ROMA
#OccupyGezi – DinamoPress da Istanbul
Serena Tarabini è un’attivista romana e una redattrice di DinamoPress. Da diversi mesi si trova a Istanbul e in questi giorni sta vivendo in prima persona la rivolta turca. Questo è il reportage che ci ha inviato nella notte tra il 1 e il 2 giugno.
La prima cosa che ho pensato assistendo a quello che sta avvenendo a Istanbul da tre giorni è stato “è arrivata la primavera araba”. Un pensiero frutto più dell’emozione che di un’analisi, perchè è ovviamente difficile fare una valutazione del genere, e lo è ancora di più per un paese socialmente e politicamente sui generis come la Turchia. Una paese a metà strada tra l’Europa e il Medioriente, che porta i segni di entrambi senza essere completamente parte di nessuno, e che in termini di movimento finora non si è connesso ne’ con la primavera araba ne’ con il movimento degli indignados. Quello che è sicuro è che una mobilitazione di questa entità non si verificava da decine di anni, e che dentro questa protesta si sfoga la frustazione e cresce la speranza delle persone che in questi ultimi anni hanno assistito a un progressivo restringimento degli spazi di democrazia ed ad un subdolo cambiamento della società, in termini di rislamizzazione dei costumi, portata avanti dal Premier Erdogan.
Le persone che vedo scendere in piazza sono di ogni tipo, età ed estrazione sociale, dagli studenti ai lavoratori, dagli anarchici alle tifoserie. Persone comuni, moltissimi giovani ma anche famiglie ed anziani sono coinvolti dalla protesta, che dilaga dalle piazze, attraversa le strade, si infila in bar e negozi, si affaccia dalle finestre delle case e rimbalza di quartiere in quartiere. Uno tsunami che si ingigantisce man mano che avanza, e che è partito da Gezi Park, parco pubblico antistante piazza Taksim, in una municipalità, quella di Beyoglu, al centro di un radicale piano di trasformazione urbana con annessa speculazione edilizia. Il progetto, nonostante la cittadinanza abbia in più occasioni dimostrato la sua contrarietà con eventi, pertizioni, appelli, vuole sacrificare il poco verde rimasto per consentire la costruzione di un centro commerciale e di una moschea moderna; il taglio dei primi alberi ha dato il via all’occupazione del parco stesso. La violenza con cui le persone accampatesi, alcune centinaia, sono state spazzate via dalle forze di polizia, a suon di idranti, lacrimogeni ad altezza d’uomo e gas urticanti, ha scatenato la protesta. Che è diventata generale e generalizzata e si è diffusa in svariati quartieri della città, oltre che nelle storiche Taksim e Istiklal Caddesi. Ovunque vi sono scenari di guerra, il fumo dei lacrimogeni e degli incendi è visibile in diversi punti, si rincorrono le notizie di scontri in questo o quel quartiere, riecheggiano da parti diverse ed ad ogni ora del giorno e della notte i cori dei cortei spontanei che si formano nella città da tre giorni e che coinvolgono un numero crescente di persone. Ieri 40 mila persone hanno attraversato a piedi il ponte che collega la parte europea di Istanbul a quella asiatica, oggi il colpo d’occhio sul parco, rioccupato, piazza Taksim, piena, Istiklal caddesi, piena, e le notizie proveinienti dagli altri quartieri, fanno pensare ad almeno un milione di persone coinvolte, in una dinamica che ha tutte le caratteristiche del movimento spontaneo. Non c’è organizzazione dall’alto, non ci sono direttive, il ruolo di sindacati, associazioni, movimenti organizzati è limitrofo, i protagonisti sono uomini e donne che in 600 alberi in pericolo hanno scovato una minaccia per la democrazia.
A fronte di tutto ciò i mezzi di comunicazione nazionali, schierati con il governo o dallo stesso tenuti sotto scacco, negano l’evidenza, minimizzano in modo patetico i numeri, danno voce ad interpretazioni ridicole della protesta. In tutto questo il ruolo dei social media è stato e continua ad essere fondamentale, per diffondere il reale stato delle cose dentro il paese come all’estero, e come sempre funzionare da collettore, attraverso le notizie,le immagini, i tweet, le emozioni che circolano frenetiche dai telefoni ai tablet ai computer.
Mentre sto scrivendo le persone affollano ancora le strade, sono in corso scontri nel quartiere di Besiktas, alla mia finestra oltre all’odore acre dei lacrimogeni arrivano da direzioni diverse i suoni di una protesta che andrà avanti per tutta la notte, ancora molte persone occupano il parco, si vocifera di un pesante attacco delle forze di polizia all’alba, ma niente è sicuro. L’unica cosa sicura è che la violenza inaudita della polizia non ha indebolito la mobilitazione, diffusasi anche in altre città, e che domani sarà un’altro giorno di lotta.
Istanbul, 02-06-2013
Le foto di Serena Tarabini dalle strade di Istanbul: