MONDO

Ayotzinapa, Guerrero, e il terrorismo di Stato

Nello stato di Guerrero, in Messico, lo scorso 26 settembre la polizia ha assassinato, torturato e fatto sparire decine di studenti che protestavano. Uno degli episodi più gravi e atroci della guerra sporca contro i movimenti sociali.

Il Guerrero è un stato del sud-ovest del Messico, che si affaccia sul Pacifico. A livello internazionale è conosciuto forse solo per alcune sue spiagge, tra cui la deturpata baia di Acapulco, mentre negli ultimi anni qualche notizia è girata relativamente al cosidetto “proliferare” del narcotraffico.

In Messico invece, il Guerrero è conosciuto anche per la sua lunga storia di proteste e resistenze che si sono duramente scontrate con repressione e violenza dello stato e dei potenti caciques che controllano la politica e l’economia attraverso gruppi paramilitari, corruzione e rapporti clientelari.

Bronco è l’aggettivo con cui si definiva tradizionalmente il Guerrero, cioè marcato da una violenza brutale, quasi strutturale e fisiologica.

In Guerrero ci fu una fortissima guerriglia rivoluzionaria nei primi anni ’70, guidata da Lucio Cabañas e dal suo Partido de los Pobres, che riuscì a mettere sotto scacco più volte l’esercito federale, prima di essere annientata. Racconta Carlos Montemayor nel suo affascinate romanzo “La Guerra nel Paradiso” che durante la repressione contro i guerriglieri di Cabañas e le loro basi di appoggio fu inaugurata la pratica di gettare i corpi di desaparecidos dagli elicotteri nell’oceano, un metodo che le dittature latinoamericane del cono sud appresero in fretta negli anni a venire.

Il Guerrero è stato anche la base di altri importanti movimenti di resistenza tra il 1994 e il 2010. Alcuni di essi erano armati, come le guerriglie dell’EPR e dell’ERPI. Altri erano popolari nonviolenti come i contadini ecologisti della Sierra di Petatlàn, più volte in carcere per difendere le foreste dallo sfruttamento, o gli indigeni Mepha’a, che denunciarono le violenze dell’esercito contro le loro comunità e riuscirono a portare il caso di due donne stuprate dall’esercito fino alla Corte Interamericana per i Diritti Umani.

Racconto tutto questo perché è solo riannodando il filo rosso della storia di quei luoghi che si può comprendere il contesto in cui avviene il massacro degli studenti della scuola rurale di Ayotzinapa, nella città di Iguala, tra il 24 settembre e il 3 ottobre.

Ayotzinapa è una scuola a pochi chilometri dalla capitale dello stato, Chilpancingo. Essa è “rurale” nel senso che forma gli insegnanti che poi sono inviati ad insegnare nelle comunità montane. Da sempre è conosciuta per formare insegnanti attivi politicamente, impegnati in proteste e manifestazioni: un maestro rurale, formatosi ad Ayotzinapa, era pure Lucio Cabañas.

Ayotzinapa ha sempre subito per questo motivo una dura repressione. Il 12 dicembre 2011, ad esempio, durante un importanti corteo, due studenti vengono uccisi a colpi di pistola dalla polizia.

Quanto è accaduto in questi giorni è però ben più grave e si configura come un atroce massacro premeditato.

Nel tardo pomeriggio del 26 settembre, a bordo di 3 di autobus, ottanta studenti della scuola partono dalla città di Iguala, dove avevano svolto alcune attività di raccolta fondi per le loro iniziative, per tornare ad Ayotzinapa. Appena usciti da Iguala, varie pattuglie della polizia prima sparano contro gli autobus, e poi creano un blocco stradale.

Qui inizia l’attacco più grave, vengono tutti fatti scendere dai bus e la sparatoria è immediata, i ragazzi cercano di scappare nei dintorni, tre muoiono sul colpo, uno cade a terra ferito e si trova tutt’oggi in stato vegetativo, più di venti vengono fatti prigionieri. Dopo 40 minuti di sparatoria, la polizia si allontana.

A mezzanotte, mentre i giovani sopravvissuti cercano di organizzarsi sul luogo dei fatti per informare di quanto era successo e protestare, giunge un camionetta, scendono alcuni uomini non identificabili, e ricominciano a sparare, uccidendo sul colpo altri due studenti. I feriti, nei due episodi, sono più di 20.

Quando il mattino successivo i superstiti si rivolgono al tribunale statale per avere contatto con gli arrestati, non vi è traccia di questi. In tutto sono 43 i desaparecidos, tra arrestati, e persone in fuga al momento dell’attacco e poi scomparse.

Il giorno successivo, in un tratto di strada vicino al luogo dell’agguato, viene trovato il corpo morto di uno studente, con evidenti segni di tortura.

Tutto precipita verso lo scenario più agghiacciante. Il 3 ottobre viene scoperta vicino ad Iguala, una fossa comune, con i corpi, a fatica riconoscibili, degli studenti di Ayotzinapa, alcuni bruciati, altri fatti a pezzi.

Ad oggi ne sono stati identificati 28, degli altri 15, ancora non si sa nulla.

E’ un massacro con pochi precedenti, quasi disorienta nella sua tragicità, ma avrebbe bisogno invece di una ondata di indignazione nell’opinione pubblica, di una dura protesta di massa internazionale, della richiesta di verità e giustizia.

Le date sono drammaticamente simboliche. La fossa comune è scoperta il 3 ottobre, il giorno successivo del 2 ottobre in cui si ricorda per le strade della capitale il massacro degli studenti nel 1968, a piazza Tlatelolco, quando in più di cento universitari furono trucidati da esercito e paramilitari, durante una manifestazione di protesta, poco prima delle Olimpiadi.

Pochi giorni fa, il Tribunale Permanente dei Popoli (ex Tribunale Russell, istituzione indipendente formata da giuristi di tutto il mondo, per indagare su gravi violazioni a diritti umani contro le popolazioni) aveva emesso la sua sentenza di condanna allo stato messicano e alla sua “Guerra Sporca” contro i movimenti sociali, dopo mesi di indagini e raccolta di testimonianze.

Questo è il Messico di Enrique Peña Nieto, amico dell’Europa e degli Stati Uniti, il Messico importante partner commerciale dell’Italia, il Messico delle spiagge caraibiche e dei resti maya, promosso come luogo meraviglioso per i turisti di tutto il mondo, ma che sta sempre di più avvicinandosi alla Colombia in quanto a terrorismo di stato e controllo politico-mafioso del sistema di potere.

Un luogo dove chi si oppone ai poteri dominanti viene così brutalmente e impunemente ucciso e dove si esercita una sistematica violenta repressione nei confronti dei movimenti sociali.

Gli studenti di Ayotzinapa chiedono verità e giustizia per i loro compagni. Non lasciamoli soli.

Per informazioni

www.tlachinollan.org

www.comitecerezo.org