MONDO

Solidarietà ai Mapuche, basta alla repressione dello Stato e della Benetton

Negli anni ‘90, mentre Menem svendeva pezzi interi di paese, causando così la crisi del 2001, Benetton, attraverso la Compañía de Tierras Sud Argentino S.A acquisiva 900 mila ettari di terre in Argentina per finalità di sfruttamento ovino e minerario . Oggi, il gruppo Benetton è uno dei principali proprietari della Patagonia Argentina. La maggior parte di queste terre costituiscono il territorio ancestrale degli indigeni Mapuche argentini.A questa grave situazione sono seguiti i fatti del 11-13 gennaio, che hanno portato all’appello internazionale qui riportato.

Esigiamo la fine della repressione, la liberazione dei detenuti e che si garantisca l’integrità e la sicurezza delle persone mapuche e non mapuche così come il loro diritto a manifestare.

Il 10 di Gennaio 2017 si è verificato un violenta operazione congiunta della Gendarmeria Nazionale e della Polizia di Chubut nel territorio della comunità mapuche Pu Lof in resistenza nel Dipartimento Cushamen, nel nordovest di Chubut, provincia della Patagonia Argentina, a 100 chilometri al nord della città di Esquel, sulla strada nazionale 40, che è stata interrotta per varie ore, isolando e impedendo perfino l’accesso degli avvocati alla comunità nel luogo.

Il territorio in conflitto è stato recuperato dai Mapuche nel 2015 dalle mani della Compania de Tierras del Sud Argentino, una impresa agricola di proprietà del gruppo Benetton. Benetton è, con la proprietà di queste terre, il maggior proprietario terriero dell’Argentina, con circa 900.000 ettari.

Nell’operazione si sono sovrapposti due ordini giudiziali, uno emesso dalla Procura Federale di Esquel a carico del dottor Guido Otranto, che faceva richiesta alla Gendarmeria di aprire la strada alla ferrovia, conosciuta come “la Tronchita”, che unisce le località di Esquel e di El Maiten, e attraversa il territorio della comunità (e di molte altre comunità mapuche e mapuche-tehuelche).

Il secondo ordine, determinato dal giudice Josè Colabelli, della Procura Provinciale, richiedeva di perquisire la comunità per una accusa di furto di bestiame.

Le forze di sicurezza sono entrate nel territorio senza supervisione dei giudici, che non erano presenti in loco, né dei procuratori che hanno richiesto le misure, dando luogo a scontri e contrapposizioni che hanno determinato tre arresti (due di loro feriti) a disposizione del potere giudiziale federale e tre gendarmi lesionati.

Ai tre detenuti è stata ordinata, in seguito, la prigione preventiva, e pertanto rimangono prigionieri nell’Unità Penale 14 di Esquel.

La polizia di Chubut, da parte sua, ha teso una imboscata a altre sette persone -membri della comunità e ospiti- che erano usciti la stessa mattina a cercare animali che si erano dispersi. Il veicolo in cui viaggiavano ha ricevuto, secondo le versioni a disposizione, più di 60 spari. Questa azione ha prodotto sette nuovi detenuti, che sono stati, inoltre, malmenati nel trasferimento tra El Maiten e Esquel. Le donne detenute sono state vessate e maltrattate duramente. Sono state liberate il 12 gennaio, ma rimangono sotto processo per furto aggravato da parte del giudice Dal Verme, dopo che Colabelli ha ricevuto una ingiunzione contro che lo ha ritirato dal procedimento.

Inoltre, nel pomeriggio del 10 di gennaio, mentre a Esquel la gente si raggruppava per stare vicino ai detenuti di fronte al commissariato e la prigione, membri dell’esercito e della polizia provinciale hanno sparato contro appartenenti alla comunità nella strada statale 40. Hanno causato due feriti da arma da fuoco gravi, che sono stati trasferiti in veicoli privati all’ospedale di Lago Puelo, perché le ambulanze di Esquel e El Maiten si sono rifiutate di avvicinarsi senza custodia poliziesca. Si è trattato di uno di questi “scontri” che hanno determinato feriti da una parte soltanto.

Davanti a questo manifestiamo il nostro più energico ripudio e facciamo emergere alcuni aspetti che dimostrano la pericolosità delle attitudini assunte dallo Stato Argentino.

a) L’installazione della idea di “minaccia” che rappresenta il popolo mapuche e le sue richieste per la società, cercando di collegare le sue richieste alla violenza armata, la guerriglia, il terrorismo e le attività illegali. Tanto il governatore della provincia, Mario Das Neves, come la Ministra della Sicurezza, Patrizia Bullrich, hanno fatto dichiarazioni in questo senso, il cui obiettivo è giustificare e legittimare azioni repressive come quelle appena avvenute. Non si applicheranno solo al popolo mapuche: qualunque movimento di protesta è un obiettivo.

b) La tergiversazione davanti a richieste e forme di dialogo, mentre intanto si giudicano le organizzazioni mapuche come “inflessibili e intransigenti”, lo Stato chiude tutte le vie del dialogo. Un esempio è il tavolo dei negoziati che si era aperto rispetto al transito de “la Tronchita”: è stata la provincia di Chubut stessa che si è ritirata dal dialogo.

c) La convivenza di interessi privati e repressione statale: un presunto furto di animali giustifica una perquisizione, un recupero territoriale (di cui Benetton non può neppure accreditare legalmente la proprietà) e una repressione violenta. Rispetto a questo vogliamo pre-allertare rispetto a future aggressioni dello Stato verso Pu Lof in Resistenza così come altre comunità e organizzazioni mapuche, che da tempo sostengono in modo paziente e pacifico le proprie rivendicazioni senza essere ascoltati, senza che venga data loro attenzione né che si produca la riparazione che storicamente richiedono e meritano.

Esigiamo che si fermi la repressione, richiediamo la liberazione dei detenuti e che si garantisca l’integrità e la sicurezza delle persone mapuche e non, così come il loro diritto a manifestare

Link per aderire all’appello, in spagnolo.