EUROPA
Il memorandum della disillusione
Intervista a Tasos Koronakis, segretario generale di Syriza fino all’agosto dello scorso anno. [ENGLISH VERSION] Un breve viaggio tra speranze di cambiamento incompiute e prospettive di trasformazione da ricostruire.
G: Syriza è andata al governo dicendo che avrebbe messo fine all’austerity. Ma non è stata in grado di farlo. Pensi che questo sia dovuto a errori tattici nei negoziati o a errori strategici nella prospettiva con cui si è rapportata ad essi?
T: Io penso che quello che Syriza ha detto è: “cerchiamo di negoziare all’interno dell’Eurozona, ma alla fine sceglieremo quello che è meglio per il nostro popolo, non ciò che vogliono i creditori”. Il fatto che questo “meglio” non fosse specificato è stato un primo errore. Ma soprattutto, non c’era un vero piano B che Syriza avrebbe potuto realizzare se i creditori avessero detto di no. Nel periodo precedente, Syriza ha creduto che la democrazia fosse superiore a quello che vogliono il FMI o la Germania. Ma oggi la realtà dell’Eurozona non è questa. Dopo i negoziati del governo greco, ciò è chiaro a tutti. Quindi, ci sono stati sia problemi di strategia, che errori di tattica. Perché nessuno ha costretto Syriza a firmare e soprattutto a garantire la continuità dell’austerity. Nessuno. Quando non c’è un piano, non puoi fare il contrario di quello che hai detto negli anni precedenti. Per questo c’è stata una spaccatura nel partito… e per questo ora sto parlando con te.
G: Quale pensi sia il peggior effetto di questo memorandum?
T: Il referendum è il fatto storico più grosso accaduto nello strano periodo che abbiamo vissuto durante gli ultimi anni. Perché Syriza era un partito da 4% e semplicemente lottava con i lavoratori e con il popolo greco. Era il partito che aveva una proposta diversa rispetto all’austerity. Quando è andato al governo, tra gennaio e il memorandum, anche se non ha fatto tutto ciò che avrebbe potuto per far esprimere la gente e aumentare la democrazia (perché il periodo dei negoziati è stato molto duro, e io posso capirlo…), c’è stata una grossa ondata di politicizzazione.
Il referendum ha mostrato che un sacco di gente si era assunta il rischio. Non voglio dire che hanno votato NO per uscire dall’Europa, ma hanno votato contro tutto, contro i leader dell’Eurozona, contro chiunque fosse al potere. E votando NO hanno detto: “ci prendiamo il rischio”. Perché non potevano sapere cosa sarebbe successo. E questo ci mostra che le persone hanno bisogno di qualcosa di diverso. È per questo che si sono assunte un rischio così grande per le loro vite, pur sapendo che si sarebbero potute schiantare e che dopo qualsiasi cosa sarebbe stata molto più difficile. Ma il 60% ha votato NO. Diciamo spesso che in questa lotta la società greca è andata avanti a Syriza. C’era molto da fare con la società in questa lotta, ma Syriza si è comportata come un governo normale e non si è messa dalla parte di un popolo così coraggioso.
