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Tutto è in vendita, col telefono di Amazon

Non esiste nessuna barriera di divisione tra virtuale e reale

La pelata di Jeff Bezos risplende alle luci dei riflettori. È il 18 giugno del 2014. Il boss ha convocato operatori di mercato, esperti di mercato e giornalisti specializzati a Seattle per annunciare la nascita dello smartphone targato Amazon. Costerà 199 dollari, con un contratto biennale con la compagnia At&T, che esattamente come l’azienda di Bezos è uno di quei giganti che doveva essere messo in crisi dalla mano invisibile della Rete e invece ha finito per rafforzare il suo monopolio. Lo specchietto per le allodole del FirePhone è un grande classico dell’immaginario tecnoentusiasta: la grafica 3D. Nella pratica quotidiana, il vero mutamento epocale costituito dal dispositivo sta nella mission di Amazon: vendere. A differenza di Google, Facebook, Twitter e in fondo anche di Apple, Bezos è riuscito ad utilizzare la Rete anche per distribuire e spacciare merci tradizionali. A partire dai libri, feticci della nostra soggettività e delle nostre passioni più genuine, Mister Bezos ha selezionato e messo in vetrina ogni tipo di merce. Se vi propongono di acquistare dei poggiapiede a ventosa per fare all’amore più comodamente sotto la doccia, ad esempio, forse nei mesi scorsi avrete letto le cinquanta sfumature degli ultimi best seller erotici.

Ormai da tempo giganti dell’economia digitale Apple, Google, Microsoft ed Amazon combattono una guerra che è cominciata sui monitor e sta tracimando sugli schermi delle televisioni di nuova generazione e sui display dei dispositivi mobili. L’enorme massa di dati elaborata dagli algoritmi pervasivi di Google, ad esempio, costituisce una minaccia per gli affari di Amazon. Come ha spiegato David Streifeld sul New York Times, fino ad oggi la prospettiva era questa: chiunque avesse cercato su Google informazioni sulla farina di cocco, avrebbe ricevuto sul suo apparecchio una comunicazione ogni volta che si sarebbe avvicinato a meno di 50 metri da una determinata catena che vende quel prodotto. Ecco perché Google nel 2011 ha acquistato Motorola e ha sperimentato il telefono Nexus. Adesso, con l’Amazon-Phone, la relazione tra la nostra vita quotidiana e il mercato si annuncia ancora più stringente: puoi acquistare una merce, e riceverla nel giro di poche ore direttamente a casa, ogni volta che la inquadri con la fotocamera o ne digiti il nome. Il mondo circostante diventa un enorme negozio, le mura dei centri commerciali si spalmano nella metropoli come era già avvenuto con i cancelli della fabbrica.

Il telefono prodotto dall’azienda che monopolizza la vendita di libri, merci immateriali e oggetti online segnala il tracollo delle ultime barriere. Lasciate ogni illusione di separatezza tra spazi digitali e ambienti materiali, o voi che accendete il vostro device. Non solo non c’è un fuori, come abbiamo imparato, ma non esiste nessuna barriera di divisione tra virtuale e reale, la linea di demarcazione è definitivamente sepolta.

Il campo di battaglia della definizione del reale, oggetto di studio e narrazione di scrittori e filosofi, diventa uno spazio in cui le tecnologie ci pervadono, in maniera meno appariscente ma forse più efficace di quanto avessero profetizzato gli autori del cyberpunk. Non servono protesi scenografiche ed esoscheletri magnificenti: è sufficiente avere in tasca un piccolo schermo di 4,7 pollici. Di fronte a questa grande mutazione, sarebbe illusorio predicare un impossibile ritorno alla “normalità” ma sarebbe altrettanto folle credere che la liberazione si dispieghi grazie agli automatismi tecnologici sotto i nostri occhi, magari foderati da Google Glass e muniti di smartofono per gli acquisti.