PRECARIETÀ
Ryanair: si organizzano anche gli assistenti di volo
Segnali di agitazione in Inghilterra e Spagna. Uno sciopero convocato in Italia, il prossimo 27 ottobre. Intanto, una sentenza della Corte di Giustizia Europea rende possibile agire legalmente per ottenere i livelli retributivi e contributivi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale
In un articolo del 21 settembre scorso, scritto a commento della fuga di piloti che ha costretto Ryanair a lasciare a terra migliaia di passeggeri, sostenevamo che la fase di debolezza dell’azienda avrebbe potuto aprire un nuovo spazio di vertenza anche per steward e hostess. Quella che allora sembrava soltanto una possibilità, sta diventando rapidamente un’opzione concreta.
Il 4 ottobre, il quotidiano del Regno Unito The Telegraph titolava così: «I cabin crew di Ryanair complottano uno sciopero in massa e la diserzione verso Easy Jet». Nell’articolo, uno steward protetto dall’anonimato raccontava che, nonostante il divieto di avere sindacati, i lavoratori stanno progettando uno sciopero. «Immaginate che cinque aerei della nostra base non partissero per un giorno. E parliamo solo di cinque aerei nella nostra base. Sarebbe un disastro».
Solo due giorni dopo, il sindacato spagnolo SITCPLA annunciava l’apertura di una nuova sezione sindacale specificamente dedicata ai lavoratori Ryanair. Nel documento, l’organizzazione annuncia azioni legali e vertenziali per costringere la compagnia ad applicare il diritto del lavoro spagnolo, mettendo fine a un modello basato sul «dumping sociale». Secondo SITCPLA, decine di assistenti di volo si stanno sindacalizzando.
Ieri, invece, la FIT-Cisl ha annunciato uno sciopero di quattro ore degli assistenti di volo Ryanair per venerdì 27 ottobre. Circa tre settimane fa, il sindacato aveva avviato nei confronti dell’azienda irlandese una «procedura di raffreddamento e conciliazione», come previsto dalla legge per tentare di comporre il conflitto prima della proclamazione di uno sciopero. Di fronte alla mancanza di risposte dalla controparte, la Cisl ha indetto l’astensione dal lavoro. Comunque, pare che nei prossimi giorni si terrà un nuovo tavolo tra azienda e sindacato, da cui potrebbe dipendere la conferma o meno dell’agitazione sindacale. La Cisl chiede a Ryanair di applicare il contratto collettivo nazionale del comparto, aprendo un tavolo specifico sulla compagnia low cost, che attraverso contratti registrati a Dublino ha bypassato in tutti questi anni le legislazioni nazionali.
L’annuncio dello sciopero sta creando aspettative tra hostess e steward di base in Italia. Sebbene i due tentativi precedenti non siano andati a segno, registrando tassi di adesione molto bassi, in questa fase la protesta potrebbe sortire effetti diversi. Persistono, comunque, soprattutto tra i lavoratori più giovani, forme diffuse di scetticismo e diffidenza nei confronti dei sindacati confederali: «Spero che lo sciopero serva davvero a migliorare la nostra condizione. Abbiamo bisogno di sindacati che ci difendano e attraverso cui farci valere. Quando sento parlare di Cgil, Cisl e Uil, però, ho sempre dei dubbi. In generale è difficile capire se facciano il loro interesse, quello del datore di lavoro o quello dei lavoratori. Parlo anche per esperienze pregresse in altri lavori», racconta Marta, una hostess che da alcuni mesi ha ottenuto il trasferimento in una base italiana.
Il nuovo fronte di vertenza che sembra si stia aprendo tra i cabin crew a livello transnazionale può trarre vantaggio da due fattori decisivi. Da un lato, la compagnia vive una fase di debolezza dovuta alla fuga dei piloti, che ha prodotto la cancellazione di centinaia di voli, ma anche permesso di strappare consistenti miglioramenti in termini retributivi e di condizioni di lavoro per la categoria. Dall’altro, un ruolo decisivo potrebbe giocarlo una storica sentenza pronunciata alcune settimane fa dalla Corte di Giustizia Europea.