G: Tu hai rotto con Syriza quando Tsipras ha convocato nuove elezioni, non quando ha firmato il memorandum…
T: Sì… e posso spiegarlo. Siccome sono stato segretario generale del partito, conosco bene tutte le difficoltà dei negoziati. Però ero convinto che dopo la sconfitta si dovesse andare al congresso del partito per discutere collettivamente quello che era accaduto. Quindi, forse avrei dovuto lasciare il mio posto prima, o forse non l’avrei mai dovuto prendere, ma in quei giorni pensavo che dovevamo discutere democraticamente tutta quell’esperienza. Questo è quello che ho tentato di fare, mentre subivamo una pressione enorme…
G: … sì, ma la mia domanda non riguardava solo la tua esperienza personale, anche se ovviamente è molto interessante. Ti ho ho fatto quella domanda perché hai detto che nessuno ha costretto Syriza a firmare il memorandum…
T: …non a firmare, ma ad applicare. Perché fino alla firma c’erano moltissime pressioni. Ci hanno detto: “firmate o ci sarà un collasso delle banche”. E le persone, anche i poveri, avrebbero perso tutti i loro soldi. Quindi era una situazione estremamente difficile. E la situazione era così difficile perché non ci eravamo preparati. Ma quando sei in una situazione simile non puoi fare molto. Hai continuato a prendere tempo, l’economia e la società sono esauste. Hai ottenuto il 60% al referendum. Tutte le tue armi di negoziazione sono finite e sei sull’ultimo gradino. E loro dicono: “o firmate o ci sarà un collasso e noi faremo di tutto per fottervi”. In quel momento non hai molte possibilità di scelta. E voglio dirlo chiaramente: la responsabilità è tua, perché non ti sei preparato. Ma anche se non hai scelta, anche se firmi, perché devi farlo, non devi per forza garantire e applicare tutto ciò. Syriza era il partito che aveva promesso di uscire dall’austerity, ed è il partito che adesso sta applicando l’austerity.
G: Tra le cose che Syriza ha promesso durante la campagna elettorale, quali è riuscita a realizzare?
T: Ci sono alcune cose. Nei primi mesi sono state adottate delle misure di solidarietà con le persone molto povere. Altre riguardano i diritti dei detenuti. Ci sono stati dei provvedimenti positivi sule modalità di pagamento dei debiti verso lo Stato e sono stati approvati dei tagli parziali di questi debiti. Ma non è abbastanza. Nei primi mesi, il partito avrebbe dovuto firmare maggiori provvedimenti per creare relazioni migliori con i lavoratori e con i poveri. Per esempio, i contratti collettivi nazionali. Abbiamo fatto questa discussione tre volte nel partito, ma non li abbiamo approvati. C’era questa logica: non possiamo combattere contemporaneamente su più fronti. E siccome c’erano i negoziati, abbiamo deciso di mettere le energie maggiori su quel fronte e posporre gli altri. E questo è stato un grande errore. Perché abbiamo perso tempo, perché i negoziati continuavano a fare passi indietro. Mentre il governo pensava di guadagnare tempo, in realtà lo stava perdendo.
In quel periodo avremmo potuto fare molte più cose. Nei primi sei mesi abbiamo fatto solo cinque o sei cose che erano nel programma, ma la gente ha capito che per Syriza era la prima volta al governo e aveva tutti contro. Le persone hanno capito che dovevano aspettare. Ma questo è stato un fallimento totale per il governo, perché forse era quello il momento in cui le persone si aspettavano qualcosa di forte, qualche cambiamento importante. Questo avrebbe potuto costruire un legame diverso con la società e avrebbe potuto dare maggior potere al governo. In realtà, il governo ha perso potere perché non ha fatto abbastanza contro quello che diceva l’Eurozona. Eppure nei primi mesi c’era un sentimento differente: che avevamo un nuovo governo che lotta per il popolo, che alcune persone stavano provando a fare qualsiasi cosa potessero. Adesso non c’è più speranza. Le elezioni di gennaio e quelle dell’estate sono completamente diverse. Nel secondo appuntamento le persone hanno votato Syriza (600 mila voti in meno) con la rassegnazione del “abbiamo perso, cosa dobbiamo fare?”. Ma a gennaio avevano votato con la prospettiva di grandi trasformazioni, con la speranza che qualcosa di nuovo stesse arrivando, che dopo 20 anni il governo sarebbe stato con loro. Perché negli anni precedenti, anche se Syriza era un partito piccolo, è sempre stato accanto al popolo. Anche nelle situazioni peggiori, quando la polizia era contro il popolo. Dicembre 2008 è stato un periodo difficile per i partiti normali, ma Syriza era là. A piazza Syntagma, nonostante la violenza della polizia, Syriza c’era.
