto nel recente passato, un riformismo insufficiente. Non sono chiaramente questi i nostri orizzonti, ma piuttosto dei livelli di discussione rispetto a cui situarsi come avversari, come attori di un dinamismo un pò più incerto, con la possibilità di mettere in tensione la realtà e andare oltre il realismo. Ma quello che viviamo oggi ci lascia un solo campo possibile per l’immaginazione: la cospirazione.

Ph di Kala Moreno Parra

La ministra Bullrich

La ministra della sicurezza Patricia Bullrich è un caso senza speranza. Sogna di diventare una sorta di “dama di ferro” del sottosviluppo, ma riesce al massimo ad assomigliare ad una “signora di latta”. Dopo essere stata la candidata della destra tradizionale nelle ultime elezioni ed averle perse, finendo, di fatto, al terzo posto, dopo il peronismo che aveva portato il paese quasi al 200% di inflazione annuale, questa destra spettrale, senza principi nè tradizione, corre dietro a spazi miserabili di potere; per cui Bullrich ha rapidamente accettato di diventare la ministra di chi l’aveva umiliata pubblicamente e accusato di aver messo delle bombe in una scuola materna quando, durante la sua gioventù, aveva militato in una organizzazione peronista che aveva un proprio braccio armato. Da parte loro, il peronismo e la sinistra l’hanno sempre accusata di essere parte dei servizi segreti.

Maldestra nell’uso della parola, debole nei concetti e sprovvista di eleganza, Patricia Bullrich è responsabile dell’omicidio del giovane mapuche Rafael Nahuel, colpito alle spalle nel 2017 da un poliziotto della Prefettura al suo comando. Si è anche dedicata ad insabbiare la desaparición forzata e la successiva morte di Santiago Maldonado, causate da una repressione pianificata da Pablo Noceti, il suo allora capo di gabinetto presso il Ministero della Sicurezza, nel territorio Leleque in Patagonia, proprietà di Benetton! Il processo per il crimine di Stato che ha posto fine alla vita di Santiago Maldonado, seppure a seguito di numerose irregolarità, è ancora aperto.

Il ministro Caputo

Ma Bullrich non è l’unica ad aver ricoperto nuovamente l’incarico di Ministra della Sicurezza dopo soli quattro anni (per non menzionare il suo ruolo come Ministra del Lavoro nel 2001, il più grande fallimento di un governo in periodo democratico… almeno finora). Anche il Ministro dell’Economia Luis Caputo – un oscuro trader milionario – ripete la sua performance, dopo essere stato anche lui ministro del governo Macri e uno dei responsabili dell’osceno indebitamento estero e dell’inflazione che ha colpito il paese tra il 2017 e il 2018. È stato inoltre accusato da un giudice federale onesto e capace (Federico Delgado) di aver abusato della propria posizione come funzionario per favorire interessi legati alla sua professione come assessore e azionista. Sembra che, per Milei, il comportamento criminale a partire dallo Stato e il fallimento del governo precedente siano meriti sufficienti per fare di due ex-ministri di Macri i principali ministri del suo governo. Bisogna anche ricordare, che lo stesso Milei, quando otteneva spazio mediatico come opinionista in diversi canali televisivi (oggi complici di questo disastro), diceva che Caputo si era «fumato 15 milioni di dollari delle riserve della Banca Centrale». Ma in questi tempi la parola non vale nulla e il cambiamento da una posizione a un’altra sfida la velocità della luce, al punto che tutto potrebbe essere opera di una Intelligenza Artificiale operata dalla computazione quantica… ovvero, che si può sostenere una posizione e quella contraria allo stesso tempo.

