Vizio di Forma
Quella di Andrea “Tarzan” Alzetta è una storia da estirpare?
Ci sono visioni del mondo difficili da conciliare. E ci sono cose che sono talmente scontate da essere difficili da spiegare. Bisogna armarsi di santa pazienza per farlo.
Il fatto che Tarzan, al secolo Andrea Alzetta venga ritenuto “ineleggibile” al consiglio comunale di Roma, per esser stato condannato in seguito agli incidenti che seguirono dopo una manifestazione nel 1990, cioè quasi un quarto di secolo fa, in piena Prima Repubblica, addirittura prima di Mani Pulite, ne è l’ennesima dimostrazione.
Ebbene sì, sindaco Marino. Già all’epoca, quando era poco più che un ragazzino, Andrea si occupava di politica. Dovrebbe essere un fiore all’occhiello, una nota di merito a favore del candidato, un titolo da aggiungere al curriculum da presentare agli elettori invece che un difetto da estirpare chirurgicamente. Dovrebbe sapere che non si interviene su un cuore in perfetta salute, signor sindaco.
Invece, accade esattamente il contrario: il marchio di garanzia di una storia alle spalle, aver lottato alla luce del sole, anche prendendosi denunce e condanne, diventa agli occhi del potere e nel freddo linguaggio delle burocrazia un handicap, un vulnus insuperabile, un vizio di forma.
Sgomberare Tarzan dalla giungla di interessi e gruppi di affari del Comune di Roma significa illudersi di cancellare almeno una parte di quella storia dall’orizzonte di Roma. Proprio quando si chiude la nefasta epoca dell’amministrazione di Alemanno e si dice di voler porre rimedio al discredito di cui la politica dei partiti gode di fronte ai cittadini e alle cittadine, si tenta di sbarrare la strada a chi è portatore di un’anomalia. Viviamo l’epoca in cui quelli che vorrebbero rappresentare il “nuovo” fanno sfoggio della loro solitudine: presentarsi come individui atomizzati, estranei alle reti sociali e ai movimenti che hanno una storia alle spalle è diventata prova di purezza e ardimento anziché, come dovrebbe essere, elemento di debolezza e inconcludenza. Sono i nefasti effetti di anni di retorica sulla “legalità” di ogni colore e stella, che in fin dei conti salvaguarda i più forti, colpendo chi ha commesso reati all’interno di mobilitazioni sociali molto più duramente di chi ruba alla collettività, mettendo le mani nelle cassa pubblica o depredandola attraverso la rendita o la speculazione finanziaria.
Al contrario, Andrea viene da una storia composta da diverse storie collettive, ruvide e scomode, fatte di gesti di gentilezza e moti d’impeto, contraddizioni e intemperanze, rotture e abbracci. Questa sarebbe la sua colpa, questo il reato che macchierebbe la sua fedina penale e che rende inaccettabile, non solo per chi lo ha votato e pretende che si rispetti la sua scelta ma per chiunque voglia difendere la partecipazione, i conflitti e la democrazia reale, la sua esclusione dal Campidoglio.