TERRITORI
Bologna è vuota, la polizia può sgomberare
In mattinata, doppio attacco della polizia contro gli spazi sociali bolognesi. Sgomberato Làbas e sigilli al Crash. In via Orfeo, cariche contro gli attivisti che resistevano allo sgombero. Diversi contusi. Alle 12.30 conferenza stampa.
• Da Roma a Bologna: difendiamo gli spazi sociali e di libertà
Centinaia di poliziotti in assetto anti-sommossa, decine di blindati e agenti in borghese: è l’estate della Bologna amministrata dal PD. Questa mattina, in una città soffocata dal caldo estivo e semivuota per la partenza di tantissimi studenti e residenti storici, sono stati attaccati contemporaneamente due spazi sociali.
Intorno alle 7 di mattina, gli agenti si sono presentati ai cancelli di Làbas. Ad attenderli, nonostante il periodo complicato, almeno in cento tra attivisti e abitanti del quartiere. Ieri, infatti, era circolata la notizia di un possibile sgombero, a cui era immediatamente seguito il lancio di una colazione resistente. Per partecipare alla difesa dello spazio c’è chi ha percorso centinaia di chilometri, tornando a Bologna in nottata, dalle province del sud Italia. C’è anche chi accanto a quell’edificio ci è nato e continua a viverci e ha preferito una sveglia presto e una dimostrazione di dignità a una meritata giornata di riposo estivo.
Così, attiviste e attivisti hanno barricato lo spazio, rovesciato cassonetti per rallentare l’arrivo dei mezzi e poi, insieme ai residenti del quartiere, frapposto i propri corpi all’intervento della celere. La polizia ha prima circondato con i blindati l’ex Caserma Masini, chiudendo gli ingressi dai lati di via de’ Butteri e via Borgolocchi. Poi, mentre alcuni poliziotti scassinavano gli accessi laterali dell’edificio, decine di altri agenti iniziavano a caricare le persone che presidiavano l’ingresso di via Orfeo. Manganellati quasi tutti i presenti, comprese diverse donne anziane. Nelle immagini, si vedono ragazze tirate per il collo e i capelli, persone trascinate sull’asfalto e poi colpite con i manganelli. Molti poliziotti erano evidentemente alterati dal caldo bolognese, oltre che dal solito “ardore” che la divisa produce in questi casi. A causa delle violenze della polizia, alcune persone sono state portate al pronto soccorso. Pare non ci siano fermi. All’interno dell’occupazione sono state anche incendiate alcune balle di fieno e il cielo di Bologna si è colorato di nero.
Lo spazio sociale di via Orfeo era stato occupato il 13 novembre 2012. Nello stesso anno, l’edificio di Cassa Depositi e Prestiti era stato sgomberato una prima volta, ma immediatamente rioccupato dopo una partecipata mobilitazione cittadina. Circa due anni fa, invece, la società elettrica aveva staccato la luce. Un tam tam di solidarietà e sostegno aveva risposto a questa ennesima intimidazione, permettendo la costruzione di un sistema autonomo di produzione elettrica, composto da un mega-generatore e da vari pannelli solari. E ancora, nell’inverno del 2015, a ridosso dei giorni di Natale, era arrivato un nuovo provvedimento della procura, con le ennesime minacce di sgombero. Gli attivisti avevano risposto con assemblee partecipate da centinaia di persone e la richiesta di apertura di una trattativa. Anche in questo caso, era stato mostrato pubblicamente il grande sostegno territoriale e cittadino di cui gode lo spazio. Una questione che evidentemente interessa poco all’amministrazione PD, sempre attenta a proteggere gli interessi dei grandi speculatori.
Nei suoi cinque anni di attività, Làbas, oltre a uno spazio sociale e di aggregazione giovanile, ha costruito un vero e proprio pezzo di welfare metropolitano autogestito: innumerevoli progetti sociali e formativi, eventi culturali e musicali, momenti di mobilitazione politica per la difesa dei diritti di tutti e in particolare dei più deboli. Tra le mura di Làbas vivevano: “Làbimbi”, progetto educativo destinato ai più piccoli e arricchito da numerose attività artistiche, teatrali e cinematografiche; “Accoglienza Degna”, un dormitorio autogestito in grado di accogliere dal basso fino a 15 persone, ma anche una biblioteca, uno sportello di assistenza legale e uno spazio di incontro e contaminazione; e poi il birrificio sociale, la pizzeria popolare, il laboratorio di falegnameria e quello artistico, la ciclofficina. Insomma, un vero e proprio laboratorio metropolitano ricco di passioni e servizi, radicato nel quartiere e amato dalla città. Un pezzo vivo di Bologna, che da oggi ritorna ad essere una ex caserma abbandonata. Alle 12.30 gli attivisti hanno lanciato una conferenza stampa.
E sempre stamattina, la celere ha sgomberato anche un’altra occupazione storica del capoluogo dell’Emilia-Romagna: il Laboratorio Crash, centro sociale ricco di attività e punto di riferimento per diversi collettivi universitari. Intorno alle 8, gli attivisti hanno lanciato l’allarme: “Gravissimo: la procura ordina la questura esegue. Stanno sgomberando ora il lab Crash!”. Sull’edificio occupato sono stati apposti i sigilli giudiziari.
Restano grossi punti interrogativi sulle motivazioni di questa doppia provocazione contro la città e sulla sua catena di comando effettiva, in un rimpallo di responsabilità tra questura, procura e amministrazione comunale. Sui due spazi, infatti, pendevano da anni ordinanze di sgombero della procura, ma fino a ieri non c’erano state avvisaglie del fatto che qualcosa stesse cambiando. Crash si trovava in un edificio fuori dal centro e, almeno apparentemente, lontano dagli appettiti degli speculatori. La situazione di Làbas, secondo quanto dicono alcuni attivisti, sarebbe dovuta restare in standby finché Cassa Depositi e Prestiti non avesse trovato un compratore. Cosa che non sembra sia accaduta in queste settimane estive. Intanto, l’amministrazione PD nega, come di rito, il coinvolgimento in questi due sgomberi, solo gli ultimi di una lunga serie sotto la giunta guidata da Virginio Merola.
Comunque, una cosa è certa: da oggi Bologna è ancora più vuota. Un altro pezzo di deserto sociale è avanzato in città. Lo hanno fatto ad agosto, perché forse solo ad agosto potevano farlo. Ma, ne siamo sicuri, questa storia non finirà qui.