MONDO

Palestina. Break the siege!

Una grande manifestazione popolare – non nei numeri, ma nella determinazione con cui si è praticato l’obiettivo – è riuscita a rompere l’assedio imposto sul villaggio di Nabi Saleh. Ma l’escalation di violenze contro il villaggio di Nabi Saleh degli ultimi giorni non è una novità.

Il villaggio si trova da sempre a dover fronteggiare punizioni collettive, violenze dei coloni, arresti notturni e restrizioni della libertà di movimento. Nabi Saleh, infatti, è un piccolo villaggio di 400 abitanti, ma molto politicizzato, da sempre protagonista della resistenza palestinese – i suoi abitanti erano tra i leader del movimento giovanile di Fatah che animò la Prima Intifada – e dal 2009 è tra i villaggi più attivi della resistenza popolare non-violenta, scelta strategica di lotta che si è data in diversi villaggi della West Bank.

Proprio le manifestazioni popolari che ogni venerdì animano il villaggio di Nabi Saleh sono prese di mira dalle forze di occupazione attraverso l’uso sistematico della violenza, che ha portato in questi anni alla morte di due manifestanti e al ferimento di centinaia di essi. Il Movimento di Resistenza Popolare di Nabi Saleh è invece un laboratorio politico in cui tanti attivisti palestinesi, israeliani ed internazionali lottano quotidianamente contro l’occupazione con creatività e determinazione.

Per cercare di piegare la resistenza del villaggio le Forze di Occupazione Israeliane hanno inviato un’unità speciale nel villaggio, chiamata “Sarak”, tra le più brutali operanti in West Bank, con l’obiettivo di “ristabilire l’ordine e la legge nel villaggio e di sopprimere il terrorismo”. La propaganda sionista si è risolta in quotidiani attacchi notturni, l’uso sistematico di proiettili veri ed il ferimento di diversi abitanti.

Dopo la manifestazione settimanale di venerdì scorso, il villaggio è stato dichiarato “area militare chiusa” e l’unica strada di collegamento tra il villaggio e Ramallah chiusa. Il blocco è stato brutale, violento ed ha reso impossibile la vita per gli abitanti. Odai Tamimi, 23 anni, è stato ferito al volto da un proiettile mentre percorreva a piedi la strada, Wijdan Tamimi, una donna di 45 anni, è stata detenuta e picchiata mentre camminava con il suo nipote di tre anni. Ogni macchina che ha cercato di avvicinarsi al gate posizionato all’ingresso del villaggio accanto alla torre militare israeliana è stata aggredita e danneggiata con il lancio di granate sonore e di proiettili. Per tre giorni nessuno ha potuto lasciare il villaggio per recarsi a scuola o a lavoro se non improvvisando strade molto più lunghe e pericolose. L’assedio è stata un’altra espressione dell’occupazione e delle sue politiche razziste che quotidianamente violano i diritti umani, la libertà di movimento e l’accesso ai bisogni primari per i cittadini di Nabi Saleh e dell’intera Palestina.

Il Movimento di Resistenza Popolare ha così chiamato per la giornata di lunedì a manifestare con la pratica che da anni lo contraddistingue: una manifestazione popolare e non violenta, a cui sono accorsi gli altri Comitati di Resistenza Popolare Palestinesi, nonché attivisti israeliani ed internazionali. La campagna mediatica sui social network è stata eccellente ed è riuscita a coinvolgere i tanti che anche dall’estero conoscono la lotta di questo villaggio e la sostengono. Così intorno alle 16 una manifestazione popolare si è mossa dal centro del villaggio verso il gate e, nonostante il fitto lancio di granate sonore e di gas lacrimogeni, è riuscita a raggiungere il gate ed a riaprirlo, utilizzando solo la forza dei propri corpi. Per un’ora si è rimasti a fronteggiare le forze di occupazione, a respirare spray al peperoncino e a difendersi collettivamente dagli arresti. Nonostante tutta la sua arroganza e violenza, l’esercito ha dovuto ritirarsi di fronte a questa marea umana ed accettare di lasciare aperto l’ingresso del villaggio. Inoltre, anche la strada secondaria di accesso, chiusa dal 2002, è stata riaperta.

Questa grande dimostrazione di forza è servita prima di tutto a ridare coraggio agli abitanti di Nabi Saleh che hanno fatto ritorno a casa intonando i canti della resistenza palestinese convinti di aver intrapreso la giusta strada e determinati a proseguirla. È servita inoltre a riportare l’attenzione sulla sistematica violazione della libertà di movimento in Palestina, che attraverso un sistema fatto di muri, gate e check point, lede quotidianamente la dignità di questo popolo e lo priva di un bene prezioso quale il tempo.