MONDO
Aleppo: un racconto di tre città
«Aleppo è solo un piccolo esempio di ciò che sta accadendo ed è accaduto in Siria a causa del regime e degli altrettanto violenti ribelli. La realtà è che nessuno dei due è un’alternativa appropriata».
• Aleppo: né con Assad, né con i jihadisti
Aleppo e la sua crisi umanitaria hanno dominato i media internazionali nelle scorse settimane. Articoli con titoli estremamente disastrosi hanno preso sempre più piede e sono emerse molte immagini strazianti delle brutalità del Regime.
Le cose, però, sono arrivate ad un limite con un recente video divenuto virale di una donna chiamata Eva Bartlett, una giornalista canadese e ‘attivista per i diritti umani’, che parla della attuale situazione di Aleppo. Bartlett afferma di essere stata in Siria, comprese le zone di Aleppo lacerate dalla guerra, quattro volte (come sia riuscita a fare lo capiremo presto) e sostiene che nella sua ‘esperienza’ la gente di Aleppo, e la Siria in generale, sono completamente pro-Assad e lo rivogliono al potere. È stato un deputato di Aleppo ad invitarla a fare questo viaggio insieme ad altri giornalisti. Il suo discorso in occasione della riunione delle Nazioni Unite è stato percepito come la rappresentazione della ‘verità’, ed è stata applaudita per essere una voce della ragione contro i media internazionali, che stanno dimostrando sempre di più un pregiudizio contro Assad e sostenendo un ‘cambio di regime’, sollevando sentimenti sgradevoli che ricordano i fallimenti dell’Iraq e le sconfitte dell’Afghanistan. Di fatto, la realtà è che, in virtù del suo parziale e unilaterale punto di vista, Barlett stessa fa parte della macchina della propaganda mediatica, che lavora tutta insieme contro le esigenze e gli interessi dei civili sofferenti di Aleppo. Il fatto che Bartlett abbia un blog permanente su RT.com di Russia Today è un altro importante indizio per comprendere questa cosa.
Map of Aleppo, February 2016
Ma per comprendere quello che sta succedendo ad Aleppo dobbiamo capire come, ad oggi, la città è divisa. Aleppo è suddivisa in due parti: la parte controllata dal regime – che è l’area dove ci sono ancora discoteche, ristoranti e bei parchi, dove le persone sono spesso raffigurate come sostenitrici di Assad, ben vestite, ben nutrite e ben mantenute (e quindi la prova della ‘bontà’ del regime con la sua gente) – e la parte controllata dai ribelli – che è l’area bombardata e distrutta di cui vediamo spesso le immagini. All’interno di questa zona, o più precisamente da qualche parte tra queste due aree, c’è l’area controllata dai curdi nel quartiere di Sheikh Maqsoud. Suppongo che Eva abbia avuto accesso alla prima parte di Aleppo. Come del resto ci suggerisce la sua capacità di viaggiare in una delle aree più pericolose della Siria, non una ma quattro volte in maniera sicura. Questo non ci deve far supporre che non esistano persone che supportano Assad nelle zone di Aleppo distrutte dalla guerra, o in Siria in generale, ma la sua visione molto parziale riflette la sua dipendenza ambigua su un sola parte della storia.
Ma per comprendere chi sta commettendo quali atrocità e cosa sta succedendo, dobbiamo andare un po’ indietro per capire il contesto, gli eventi storici e militari che si sono susseguiti.
Una delle zone contese tra i ribelli e il regime riguarda i quartieri di Nubl e Zahraa-Sh’ite (le città alawite) nel nord-ovest di Aleppo – che sono state sotto la diretta pressione dei ribelli che hanno cercato di circondarle e massacrarle. In Siria la politica delle identità è molto importante, dato che il regime è costituito in larga parte da sciiti alawiti, mentre i ribelli sono musulmani sunniti. L’attacco dei ribelli contro le città sciite, e i suoi civili, ha portato alla rappresaglia del Regime in difesa della propria ‘gente’.