Le grandi trasformazioni arrivano tra il 2012 e il 2015. Nel 2012 Syriza diventa il secondo partito alle elezioni e imbocca la strada del governo. Il suo modello organizzativo e di leadership inizia a cambiare, assicurando sempre più potere a Tsipras e centrandosi sempre più sullo scopo di andare al governo. Facendo tutto a questo fine. Questo è il motivo per cui in quel periodo ci sono tante rotture, conflitti, divisioni. E questo è il motivo per cui alla fine, nel 2015, Syriza è arrivata a dire “non è successo niente, dovete solo votarci e rispettare la democrazia e noi metteremo fine all’austerity”. Come se questo sarebbe potuto avvenire senza una lotta. Ho descritto lo slittamento da un partito di movimento a un partito di governo, fino alla firma del 2015. Dal 2012 al 2015, e ancor di più nei sei mesi di governo, c’è stata la trasformazione di Syriza in un partito normale. Quello che dice adesso, in realtà, è quello che dicevano i governi precedenti: “lo faremo meglio degli altri”. Non dice più “lavoriamo per il popolo”, ma “il nostro lavoro è migliore di quello dei partiti di destra”. È questa l’unica differenza, non c’è una prospettiva veramente alternativa. E quello che hanno detto dopo la firma è più o meno quello che dicevano i precedenti governi del memorandum: “ci sono misure difficili, le dobbiamo prendere e dopo le cose andranno meglio, arriverà la crescita e con essa metteremo fine all’austerity e realizzeremo la giustizia sociale”. Non ci sono differenze con i governi precedenti. E questo è molto pericoloso. Perché c’è molta disillusione tra le persone che hanno lottato durante questi cinque anni di memorandum e non sappiamo cosa può accadere nei prossimi anni. Dopo una grande ondata di politicizzazione, sempre più gente dice “siete tutti uguali”. La crisi della rappresentanza sta crescendo ancora. Syriza è stata la risposta a questa crisi, perché non voleva rappresentare i movimenti, ma portare le decisioni dei movimenti nel Parlamento. Dopo lo slittamento a partito di governo questo tipo di eredità è stata perso e le decisioni vengono prese soltanto nel circolo ristretto del Primo Ministro. In questo contesto, l’antipolitica cresce e questo può essere un buon terreno per la presa del potere dei fascisti e dell’estrema destra.
G: Pensi che dopo la firma del memorandum sia ancora possibile in Grecia trovare una risposta di sinistra alla crisi della rappresentanza?
T: Non abbiamo altro da fare. Dobbiamo trovare una risposta. Si tratta della questione principale per noi. Se guardi dentro Syriza e cerchi le ragioni della trasformazione, vedi che anche se era un partito di movimento, anche se i suoi membri facevano parte del movimento, la struttura del partito non era giusta. Quindi, adesso il punto è questo: in che modo organizziamo la nostra lotta. Di sicuro il potere non può crescere solo dal livello politico. Dobbiamo produrre potere dal sociale e dobbiamo trovare un modo nuovo di organizzare questa lotta, legando insieme il movimento e la sinistra nella lotta per il potere. Dobbiamo riguardare tutte le procedure su come produciamo potere e su come ci posizioniamo sulla strada per il potere. Questa strada non passa solo per il Parlamento. Come sinistra, dobbiamo lottare anche per il Parlamento, ma allo stesso tempo abbiamo sfide più profonde da animare a livello sociale, per trasformare il modo in cui sono organizzate la vita e il pensiero delle persone. E questa è la ragione per cui non si può combattere contro l’Eurozona e i poteri forti solo a livello politico, senza produrre potere dalla società. Questo è un nuovo problema e noi dobbiamo trovare delle nuove risposte.
G: In questi giorni in Grecia ci sono state nuove manifestazioni contro l’austerity. La settimana scorsa, c’è stato uno sciopero generale…
T: … un grande sciopero generale…
G: … e ora a protestare nelle strade ci sono gli agricoltori, gli avvocati, i dottori. Ho l’impressione che in Italia queste manifestazioni siano sovra-rappresentate rispetto a quanto accadeva durante i governi di Nea Demokratìa….