Il 14 settembre, il giorno prima della conferenza stampa in cui MichaelO’Leary ha annunciato il taglio di 400 voli, in un’aula di tribunale in Lussemburgo veniva riconosciuta la competenza giurisdizionale del Belgio in una causa intentata da tre hostess e due steward di base nell’aeroporto di Charleroi contro Ryanair Ltd e la sua maggiore agenzia di reclutamento, Crewlink Ireland Ltd.
Il tribunale europeo, in sostanza, ha stabilito che gli assistenti di volo hanno diritto a far valere il diritto del lavoro del Paese membro in cui «abitualmente svolgono la propria attività», anche se hanno dei contratti irlandesi. In questo senso, il Paese competente viene ritenuto quello «nel quale, o a partire dal quale, il lavoratore di fatto adempie la parte più importante delle sue obbligazioni nei confronti del datore di lavoro». I giudici hanno così smontato la tesi di Ryanair, secondo cui gli assistenti di volo sarebbero soggetti alla legislazione irlandese per via dei contratti registrati a Dublino e perché il luogo abituale della loro attività professionale sarebbe l’Irlanda, dal momento che, in base alle convenzioni internazionali, mentre sono in volo gli aerei vengono considerati territorio dello Stato in cui sono registrati.
Una vicenda che in parte ricalca quella di Alessandra Cocca, ex-hostess italiana di stanza a Oslo, che aveva ottenuto il riconoscimento della competenza giurisdizionale norvegese da un tribunale scandinavo. In quell’occasione, per evitare di andare a processo rischiando di dare risalto alle condizioni di lavoro dei suoi dipendenti, Ryanair perferì patteggiare, pagando a Cocca il corrispettivo di due anni di stipendio (circa 64 mila euro). Inoltre, pur di non essere costretta ad applicare il diritto del lavoro norvegese, la compagnia chiuse baracca e burattini, tagliando l’unica linea aerea attiva con Oslo. Una strategia che Ryanair potrebbe difficilmente riprodurre se simili sentenze arrivassero in Italia, o in Spagna, o in Germania, ovvero in Paesi in cui gestisce centinaia di linee e migliaia di voli.
Capire nel dettaglio quali sono le differenze tra un contratto italiano e uno irlandese non è semplice. Almeno in astratto, senza i contratti individuali alla mano. Anche perché all’interno di Ryanair esistono diversi regimi contrattuali, che dipendono dall’effettivo datore di lavoro, dalla durata dell’impiego, dalla data di assunzione e dal ruolo svolto. «Tendenzialmente, la contrattazione collettiva italiana di settore offre maggiori garanzie rispetto a quelle applicabili in base alla legislazione irlandese» – afferma Tommaso Gianni, avvocato delle Camere del Lavoro Autonomo e Precario – «Innanzitutto perché lo stipendio mensile si compone di una parte fissa, ossia la paga base e l’indennità di volo minima garantita, a cui si aggiungono degli elementi variabili, modulati sulle ore di volo effettive e sull’anzianità di servizio. È inoltre prevista la corresponsione della tredicesima e quattordicesima mensilità. Gli assistenti di volo, poi, hanno diritto a periodi di ferie pagate più lunghi, 30 giorni all’anno che aumentano con l’anzianità di servizio. Infine, è molto più semplice accedere a periodi di malattia e alla relativa indennità, soprattutto per quei lavoratori che vivono lontano da Dublino ma dovrebbero conoscere e attivare, senza alcun sostegno da parte dell’azienda, le procedure irlandesi».
«Sicuramente la sentenza della Corte di Giustizia Europea, sebbene non entri nei contenuti della specifica vertenza portata avanti dai lavoratori, apre dei nuovi spazi di azione legale e sindacale.» – continua l’avvocato delle CLAP – «Può essere utilizzata come leva per costringere la compagnia a rispettare la contrattazione collettiva italiana, anche in senso retroattivo. Ad esempio, un lavoratore potrebbe agire per ottenere le differenze retributive e contributive tra quanto erogato da Ryanair in base ai contratti irlandesi e quanto stabilito dalla normativa italiana, anche dopo la conclusione del contratto di lavoro. Diversi cabin crew si sono rivolti alla nostra associazione sindacale per richiedere informazioni e servirsi delle nostre consulenze legali. Siamo pronti a offrire sostegno a questi lavoratori per far valere i loro diritti».
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