EUROPA
Giovedì 38 marzo, Parigi
Appunti dentro un percorso in movimento. Verso la grande manifestazione del prossimo sabato, 40 marzo.
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“Fino al 32 marzo!”. La Francia in sciopero contro la loi travail
Qui da qualche giorno il tempo sembra essersi fermato, il calendario è stato sovvertito e aprile non è mai arrivato. Un gioco, una provocazione quella di cominciare a contare i giorni in questo modo, la fantasia di chi ha provato a scommettere sulla mobilitazione contro la Loi travail, dando un segnale chiaro a tutti i sindacati: in questo caso non ci sarebbe stata alcuna concertazione possibile, alcun gioco delle parti ammissibile, la lotta doveva proseguire. Oltre lo sciopero generale del 31 dunque, fino al 32… Ma sembra davvero che a questo punto marzo durerà ancora a lungo in questo paese.
Dalla sera di giovedì scorso place de la République è stata trasformata in una vera e propria agorà a cielo aperto dove da giorni migliaia di persone si incontrano, discutono, si conoscono e cominciano ad organizzarsi. Una piazza che è stata da subito presa a modello in moltissime altre città di Francia che provano a rilanciare la stessa modalità di mobilitazione permanente (qui un mappa).
Tutto è partito da una proposta che Francois Ruffin (autore e regista del film Merci Patron) e il collettivo del giornale politico-satirico Fakir hanno elaborato insieme ad alcuni gruppi di lavoratori sindacalizzati (Goodyear, Air France, ex-PSA) esponenti delle lotte ambientali (Notre Dame de Landes e Coordination Paysanne) in un’iniziativa pubblica dal titolo “Leur Faire Peur” legata alla promozione del film.
L’idea era semplicemente quella, finita la manifestazione del 31, di non tornare a casa ma di occupare una piazza cittadina con l’obbiettivo di “moltiplicare la presa di parola pubblica” in un momento in cui il malcontento per le politiche del governo socialista sembra davvero aver raggiunto livelli altissimi. Così è nata la Nuit Debout (la notte in piedi), una buona idea, propagandata attraverso i social e arrivata al momento giusto.
Niente di più di una ricetta simile a quella che, dopo Puerta del Sol e dopo Occupy, si è tentato di replicare in molti paesi, non sempre con lo stesso successo. Qui invece i numeri sono stati da subito altissimi. La proposta ha saputo interpretare un sentimento comune e strutturarsi da subito in modo aperto a molteplici tipi di attraversamento. La democrazia diretta e l’orizzontalità sono i due punti fermi della piazza che dall’inizio ha messo a critica le forme della rappresentanza politica tradizionale. Fin da subito si stabilisce un piano organizzativo che prevede un’assemblea generale, ogni giorno alle 18:00, e cinque commissioni: “democrazia interna”, “azione”, “logistica”, “comunicazione” e “animazione”.
É la commissione democrazia che svolge uno dei compiti inizialmente più importanti: quello di stabilire in che modo debbano realizzarsi le discussioni comuni e in che modo alla fine si decida. Viene immediatamente mutuata tutta la gestualità delle assemblee del 15m in Spagna: far vibrare le mani in alto equivale a un gesto di approvazione, incrociare gli avambracci significa esprimere un dissenso. Quando qualcuno parlando si dilunga o si ripete la cosa viene segnalata ruotando le braccia davanti al petto.
Le regole sembrano funzionare, e non sono una pura formalità, né tanto meno un esercizio di copia-incolla se si gestiscono assemblee con numeri così alti. Sin dal primo giorno, sono centinaia le persone in piazza che partecipano. Il picco si è raggiuto dopo la manifestazione del 5 aprile (il 36 di marzo). Alla conta del voto, ancora molto presente qui in Francia in tutte le assemblee gestite dai sindacati studenteschi, si sostituisce il principio del consenso. Tutte le decisioni che hanno un consenso visibilmente alto sono ratificate dall’assemblea.
Ogni giorno le commissioni riportano il loro lavoro all’assemblea che approva o meno le proposte. Si procede talvolta molto lentamente, ma nessuno sembra ancora spazientirsi. Si invitano tutti ad intervenire ma i più sollecitati a raccontare i propri punti di vista sono gli esponenti delle lotte sociali: gli studenti liceali e universitari, i Sans Papiers e i migranti, i lavoratori precari e i disoccupati, i collettivi femministi e Lgbtq, i gruppi anti-sfratto e di lotta per la casa, gli intermittenti dello spettacolo e infine i comitati che si battono da tempo contro lo stato d’emergenza.
Sembra quasi che tutto risponda a un disegno: le lotte in Francia esistono già, il nostro compito è solo quello di federarle attorno a dei punti comuni. Più che una manifestazione la Nuit Debout vuole essere un’operazione di costruzione. E sembra che l’obbiettivo sia raggiunto. Le differenze non devono omogeneizzarsi, arrivare a sintesi, vanno invece preservate.
Ma se questa eterogeneità è una ricchezza, la piazza comincia a trovare alcuni denominatori comuni: respinge un gruppo di neofascisti che nella serata di sabato attaccano il concerto organizzato dal gruppo animazione (#33 marzo); prova a fornire un luogo protetto e un pasto caldo ai rifugiati che da settimane dormono sotto il ponte della metro Stalingrad vessati dalla polizia (#36 marzo); risponde con decisione alla sproporzione delle azioni polizesche che si abbattono sul corteo studentesco di martedì (#37 marzo) ottenendo, grazie al blocco della circolazione, il rilascio di tutti i fermati.
Le assemblee vanno avanti fino a tardi. Quando dalla tribuna si chiede se ci sia voglia di continuare a discutere il più delle volte la platea seduta a terra si esprime con un sì. Nel frattempo, gruppi di lavoro e sottocommissioni si formano un po’ tutto intorno, i temi sono i più disparati: c’è chi si organizza per portare la Nuit Debout nelle banlieues, chi prepara un giornale da distribuire in métro, chi traduce i comunicati e chi organizza una festa per il giorno dopo. Sulle lavagne del tendone “accueil” è già presente un lunghissimo calendario delle azioni e degli appuntamenti dei prossimi giorni.
Questa è la ricchezza di place de la République, che ora aspetta la giornata di sabato 9 aprile (#40 marzo) per un nuovo importante appuntamento di mobilitazione contro la legge sul lavoro del ministro El Khomri. Il primo in un giorno festivo. La speranza è che davvero una grande coalizione possa nascere non solo nell’opposizione a questa legge, ma più in generale nei confronti dell’austerity imposta dall’Europa. Questa speranza riposa oggi anche nello spazio di incontro ed elaborazione che ha aperto la Nuit Debout.
Una speranza non solo per il movimento francese, ma più in generale per ricostruire un’opposizione ampia e transnazionale all’attacco frontale al welfare, ai diritti, al lavoro e al reddito che accomuna le politiche di molti governi europei, ovvero al progetto di governo neoliberale della crisi.