T: … qui succede lo stesso. Le televisioni mostrano tutto il giorno queste mobilitazioni. Ma il governo sta provando a dire che tutte queste persone sono di destra o di estrema destra. Ma questo non è vero. Nonostante le televisioni e i giornali sovra-rappresentino queste piazze, nonostante sappiamo che ci sono settori del capitale greco che vogliono far cadere questo governo, la gente che sta scendendo in strada non è spinta soltanto da ciò. Ci sono anche persone di sinistra, che sono state in piazza durante questi anni. Perché c’è anche una grande esperienza nella lotta. Il movimento delle piazze è stato ottimo per questo. Le persone sono abituate a lottare per i propri diritti e lo stanno facendo perfino contro il governo da cui si aspettavano la risoluzione dei problemi. Quello che voglio dire è che queste proteste sono complesse, perché coinvolgono sia persone di destra, che di sinistra.
G: Quali classi sociali sono scese in piazza? Voglio dire, gli agricoltori sono contadini o proprietari terrieri? Gli avvocati, sono titolari di grandi studi o avvocati giovani e precari?
T: Entrambi. Sono insieme. Perché queste misure sono orizzontali. Avvocati giovani e precari che prendono stipendi bassissimi non possono pagare nuove tasse. Allo stesso tempo, queste misure prendono soldi anche dagli avvocati più ricchi. Inoltre, i ricchi non hanno fiducia in Syriza: nonostante abbia firmato, nonostante si sia impegnata ad approvare le misure, non è il loro partito e vogliono destituirlo. Perciò questo periodo è così strano: abbiamo insieme lotte della sinistra e della destra sulle stesse cose. Per esempio, rispetto al sistema pensionistico c’era una battaglia dei poveri e delle persone di sinistra, insieme ai ricchi e a quelli di destra. Sui rifugiati la stessa cosa: ci sono persone contro il governo da posizioni di estrema destra, perché li lascia passare; e ci sono anche opposizioni da sinistra, che dicono che il governo alla fine applicherà il piano Euro-NATO, chiuderà le frontiere e farà i respingimenti. Quindi le politiche di Syriza trovano opposizioni sia destra, che da sinistra. Si tratta dunque di una situazione molto strana e adesso anche gli altri partiti della sinistra stanno capendo che se il popolo non trova una forma di espressione a sinistra, la destra otterrà l’egemonia. Se questo governo cadrà da destra, non verrà niente di buono. Quello che vogliamo è finirla con l’austerity, non con l’austerity di questo governo. Ma allo stesso tempo non possiamo stare dalla parte di questo governo, perché si sta comportando come i socialdemocratici negli anni scorsi. E perché alla fine ha firmato e sta applicando il memorandum e l’austerity contro il popolo. Quindi, anche se ci sono alcune cose positive – i diritti delle coppie omosessuali o l’accesso universale al sistema sanitario, che sarà approvato a breve – non sono i progetti principali che aveva Syriza. Oggi, il governo sta provando a svolgere un ruolo umanitario, ma quando realizzi politiche che producono i poveri, non puoi dire “siamo con i poveri”. Perché sono le tue politiche che li rendono poveri.
G: L’ultima domanda riguarda la sinistra in Europa. Penso che sia troppo facile parlare di un “fallimento di Syriza”. Con la firma del memorandum tutta la sinistra europea ha perso, sia quella istituzionale che quella di movimento. Tutto quello che abbiamo fatto negli ultimi anni non è stato sufficiente, perché anche se ci sono state manifestazioni di solidarietà con la Grecia, queste non sono state in grado di esercitare una vera pressione sugli altri governi affinché si posizionassero in maniera diversa nei negoziati. Possiamo dire che l’opzione di Syriza era un discorso alternativo all’austerity su un livello europeo. Dopo la sua sconfitta, ciò che temo è che siano i discorsi nazionalisti a diventare l’opposizione alle misure neoliberali. In questo quadro, pensi ci sia ancora spazio per la sinistra in Europa e su quali canali si dovrebbe riavviare un discorso di sinistra?