Ph di Kala Moreno Parra

Come governa Milei

È necessario però chiarire che Milei non è un outsider, ma un buffone sostenuto dai settori principali del potere economico dell’Argentina. Sono stati di fatto gli studi di avvocati di questi gruppi del potere economico ad aver redatto la vergognosa legge approvata con un margine minimo da parlamentari indegni che non hanno nemmeno letto gli oltre 300 articoli che la componevano. Di fatto è stata una riforma costituzionale nascosta che includeva deleghe speciali per il potere esecutivo. Un presidente che, seppure può contare su un parte del parlamento disposta a vendersi a buon mercato (o magari chi lo sa, si arrichiscono più di quanto possiamo immaginare noi con le nostre modeste professioni), preferisce governare solo per decreto. Si tratta del DNU (Decreto di necessità e urgenza) uno strumento destinato a momenti eccezionali che Milei utilizza per disconoscere la residua volontà popolare che a malapena emerge tra i banchi parlamentari.  Il procedimento è semplice: se per approvare una legge il governo ha bisogno della maggioranza semplice, ovvero la metà più uno dei presenti e dunque, con la metà più uno dei presenti che votano contro può perdere; con il DNU la legge viene immediatamente approvata e nel caso in cui si cerchi di bloccarla, i legislatori di entrambe le camere (deputati e senatori) devono raggiungere un quorum dei due terzi dei presenti per annullarla. In un contesto talmente pornograficamente corrotto e con un importante percentuale dell’opinione pubblica accecata non si arriva mai a ottenere i due terzi dei voti contrari.

Finora il governo era riuscito a controllare le organizzazioni più tradizionali, sindacali, piquetere, movimenti sociali. Lo ha fatto appellandosi a un’immagine pubblica logorata di questi settori, alla creazione di processi giudiziari contro i loro referenti politici e a un protocollo repressivo, con arresti arbitrari e processi fittizi contro i manifestanti. È anche vero che questi settori in altri momenti molto dinamici e attivi, stanno attraversando problemi interni e più in generale difficoltà organizzative e di senso politico. Quanto alla CGT [Confederazione Generale del Lavoro, ndt], meglio non fare commenti…

Lo stesso accade con l’opposizione peronista e di sinistra, che non riesce a proporre alternative credibili alla società. Particolamente importante il caso del governatore della provincia di Buenos Aires, Axel Kicillof, che sta portando avanti una gestione del governo trasparente ed emerge come leader giovane e con un alto livello di formazione, a cui però manca l’audacia necessaria per scontrarsi con il governo nazionale proponendo un modello diverso del desiderabile, per tradurlo in politica e in leggi (sulla terra, gli affitti, i medicinali e gli alimenti come politica pubblica, sulla progressione impositiva…). Inoltre, come se fosse poco, quando si decide ad alzare la testa incontra l’opposizione interna del figlio di Cristina Kirchner e gli sgarbi da parte dell’ex-presidenta e poi ex-vicepresidenta del governo del Frente de Todos. Cioè dinamiche che riproducono la logica politica che ci ha portato fin qui.

Foto di La Vaca

Le lotte dei pensionati e delle pensionate

I pensionati, da quando governa Milei, hanno perso più del 20% delle loro entrate, hanno perso l’accesso gratuito ai medicinali e hanno sofferto, come il resto della popolazione, gli aumenti dei costi dei servizi di base, degli affitti e dei trasporti pubblici. Il governo reprime apertamente tutti i mercoledì da mesi chi scende in piazza perché affronta condizioni difficili (i pensionati hanno bisogno per vivere di un minimo di 1.200.000 pesos mentre ne ricevono meno di 400.000). Ma lo scorso mercoledì ha represso e inoltre arrestato illegalmente cittadini che sono scesi in piazza per sostenerli e che attraverso la voce della stessa ministra sono stati falsamente accusati di crimini che non hanno commesso. Gli infiltrati e i giri sulle autovetture e i camion della polizia, ricordano i gesti temerari della dittatura rispetto alla desaparición delle persone. Le operazioni sono state così rozze che nessuna persona dotata di un briciolo di cervello riesce a crederci. Ma è ancora peggio: non ci credono, li desiderano. Non dimentichiamo che c’è anche un desiderio di fascismo.

I pensionati in Argentina hanno una lunga storia di lotte. Tutti ricordiamo Norma Plá, una leader emblematica che discuteva sui mezzi di comunicazione avversi e che affrontò la polizia con il suo corpo magro e il suo spirito grandioso. Una volta polemizzò faccia a faccia con l’ex-funzionario della dittatura ed ex-ministro di Menen, Domingo Cavallo… fino a farlo piangere. Erano tempi di ipocrisia, non solo da parte di un ministro con lacrime di coccodrillo, ma di una intera società imbalsamata dal consumo a rate e una classe media stupida che si è venduta in cambio della possibilità di fare vacanze all’estero. Menem fu rieletto nel 1995 con quasi il 50% dei voti quando l’Argentina raggiungeva il punto più alto di disoccupazione, con quasi il 20% di persone senza lavoro. È un precedente scoraggiante. Ma un momento storico non può essere paragonato linearmente a un altro.

