editoriale
Nasce DinamoPress. Di movimento in movimento
Sono passati più di 10 anni, sembra di essere immersi in un passaggio d’epoca. Si è affermato il web 2.0, Twitter è stata una delle armi che ha fatto fuori i dittatori arabi, Anonymous fa tremare governi e apparati di sicurezza. La geografia dell’Infosfera è completamente cambiata, Internet è diventato uno spazio abitato da milioni di persone ogni giorno. Non a caso Geert Lovink (esperto e critico radicale della Net Culture), parla di «ossessioni collettive», riferendosi a Facebook, Google e a molto altro. Si parla e si partecipa, la socialità è ormai dispositivo macchinico, eppure quasi mai si decide. Vizio della sfera pubblica o contraddizione della rete di nuova generazione?
Ciò che è vero, indubbiamente, è che ognuno compone la sua informazione, costruisce il suo blog, aggrega le sue notizie, qualifica le sue comunità. L’informazione non è più la stessa, né quella mainstream, né quella indipendente. La libertà appare massima, ma allo stesso tempo non è mai stata a rischio come ora. L’individualizzazione delle pratiche di rete è anche e soprattutto la continua scrittura, da parte delle corporation, dei profili di consumo, la cattura dei gusti e degli stili di vita, il controllo, di nuova natura, della devianza. È attraverso la rete e la connessione permanente che le nostre vite sono messe al lavoro. Serve ancora, date queste premesse, un altro sito? E se sì, a cosa?
Sulla risposta non abbiamo dubbi. Ora, più che mai, è il momento. Sono necessari nuovi terreni di ricerca e di innovazione, di cooperazione e di conflitto. Un sito di movimento serve se e solo se sa essere luogo di costruzione del discorso e dell’azione politica sovversiva. Costruire non fa rima con rappresentare, meglio, dove c’è creatività, là è impossibile parlare a nome degli altri. Ancora: un luogo o uno spazio dove non si mettono radici profonde, ma dove si procede in orizzontale, proliferando come fili d’erba. Se cercate una nuova identità in rete, DINAMOpress non fa al caso vostro. Potete sentirvi a casa, piuttosto, se avete bisogno di una nuova “cassetta degli attrezzi”: linguaggi, immagini, inchieste, nomi comuni, congetture, risate o gesti.
La Dinamo, come sappiamo tutti, è un trasduttore: si trattava, con la sua invenzione, di trasformare il lavoro meccanico in energia elettrica. Oggi, nell’epoca del web 2.0 e della crisi del capitalismo globalizzato, si tratta di combinare (o tradurre) lotte eterogenee e di trasformare la potenza delle parole e della cooperazione produttiva in atti e istituzioni sovversivi.
DINAMOpress è un progetto editoriale metropolitano, che guarda al mondo. I primi germogli prendono vita a Roma, capitale della rendita immobiliare e delle occupazioni. Ma chissà dove il vento porterà i nuovi semi? Di certo se ne fregano, i semi, di documenti e frontiere. Di certo il problema è ri-costruire l’Europa, contro Francoforte e la Bundesbank. Di certo solo rapporti pattizi e federativi tra combinazioni metropolitane, una rete transnazionale di contropoteri, possono sfidare la nuova «accumulazione originaria» che sta saccheggiando i cosiddetti PIIGS.
DINAMOpress comincia la sua avventura con un sito versione Beta che crescerà lungo il percorso. Si tratta di immaginare un nuovo intreccio tra agire politico e agire comunicativo, ricombinando insieme le esperienze dell’inchiesta operaia, del giornalismo indipendente e del mediattivismo, con gli strumenti multimediali oggi a disposizione. Ci chiediamo cosa significa fare informazione di movimento e in movimento nell’epoca del citizen journalism, dei blog e dei social network. Nella transizione dal populismo televisivo a quello digitale.
DINAMOpress nasce tra le periferie e le università, tra i centri sociali e le occupazioni, tra gli spazi di produzione culturale indipendente, cresce se è capace di generare energia e comunicazione tra chi resiste alla crisi.
DINAMOpress va online in occasione dello sciopero europeo del 14 novembre. La scelta non è casuale, ovviamente. Alle giornate che da sole fanno Storia non abbiamo mai creduto, ma sappiamo che a volte, in una sola giornata, si affermano tante linee di fuga. Proveremo a collocarci sulla soglia, nel transito verso l’Europa del comune. Convinti che il vento ci porterà lontano.
Roma, 12 novembre 2012