Nubl e Zahraa hanno usato come importante meccanismo di sopravvivenza il passaggio per il cantone di Afrin. I curdi (YPG-YPJ) hanno mostrato generosità e hanno rifornito le città con cibo e provviste permettendogli di sopravvivere, fino a quando è stata lanciata l’operazione ‘free Aleppo’ da parte delle forze del regime. Irritati dal sostegno delle YPG ai quartieri di Zahraa e Nubl, i ribelli si sono vendicati usando ripetutamente armi chimiche contro i civili curdi di Sheikh Maqsoud. I ribelli hanno letto lo sforzo delle YPG per fornire aiuti a questi due quartieri strategici come una prova della collaborazione tra i curdi e il regime di Assad. Di conseguenza, i ribelli hanno ripetutamente sparato colpi di mortaio dal 2015 in poi contro Sheikh Maqsoud, uccidendo un gran numero di persone, così come hanno fatto in altri quartieri di Aleppo. Come prova esistono immagini terribili delle uccisioni e dei feriti, oltre alle immagini di quelle che sembrano essere armi chimiche usate da parte dei ribelli, che sono venute fuori da Sheikh Maqsoud. Nello specifico, i ribelli hanno usato ripetutamente su Sheik Maqsoud missili fatti a mano estremamente distruttivi chiamati Hell Cannons. Chiaramente, le YPG hanno risposto a questi attacchi. Eppure, tutte le immagini dei media internazionali silenziano la situazione di Sheik Maqsoud e spesso riducono il conflitto tra regime e ribelli, cancellando l’immensa lotta delle forze YPG e l’umanità delle persone di Sheikh Maqsoud. In questo modo, si elimina anche la questione curda e si riduce il conflitto siriano ad un lotta intra-araba.
Map of Aleppo, November 2016
In maniera simile, anche il regime ha attaccato i curdi, recentemente ad Hasake, mentre in precedenza ci sono stati violenti scontri nella città di Qamishlo. Ad Aleppo, il regime si è vendicato contro i curdi usando barel bomb (barili bomba) su Sheik Maqsoud.
All’inizio delle operazioni, le forze di Assad erano riuscite a circondare i ribelli, che però sono stati capaci di rompere l’assedio usando ‘veicoli suicidi’ per creare una via d’uscita. Quando questo primo assedio è stato rotto, i russi, con l’aiuto dell’Iran – nello specifico di Hezbollah – insieme ad altre forze come le brigate palestinesi di al Quds, sono diventati sempre più coinvolti – e più brutali – al fine di sconfiggere i ribelli. Per complicare di più la situazione, all’inizio delle operazioni per la riconquista di Aleppo (tardo 2015) un importante comandante iraniano di nome Hossein Hamedani, che probabilmente difendeva i luoghi santi degli sciiti ad Aleppo, è stato ucciso dai ribelli. Dopo la rivoluzione iraniana del 1979, questo era il primo comandate così importante ad essere ucciso in una missione all’estero ed ha portato gli Iraniani ad intensificare i propri sforzi per ripulire Aleppo dai ribelli sunniti (salafiti), ad ogni costo, aumentando le brutalità già esistenti. A turno i ribelli hanno ricevuto supporto dalla Turchia, dal Qatar, dall’Arabia Saudita e da altri regimi arabi, così come da Paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti. Un altro assedio è stato imposto su Aleppo dal regime, dall’Iran e dalla Russia, e questo sarà quello finale ed è la situazione in cui ci troviamo in questo momento [l’articolo è stato pubblicato il 27/12/2016, ndt].
Ma quindi chi sono i ‘ribelli moderati’ chiamati anche l’opposizione siriana? Essi includono vari gruppi salafiti e islamisti, molti dei quali sono composti da foreign fighters, tra cui i gruppi di Nuradin Zanki, Jabhat Fatah al-Sham (prima al-Nusra), insieme ad Ahrar al-Sham e Jaish al-Islam. Nuradin Zanki è quel gruppo che nel luglio del 2016 ha pubblicamente decapitato Abdullah Issa, un ragazzino di 12 anni che supportava il regime – un crimine che essi stessi hanno filmato e felicemente condiviso. Ahrar al Sham è un altro gruppo islamico che operava ad Aleppo Est che vorrebbe imporre la Sharia in Siria e a livello globale. Ma vista l’attenzione mediatica generata dall’ISIS con le sue brutalità, in larga parte le violenze e le brutalità di alcuni di questi ribelli non sono state osservate e documentate.
