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Un lessico populista e xenofobo per gli orfani della rappresentanza
Una recensione del libro “La politica della ruspa”, per capire da dove viene e dove va la destra guidata da Matteo Salvini.
La kermesse della nuova destra europea che si è svolta nei giorni scorsi a Milano ha ribadito la centralità dell’alleanza tra la Lega Nord e il Front National francese nella strategia di conquista dei populismi xenofobi. Malgrado il Carroccio abbia rappresentato da sempre il principale “imprenditore politico dell’intolleranza” del nostro paese, l’orizzonte delineato da Matteo Salvini rappresenta da questo punto di vista una svolta significativa. Complice la crisi economica, il nuovo leader leghista ha fatto varcare alla compagine che guida un confine solo in apparenza sottile, facendogli imboccare in realtà una strada senza ritorno.
Dalla piccola patria dei produttori del nord, camuffata nell’invenzione identitaria della “Padania”, e dal federalismo egoista evocato per rispondere alle sfide della globalizzazione, la Lega ha infatti finito per definirsi di recente come un “partito della crisi”, una sorta di nuova destra nazionale capace di raccogliere gli orfani del postfascismo come i “fascisti del terzo millennio” e, soprattutto, gli umori peggiori che si producono nella società in questa fase di insicurezza quanto al futuro. Questo, mentre sul piano internazionale, quella che è stata ribattezzata come la svolta “lepenista” del Carroccio, si è tradotta nell’abbraccio fatale con i protagonisti dell’onda nera che spaventa l’Europa: gli eredi di Haider, i “cacciatori” di musulmani dell’olandese Wilders, e, per l’appunto, l’ineffabile Marine Le Pen che ha sostituito le provocazioni antisemite di suo padre con la retorica razzista della “preferenza nazionale”.
Il risultato rappresenta per molti versi la definizione di uno spazio inedito per la poltica italiana, una sorta di mondo nuovo, per quanto lo si possa pensare “vecchio dentro”, cui sono state dedicate fino ad ora poche analisi approfondite, e talvolta anche smaccatamente agiografiche nei confronti di Salvini. Un deficit di riflessione che Valerio Renzi, redattore di dinamopress.it e già collaboratore di queste pagine, ha iniziato a colmare grazie ad una prima significativa istantanea del fenomeno contenuta nel suo La politica della ruspa (pp. 156, euro 14,00), pubblicato dalle Edizioni Alegre.
Osservatore dei fenomeni legati alla destra politica come all’estremismo neofascista, l’autore indaga il profilo della nuova Lega come il contesto nel quale questa trasformazione sta avendo luogo, partendo da una considerazione che nega implicitamente il carattere estemporaneo della vicenda. «Gli slogan di Salvini – sottolinea Renzi -, non vengono dal laptop di qualche pubblicitario senza scrupoli, ma sono inseriti nella storia delle idee delle destre radicali in Italia e in Europa». Se la “ruspa” è metafora della radicalizzazione in senso politico e sociale di un partito che era ridotto fino a pochi anni fa ai minimi termini a causa degli scandali interni scoppiati dopo un’occupazione prolungata dei palazzi del potere di “Roma ladrona”, l’orizzonte in cui il successore di Umberto Bossi iscrive la sua azione è perciò quello di un’Europa in cui le nuove destre si candidano ad offrire rappresentanza agli sconfitti della crisi o a coloro che temono di perdere il proprio status mano a mano che si avvicinano agli “ultimi” nella scala sociale o nella rappresentazione pubblica: i rifugiati, gli immigrati, i rom.
Dopo la fine del ventennio berlusconiano, Salvini non si limita però a colmare lo spazio politico rimasto vuoto, imprimendo un’ulteriore accellerazione in senso radicale alla Lega sul terreno delle campagne anti-immigrati, come della politica da far west in materia di “sicurezza” e “autodifesa” dei cittadini, o schierandosi contro la legge sulle unioni civili o a difesa di presunti, e bizzarri, simboli delle “radici cristiane” del paese, come sarebbero, a suo dire, i presepi. Divenuto il nuovo leader, in pectore, della destra italiana, il segretario leghista tenta di estendere e dilatare i confini di quest’ultima pescando nella delusione, nel malcontento e nella rabbia che anni di dure politiche di austerity, smentite da uno storytelling di palazzo all’insegna di una visione edulcorata della realtà, hanno reso via via sempre più diffuse. «I moderati? Si sono semplicemente rotti le palle» ama ripetere Salvini inquadrando con una delle sue ripetute formulette lessicali, rozze ma sinistramente efficaci, quello che è però un dato di fatto: l’impoverimento prima e la radicalizzazione poi di quel ceto medio, la cui caduta rappresenta una degli esiti più inquietanti e gravidi di conseguenze della crisi europea.
Nel suo bel libro, Valerio Renzi definisce le tappe di questo processo, riflettendo sulla situazione sociale di questi anni, sull’evoluzione della vicenda leghista fino all’emergere della figura di Salvini, che ha creato intorno a sé una vera e propria “macchina della comunicazione”, che investe permanentemente i vecchi media come i social network, sull’alleanza tra la Lega e Casa Pound nel centro-sud, sancita in occasione delle elezioni europee del 2014, su quella ancor più fertile con le nuove estreme destre europee che guardano alla Russia di Putin come modello nella difesa delle tradizioni e dell’identità contro il virus democratico, cosmopolita e multiculturale ai loro occhi incarnato dall’America di Obama.
Istantanea scattata necessariamente in movimento, per descrivere una vicenda non ancora compiuta fino in fondo, il volume offre tutti gli elementi per comprendere quanto è accaduto fin qui, contribuendo anche a spogliare «l’ideologia della ruspa, ammantata di buon senso o rozzi slogan a seconda delle occasioni, per mettere a nudo la violenza che porta con sé». Con la consapevolezza, più volte ribadita dall’autore che «a determinare gli esiti della corsa di Salvini», saranno anche gli «anticorpi che la società saprà sviluppare rispetto al discorso neorazzista e alle alternative che sarà in grado di immaginare rispetto al disegno dell’Europa neoliberale e delle politiche renziane». Capire, perciò, per meglio difendersi.
*Il testo è stato pubblicato in una versione ridotta su il manifesto del 2/03/2016