T: Dobbiamo farlo. Non possiamo aspettare che qualcun altro crei un’alternativa a questa situazione. Innanzitutto, si tratta di un periodo interessante. Abbiamo visto quello che è successo in Portogallo e Spagna. E la Spagna è un paese grande, non è la Grecia. Quello che spero è che spagnoli e portoghesi capiscano i nostri errori e vadano oltre. Non sono sicuro che la strada del governo con i socialdemocratici sia la risposta. Non ho speranza o fiducia in loro. La mia paura è un ritorno della socialdemocrazia con l’aiuto della sinistra, come fosse un’alternativa che alla fine si scopre non essere tale. In ogni caso, dobbiamo uscire fuori dall’illusione dell’Eurozona. L’Eurozona è un meccanismo di potere dentro i singoli paesi. Il periodo precedente ha dimostrato che i leader dell’Eurozona non fanno caso a un’elezione democratica in un paese. L’Eurozona è un meccanismo egemonico tedesco e la Germania sta provando a renderlo un meccanismo estraneo ai rapporti di forza nazionali.
Credo che dobbiamo immaginare un piano che alla fine miri alla dissoluzione del meccanismo dell’Eurozona e alla costruzione di una nuova forma di cooperazione. La prima cosa che abbiamo detto è che volevamo uscire dall’austerity, ma se l’austerity e l’Eurozona sono la stessa cosa, dobbiamo lottare per uscire dall’Eurozona. Ma non in un modo nazionale. Dobbiamo avere un piano europeo per la dissoluzione dell’Eurozona e un piano comune per ricostruire nuove forme di cooperazione. Perché il rischio serio è di trovarsi uno contro l’altro nello stesso gioco. Inoltre, abbiamo bisogno di unioni periferiche, per pesare di più nelle relazioni di potere nazionali e internazionali. Perché fuori dall’Eurozona non c’è un posto perfetto. Non esiste alcun luogo senza capitalismo. Anche fuori ci sono gli USA, l’imperialismo, la guerra. Quindi, penso che dobbiamo costruire un percorso che abbia al centro la democrazia. Democrazia e giustizia contro austerity. Perché l’austerity cammina per forza su sentieri anti-democratici. Nessuno può imporre sempre maggiori misure d’austerity senza politiche autoritarie. Dobbiamo costruire un percorso europeo, degli abitanti dell’Europa e non dei leader e degli Stati europei. E dobbiamo prepararci a produrre potere dalla società. E, insieme ai movimenti, a realizzare un’alternativa egemonica contro quella neoliberale. Non è semplice, ma dobbiamo trovare un’alternativa.
Nel periodo precedente Syriza ha fatto una lotta per il futuro di tutti i paesi europei, senza una forte cooperazione con i partiti e i movimenti della sinistra. E questo è stato un altro errore da parte nostra. In Grecia abbiamo avuto moltissimi movimenti, ma non abbiamo creato una forma di cooperazione tra loro che potesse esercitare una pressione sul governo, affinché non firmasse o non implementasse il memorandum. Dobbiamo costruire istituzioni alternative dal nostro lato, dai movimenti e dalla sinistra, per cooperare anche a livello europeo, per trovare dei modi di organizzazione più democratici e per raggiungere un livello di collaborazione più alto. Negli anni scorsi abbiamo fatto una parte del cammino, abbiamo avuto alcuni buoni esempi, ma adesso tutto questo è ancora più urgente. La cooperazione della sinistra e dei movimenti popolari in Europa per costruire un progetto egemonico antagonista è necessaria. Non per uscire fuori dallo Stato e dai suoi problemi, dicendo “troveremo una soluzione europea”. Non sono d’accordo su questo, sullo stile di Varoufakis… come se dall’alto potessimo democratizzare l’Europa. Rimango aperto alla sua proposta, ma per il momento non penso che sia quella la strada. Dobbiamo iniziare dai gruppi di base, rafforzare la nostra cooperazione e creare un piano comune europeo per i poveri. Questa è la cosa più difficile, ma è la nostra T.I.N.A.. Non abbiamo alternative.