Barras bravas

Il governo ha preparato la scena avvertendo che si sarebbero presentate in piazza le “barras bravas” [gruppi ultras, ndt] ma l’unica “barra brava” è stata la polizia, che è andata oltre qualsiasi cornice istituzionale agendo come un esercito de facto. Un poliziotto ha colpito Beatriz, una donna di 87 anni, spingendola a terra e mettendo a rischio la sua vita. Il fotografo Pablo Grillo lotta tra la vita e la morte in un ospedale dopo aver ricevuto in testa un fumogeno lanciato dalla polizia. Mezzi di comunicazione come il gruppo “La Nación”, che è stato complice dell’ultima dittatura genocida e oggi riattualizza questa eredità, pubblica un titolo grottesco: «Una pensionata colpisce con un bastone un poliziotto, che reagisce e ne provoca la caduta: ferita per un forte colpo in testa». Ovvero, colpevolizza la pensionata! Rispetto al fotografo che ha subito un tentato omicidio da parte della polizia di Bullrich, la ministra ha cercato di legittimare l’atto dicendo: «era un militante…». Vale a dire: le massime autorità dello Stato oggi in Argentina sostengono che la militanza politica e la scelta di manifestare nell’ambito dei diritti costituzionali giustifica la repressione fino alla morte.

Per quanto riguarda la mobilitazione, è degno di nota il fatto che un’ondata di solidarietà stia emergendo dal luogo più inaspettato. Lo scorso mercoledì, i pensionati e le pensionate in piazza sono stati accompagnati da una corrente spontanea di tifosi di calcio di diverse squadre tra i quali ha risuonato una frase di Maradona degli anni Novanta: «bisogna essere dei veri cagasotto per non difendere ai pensionati».

Molte persone sono state guidate dal sentimento sportivo (o dal sentimento come sport), che condensa la storia e tante storie, serbatoio di una memoria sensibile e di una grammatica popolare piena di astuzia. Oggi il linguaggio dello stadio, con il suo stile diretto e la sua completa assenza di purezza e di correttezza, si colloca al di sopra della politica professionale, addirittura al di sopra di buona parte dell’intellettualità annebbiata, per giunta anche da una specie di godimento vittimizzante. Forse la sorpresa ha disordinato la bussola già fragile del governo. Non è sicuro che possa sfruttare politicamente la repressione, seppure sembra scommettere tutto su uno scontro “sporco”.

Nelle strade di Buenos Aires, si è sentito fino alla mattina seguente il ripudio alla repressione, con un coro ripreso direttamente dal 2001: «¡Que se vayan todos, que no quede ni uno solo!». L’antipolitica è caratterizzata da un’ambivalenza che ci costringe a contendere il malcontento.

Infine, chi scrive deve abbandonare la cronaca, già colma di rabbia, e conservare un pò di quella rabbia per condividere una digressione. Abbiamo la necessità e l’obbligo di assumere la difesa della vita e il desiderio di un’esistenza più amabile; abbiamo il compito di creare, in ogni spazio, tra persone vicine, tra reti affini e non tanto affini, forme di vita che, sfuggendo al radar del potere, saranno percepite solo quando non ci sarà più ritorno, quando toglierci il nostro possibile non farà più parte dell’ampliamento delle possibilità di una destra che cerca di affermarsi. Né diserzione né scontro sovrastrutturale. Bisogna creare per combattere a partire dal desiderio, per alzarci ogni giorno con una sensazione che superi la tristezza del rassegnato così come quella del mandato militante. Che il combattimento ci incontri durante il cammino, con l’eleganza che ogni vita merita, con l’allegria di essere parte di questo mondo, seppure oscuro e tenebroso come si presenta, con il sorriso di chi è capace di sentire che la vita è qualcosa di troppo serio per prenderla sul serio.

Traduzione in italiano di Alioscia Castronovo per Dinamopress. Qui la versione originale in spagnolo.

Immagini di copertina e nell’articolo del fotografo argentino Kala Moreno Parra da Buenos Aires, che ringraziamo per la gentile concessione.

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