ROMA
Se a Roma la democrazia è sospesa
Il segnale chiaro di chi governa Roma: la città è commissariata, non c’è spazio per il dissenso. Maker Faire, le cariche alla Sapienza Leggi Solidarietà da Padova e il comunicato in inglese: Police charged and arrested students
Alla fine il messaggio è stato recapitato. Attraverso il getto di un idrante sparato – per la prima volta – contro una manifestazione studentesca in piazzale Aldo Moro. “Il Giubileo sta per iniziare”, liberamente interpretabile anche come “Roma città a democrazia sospesa”, a seconda dei gusti. Perché ciò che è avvenuto ieri (venerdì 16, N.d.R.) davanti all’università la Sapienza parla di come verrà amministrata Roma nel corso dei prossimi mesi.
Ricostruiamo il quadro. L’università la Sapienza decide di ospitare nei suoi spazi l’appuntamento annuale di Maker Faire – evento controverso che combina assieme elementi di innovazione dal basso e la sponsorizzazione di grandi multinazionali – sospendendo la didattica, chiudendo la città universitaria e imponendo anche agli studenti il pagamento di un biglietto. La sensazione di chi ha attraversato la città universitaria durante la preparazione dell’evento è di uno spazio pubblico messo al servizio di un “grande evento” di natura privata. Gli studenti decidono di lanciare una campagna dal titolo “Maker Faire per chi?” (qui il link alla pagina Facebook mentre qui potete trovare la presa di parola di studenti e ricercatori). Il dibattito che si sviluppa “spacca” il fronte dei “makers”. Da una parte gli organizzatori attaccano la protesta dall’altra i Roma Makers dichiarano al Manifesto, in una bella intervista di pochi giorni fa: “La protesta sull’accesso alla Sapienza è legittima, spero che per l’università la Maker Faire non sia un’occasione sprecata. Si potrebbe costruire un FabLab nell’ateneo per democratizzare la ricerca”. Tutto questo nel silenzio assordante dell’università, che si è limitata a offrire uno sconto al biglietto per gli studenti.
Questo il quadro della mobilitazione. Ma ieri, chi si è trovato ad attraversare piazzale Aldo Moro si è trovato di fronte ad uno scenario surreale. La manifestazione lanciata dagli studenti della Sapienza era letteralmente circondata dalle forze di polizia, almeno dieci i blindati, scortati da due camion con gli idranti (innovazione tecnologica?). In realtà qualche avvisaglia nei giorni scorsi c’era stata, con la polizia a presidiare il rettorato con gli sfollagente, ma nessuno si sarebbe immaginato uno scenario del genere. Cariche indiscriminate, manifestanti presi a calci, teste aperte, cinque studenti arrestati, di cui quattro resteranno a Regina Coeli fino – almeno – a lunedì, in attesa dell’interrogatorio di garanzia.
Il tutto – ovviamente – nel silenzio generale della politica cittadina, troppo impegnata a discutere sulla fine delll’esperienza municipale del “centrosinistra” – termine ormai vintage – o a scommettere sul nome del futuro commissario.
D’altronde chiunque verrà scelto per prendere il posto di Marino avrà due compiti principali: garantire la riuscita del Giubileo e far riprendere fiato al Partito Democratico, dilaniato dallo scontro interno e dalla crisi di consensi, incapace di affrontare una tornata elettorale a stretto giro. In uno scenario come questo la chiusura degli spazi di democrazia è inevitabile, l’impressione anzi, è che a questi due obiettivi possono essere sacrificati anche i più elementari diritti democratici. La Rete per il Diritto alla Città scriveva la scorsa settimana, dopo le dimissioni del sindaco Marino “Roma rischia di diventare l’ennesimo caso eclatante in cui si sperimentano pratiche di eccezionalità giuridica, […] dispositivi di controllo e distruzione delle garanzie costituzionali per il bene del paese“. Ieri ne abbiamo avuto un piccolo assaggio.