ROMA
Roma non fa schifo
Secondo la teoria psicoanalitica dello sviluppo psicosessuale della personalità la sensazione di schifo è direttamente legata alla relazione […] con gli escrementi. Il bambino intorno ai due anni impara a gestire il controllo del proprio sfintere. È il momento in cui apprendiamo il concetto di autonomia: un’azione che da involontaria diventa volontaria. Attraverso questo autocontrollo determiniamo l’adesione o il rifiuto alle norme sociali.
Per Freud si tratta di una fase particolarmente delicata nello sviluppo della personalità. Il bambino impara ad accettare che qualcosa che era parte di lui ora non lo è più. Per questo la merda puzza e fa schifo. È una reazione psicologica necessaria a sancire questa separazione. La merda non è più in noi, quindi fa schifo.
Schifoso infatti è qualcosa che provoca ripugnanza o timore, qualcosa da cui ci si vuole allontanare. La sua radice etimologica è infatti nel verbo schivare. Se quindi per esempio diciamo che Roma fa schifo stiamo in qualche modo dicendo di avere paura di questa città. Roma ci provoca ripugnanza e per questo ce ne vogliamo allontanare. Coerentemente dovremmo quindi essere noi ad allontanarci da Roma e non pensare che sia Roma a dover diventare qualcos’altro per risolvere il nostro timore. Sebbene il nostro patrimonio culturale sia ricco di esercizi simbolici in cui le feci diventano oggetto di valore – dagli asini che cagano monete fino alla Merda d’artista di Piero Manzoni – nessuno ha mai pensato seriamente di trasformare la merda in oro.
Possiamo certamente dire che Roma è una città di merda. Lo possiamo dire per le mafie e le consorteria che la controllano, per un sistema di viabilità vergognoso, per il degrado, la sporcizia, le affissioni abusive e anche per le buche e i parcheggi in doppia fila. Roma però non è stata cacata in un giorno. Tutta questa merda è il frutto di stratificazioni successive, di cacatori che si alternano intorno ai Sette Colli da quasi tremila anni. Questa merda è la nostra identità e non si può immaginare di dissolverla tirando lo sciacquone. Perderemmo il bambino con l’acqua sporca.
Immaginatevi un blog marocchino dal titolo Marrakech fa schifo. Qualcuno che si lamenta per il traffico di asini e motorini nella medina, per l’assenza di prezzi esposti nel suq, per il cibo cucinato all’aria aperta in Jemaa el Fna, per le guide turistiche improvvisate e i bambini che giocano a pallone accanto ai monumenti storici. Immaginatevi che questo blog vinca la sua battaglia. Ci avrebbe tolto tutte le ragioni per visitare quella splendida città.
Invece Roma – come Marrakech – è una città meravigliosa perché riesce a meravigliare. Non solo per la bellezza dei suoi monumenti e degli scorci nel centro storico. Roma è meravigliosa anche per le sue imperfezioni e i suoi difetti. Sono questi che la rendono unica e la fanno percepire ai romani e ai turisti come una città che chiede di essere eternamente interpretata.
Fu questa la provocazione di Marcello Mastroianni al Davide Letterman Show nel 1987. Quando il conduttore gli chiede un giudizio sulla città di Los Angeles, Mastroianni lo mette in imbarazzo con una battuta che diventa il refrain di tutta l’intervista. “Non capisco questa città. Solo case e giardini, tanti stili diversi e poi non trovi nemmeno una merda per terra”. David Letterman si schernisce e per tranquillizzarlo Mastroianni lo invita a visitare l’Italia: “Ci sono cacche specialmente a Roma, la prossima volta che vieni te le faccio vedere”.
Ovviamente Marcello Mastroianni non desidera una città piena di cacche di cane. È consapevole però che quella merda sul marciapiede è il segnale di una città viva. Gran parte delle bellezza e dell’identità di Roma è frutto di edilizia informale stratificata nel corso dei secoli. Un’edicola votiva su un palazzo del cinquecento, un mazzo di fiori e una sciarpa della Roma lungo via Cristoforo Colombo o un murales sulle Mura Aureliane di San Lorenzo sono modi diversi di intendere un cenotafio. Tra la statua parlante di Pasquino e una scritta con lo spray non esiste alcuna soluzione di continuità. È la città di sotto che vive e che parla usando i mezzi a sua disposizione.
La pretesa di normare qualsiasi violazione dello spazio pubblico senza preoccuparsi di chi sta cacando, dove e soprattutto perché, sembra testimoniare quello che Freud avrebbe definito un conflitto irrisolto durante la fase anale. Il bambino che trae eccessivo piacere dalla ritenzione delle feci, perché non accetta di separarsene, si troverà da adulto a fare i conti con una fissazione anale ritentiva. Sarà ossessionato dall’estrema cura dei dettagli, dall’ordine e dall’igiene. Continuerà a pensare maniacalmente che la merda fa schifo. È l’opposto speculare del tipo anale espulsivo che da bambino provava piacere a cacare fuori dal vasino e che da adulto sviluppa una personalità estremamente disordinata, crudele e distruttiva.
Il conflitto tra i ritenitivi e gli espulsivi è un falso conflitto. Quello tra due nevrotici ossessivi che non riescono ad accettare la cacca come dato naturale. Perché la cacca è un veicolo per l’epatite ma è anche un fertilizzante da cui può nascere un fiore. Essere autonomi nella propria relazione con una città come Roma vuol dire esattamente questo, saperne riconoscere il valore, il significato, la complessità e soprattutto la capacità rigenerativa di qualcosa che viene da noi. Non pensare ossessivamente che fa schifo.