Certamente è importante notare che l’opposizione siriana non consiste solo di questi ribelli. Altri gruppi come il Consiglio Nazionale Siriano (SNC) o il Comitato Nazionale di Coordinamento (NCC), tra gli altri, stanno cercando di produrre un’alternativa alle opposizioni guidate dai ribelli.
A seguito della riconquista di Aleppo da parte del regime, le forze di Assad hanno commesso molti atti di violenza verso i ribelli e i loro sostenitori, molti dei quali sono attualmente in fuga dalla città. Da quello che sappiamo vengono commesse molte atrocità, a questo punto la domanda chiave è che tipo di atrocità e chi ne è l’obiettivo. Quello che si può dedurre è che le violenze da parte del governo siano alla pari con quelle portate avanti verso i civili di Sheikh Maqsoud, e altri quartieri di Aleppo, con l’unica eccezione che non vi è più la necessità di utilizzare mortai e missili perché le zone ribelli sono ormai sotto controllo e il regime può andare di casa in casa.
Di fatto i media internazionali stanno mostrando che il regime è impegnato in massacri e uccisioni di civili. Questi civili sono spesso, se non sempre, quelli alleati con i gruppi ribelli. Una parte del problema con i media internazionali è che stanno mostrando solo un lato della storia: che il regime di Assad è brutale e uccide i civili innocenti. E questo è vero. L’altra parte che non viene raccontata è che i ribelli (anche se non necessariamente l’opposizione siriana, perché bisogna ricordare che ci sono diversi gruppi di cui non possiamo assumere l’omogeneità e alcuni di essi vogliono un cambiamento democratico) erano brutali tanto quanto il regime di Assad. Ad esempio, il 18 dicembre, i ribelli hanno bruciato sei bus lungo la strada di evacuazione dei civili dai villaggi sciiti di Foah e Kefraya sotto il controllo governativo. Il giorno dopo, quegli stessi ribelli venivano tranquillamente traghettati fuori Aleppo.
Tra i principali autori dei crimini di Aleppo ci sono i media internazionali che hanno preso la parte dei gruppi ribelli ‘moderati’. Prendono questa parte attraverso la rappresentazione selettiva della brutalità di Assad e quindi promuovono l’idea che i ribelli siano una valida alternativa.
La realtà è che i massacri sono stati perpetuati fin dall’inizio sia dal regime, che dai ribelli. Assad stava massacrando la gente e i ribelli anche. Migliaia di civili sono stati uccisi, feriti o sfollati. L’unica volta che il regime e i ribelli hanno concordato qualcosa è stato quando entrambi hanno attaccato i curdi di Sheikh Maqsoud, perché fornivano aiuti umanitari e sicurezza a tutti i civili a prescindere dalla loro fedeltà o appartenenza.
Inoltre, alcuni degli attivisti di spicco, anche se non tutti, sono simpatizzanti dei ribelli e a seguito della riconquista di Aleppo da parte del regime sono diventati estremamente preoccupati per la loro sicurezza. Un buon esempio della problematicità di alcuni ‘attivisti’ che lanciavano gli appelli di aiuto è la bambina di sette anni chiamata Bana al-Abed che twittava da Aleppo. La sua famiglia è stata trasportata in elicottero per incontrare Erdogan in Turchia, da cui è stata letteralmente abbracciata, gettando notevole scetticismo sulla situazione.
Un altro esempio è il fotografo che ha scattato l’immagine del piccolo Omran Daqneesh, il bambino di cinque anni ferito nelle aree controllate dai ribelli di Aleppo, la cui immagine mentre aspettava nell’ambulanza è diventata virale come espressione della brutalità del regime. L’immagine è stata scattata da un fotografo affiliato/simpatizzante di Nuradin Zanki, Mahmoud Raslan, che stava anche scattando immagini simpatetiche per Nuradin Zanki. Il punto non è che l’immagine del piccolo bambino ferito fosse una bugia. Il punto è che gli stessi violenti, decapitatori e assassini di bambini stavano scattando immagini dei crimini del regime – crimini che essi stessi stavano commettendo negli altri quartieri e su altra gente di Aleppo. È chiaro che solo un lato della brutalità viene presentato selettivamente. Se i non-così-‘moderati’-ribelli avessero oggi il controllo di Aleppo, sarebbero impegnati in un simile livello di violenza verso i civili pro-Assad.
