MONDO
Addio Marcos, benvenuto Sub Comandante Galeano
Ha parlato per l’ultima volta alla Realidad il Sup, che scompare per sempre. Andrea Cegna, attivista e coautore del libro sui vent’anni dell’insurrezione dell’Ezln 20ZLN, è in partenza per il Chiapas e ci spiega cosa sta accadendo nel movimento zapatista.
Il corso della lotta Zapatista è in continuo movimento.
Da almeno 10 anni, con l’inizio della costruzione dell’autonomia Zapatista, il percorso politico degli indigeni del sud-est messicano è volto a dare sempre maggior spazio al lato politico/sociale della lotta.
La decisione di festeggiare i 3 anniversari dello zapatismo, ovvero 30 anni della nascita, 20 dall’inizio del conflitto e 10 anni di autonomia non con eventi celebrativi ma con l’esperienza dell’escuelita della libertà secondo le/gli zapatisti né è stato un esempio forte. Il centro della festa erano le comunità, non l’esercito o la comandancia o i subcomandanti.
Quello che poteva anche sembrare solo una scelta simbolica oggi si è dimostrata invece come fine preambolo di altri passaggi fondamentali.
L’assalto paramilitare alla Realidad del 2 maggio con l’omicidio di Galeano ha portato al ritorno dell’EZLN all’attività militare e investigativa nelle comunità zapatiste. Questo ritorno ha velocizzato un passaggio, ovvero il passaggio di abbandono dalla scena pubblica del Subcomandante Insurgente Marcos.
Proprio durante la giornata di omaggio e saluto a Galeano quello che era il Sup Marcos ha letto il suo ultimo comunicato, anzi ha fatto la sua ultima conferenza stampa ai media indipendenti.
Leggiamo “ci siamo resi conto che oramai c’era già una generazione che poteva guardarci, che poteva ascoltarci e parlarci senza bisogno di una guida o leadership, né pretendere sottomissione”. E “Marcos, il personaggio, non era più necessario. La nuova tappa della lotta zapatista era pronta”.
Marcos si definisce come personaggio creato e inventato dagli zapatisti e dai media in un dato momento. Non c’è più bisogno di quel personaggio, c’è bisogno di dare spazio al nuovo corso dello zapatismo, c’è bisogno che il concetto di leadership e guida sia sostituito da quello di collettivo e comunità.
Era un passaggio a cui i più attenti osservatori dello zapatismo erano in qualche maniera pronti, in qualche maniera perchè è comunque l’ennesima anomalia e rottura della norma politica che gli zapatisti compiono. Anzi Marcos attacca i “grandi conoscitori” urbani dello zapatismo per avere alimentato le voci di un sua malattia….voci false.
Marcos racconta come in questi 20 anni tanto sia cambiato all’interno delle comunità zapatiste dell’EZLN stesso. Racconta come i bambini e le bambine del 1994 adesso hanno ruoli di resposabilità. Sopratutto racconta come si stia arrivando al compimento finale, ovvero che tutti i ruoli siano ricoperti da campesini indigeni. Forse mancava solo l’ultimo passaggio. Il passaggio definitivo: ovvero quello di distruggere il personaggio che era stato creato da loro stessi, personaggio tra l’altro meticcio e non indigeno, personaggio che era voce e capo dell’esercito zapatista di liberazione nazionale.
La nomina a Subcomandante del Tenente Colonnello Moyses, a conti fatti è stato l’inizio di questo percorso pubblico.
Morire per rinascere, rinascere per morire. Gli zapatisti l’avevano fatto nel 2003 quando uccidendo gli “aguascalientes” avevano inaugurato i “Caracoles” e l’autonomia. Oggi l’han fatto con lo storico portavoce e capo militare dell’EZLN “Pensiamo che è necessario che uno di noi muoia perchè Galeano Viva. Abbiamo deciso che Marcos deve morire oggi”.
Marcos non muore per malattia o morte naturale. Marcos muore come personaggio perchè come tale non è più utile alla collettività. Ovvero siamo di fronte ad un cambiamento strutturale, non ad un cambiamento della forma organizzativa dell’esercito zapatista fatto, come tutti gli eserciti, di una struttura piramidale, ma ad un cambiamento strutturale dell’organizzazione stessa: il comandare obbediendo riguarda anche i vertici di comando dell’EZLN.
Difficile pensare che questo passaggio simbolico non comporti a qualche novità anche nella vita delle comunità infatti il Subcomandate Moises alla fine del discorso di Marcos ha detto “Quello che vi abbiamo spiegato si vedrà nei luoghi da cui venite, ojalá che lo abbiate compreso”.
Oltre a quello che tutto questo significherà internamente alla lotta zapatista noi apprendiamo per l’ennesima volta qualcosa da questa lotta. Nel mondo della politica che sempre più alimenta la logica dei leader, delle guide e dei portavoce l’EZLN uccide il suo leader, guida e portavoce. Lo fa in maniera pubblica, lo fa avendo costruito una serie di passaggi propedeutici, avendo costruito struttura non solo militare ma anche politica. Mettere al centro il collettivo e la società, non la gerarchia naturale o organizzativa. Estendere il comandare obbediendo a tutti i livelli della lotta zapatista. Rendere esplicito, anche a livello di forma, il grado di forza raggiunto dagli indigeni zapatisti, oramai capaci di ricoprire tutti i livelli di formazione, autonomia e comando della lotta.
L’omicidio di Galeano è stato un acceleratore da un lato o come ha detto quello che fu il Subcomandante insurgente Marcos “Una volta abbiamo pianificato, invece un’altra volta abbiamo aspettato il momento indicato: Il calendario e la geografica precisa per mostrare quello che siamo in realtà a chi è in verità. Poi è arrivato Galeano con la sua morte ad indicarci geografia e calendari: qui alla Realidad proprio ora con il dolore e la rabbia”.