Allo stesso tempo, anche diverse forze militari, come Hezbollah e altri gruppi alleati dell’Iran e le forze del regime, si stanno vendicando dei ribelli sunniti e dei loro alleati civili. Stanno uccidendo combattenti e civili, spesso indiscriminatamente o accidentalmente. Molti sono anche scomparsi.
In mezzo a tutto questo ci sono due gruppi: i civili che non sono affiliati né con il regime, né con i ribelli che stanno soffrendo e il quartiere di Sheikh Maqsoud. A seguito degli scontri e delle brutalità sia del regime che dei ribelli, è stato documentato che dal 1 dicembre 10.000 civili arabi sono in fuga verso le aree di Shiekh Maqsud. Da allora, migliaia sono entrati nella zona. Acqua, medicine e altri generi di prima necessità vengono forniti tramite il corridoio con Efrin dalle SDF (Forze Democratiche Siriane) [1], che sono alla periferia di Aleppo, direttamente alle YPG a Shiekh Maqsud. Nel frattempo, il silenzio di tutti i mezzi di informazione sugli arabi che cercano rifugio a Sheikh Maqsoud continua.
Alcuni civili sono andati nelle zone controllate dal regime. La maggior parte sembra voler lasciare Aleppo e parte con gli autobus. Ci sono anche molti civili sul campo che stanno fornendo supporto ad altri civili feriti e sfollati. Ma Aleppo è solo un piccolo esempio di ciò che sta accadendo ed è accaduto in Siria a causa del regime e degli altrettanto violenti ribelli. La realtà è che nessuno dei due è un’alternativa appropriata.
Inoltre, ciò che sta accadendo ad Aleppo impallidisce in confronto a quanto potrebbe accadere alla città di Idlib, l’ultima roccaforte dei ribelli. Aleppo era difficile da riprendere, Idlib sarà più facile, anche se condivide un corridoio diretto con la Turchia, dove al-Qaeda e i ribelli sono ben schierati. Se il regime e le forze alleate mantengono il loro slancio e combattono i ribelli con lo stesso ritmo potrebbero essere facilmente distrutti a Idlib. In più, l’amministrazione in arrivo negli Stati Uniti ha indicato che reciderà i legami con i ribelli. Trump ha dichiarato che lavoreranno con la Russia sulla situazione siriana. Così i ribelli sono in difficoltà. Allo stesso tempo, la Russia, il giocatore chiave, è impegnato in una guerra per procura in Siria e vuole distruggere i ribelli. Mentre i ribelli condividono un lungo confine con la Turchia, determinata a rimanere in Siria.
Il regime ha chiaramente dichiarato che, una volta che i ribelli saranno distrutti, passerà ai curdi, i quali a loro volta stanno lottando e ripulendo il paese dai terroristi dell’ISIS. Del resto, per ricevere il sostegno da parte della Russia il regime ha promesso a Putin i grandi pozzi di petrolio nella zona del Rimelan, nel cantone di Cezire nel Rojava.
Una cosa è certa, altri massacri verranno perpetuati ad Idlib. La situazione diventerà ancora più complicata, perché una volta che i ribelli verranno eliminati i curdi e il regime – sostenuto dall’Iran, dall’inettitudine americana, dall’avidità russa e dal desiderio della Turchia di porre fine ai curdi una volta per tutte – saranno faccia a faccia.
1) Le Forze Democratiche Siriane sono un’alleanza multietnica e multireligiosa di curdi, arabi, assiri, armeni, turcomanni fondate nell’ottobre del 2015, il cui obiettivo è fondare una Siria democratica e federale, e si ispirano alla rivoluzione del Rojava.
Articolo pubblicato su kurdishquestion, traduzione a cura di DINAMOpress.